Sherlock Holmes e il delitto di carta
La Firenze degli inglesi: il Gabinetto Vieusseux
di Graziano Braschi
Nel 1891, l'anno dell'arrivo di Holmes, Firenze era ancora per il viaggiatore più o meno "l'Italia dell'Italia", come dire la crème de la crème, essendo ancora tra le mete prefisse del Gran Tour e la città preferita per i lunghi soggiorni da coloro che verranno, poi, definiti "Anglo-Fiorentini" o "Anglobeceri".
Certo sono passati alcuni decenni (diciamo trenta-quaranta anni) da quando questa particolare colonia comprendeva personaggi come Landor, i Browning (Robert e Elizabeth con il loro salotto letterario in Casa Guidi di Via Maggio), i Trollope, eccetera, ma si manteneva ancora numerosa, colta e socialmente importante.
L'idea di Firenze è da sempre congiunta all'idea di bellezza.
Qualche decennio prima, Dickens arrivando in carrozza in cima al colle sotto cui si distende tutta la città, esclamò: "Oh come appare bella Firenze vista dalla sommità di un colle in una chiara e limpida mattinata! Guardatela laggiù davanti a voi, nella valle illuminata dal sole, rallegrata dalle acque dell'Arno tortuoso e racchiusa in giro da alte colline! Guardate le cupole le torri e i palazzi che si ergono in un gruppo scintillante, circondato dalle fiorenti campagne e risplendenti al sole come oro!". (1)
Nel 1891, più terra terra, Holmes vedrà la città avvicinandosi in orizzontale, col tramway a cavalli che da Piazza Ginori arrivava nei pressi della Stazione ferroviaria.
Gli Anglo-Fiorentini formavano una comunità colta, tanto da far scrivere ad una studiosa: "Gli Anglo-Fiorentini scrivevano tutti: se spronati da desiderio di guadagno o di fama: versi articoli romanzi; se mossi soltanto da nostalgia degli amici lontani: lettere diari memorie, in seguito dagli autori stessi o dai loro deferenti eredi raccolti e dati alle stampe". (2)
Erano anche accaniti lettori, sempre alla ricerca del vient de paraître, la novità libraria.
Per questo c'era l'Istituto Britannico, fondato dai discendenti degli inglesi italianizzanti del Risorgimento, che aveva forse la più ricca biblioteca di lettere in lingua inglese di tutt'Italia (la library del British Institute è ancora nel Lungarno Guicciardini).
E, poi, c'era il Gabinetto Scientifico-Letterario di Giovan Pietro Vieusseux con la biblioteca circolante e l'aggiornata emeroteca, di cui, forse con una certa enfasi, è stato scritto che allineava "nei suoi scaffali tutto quanto fu scritto dai visitatori a Firenze e che appena uscito dallo stampatore in Inghilterra qua subito veniva acquistato per soddisfare le richieste dei lettori inglesi ansiosi di prenderne visione". (3)
C'è da aggiungere che la particolarità di questa biblioteca circolante stava proprio nella miscela tra opere di studio (letteratura, filosofia, scienze) e quelle di lettura amena (tra quest'ultime in evidenza i proto-gialli, ovvero le crimes stories, le detective stories, eccetera). (4)
L'ipotesi che faccio è che Holmes sia andato, durante il soggiorno sestese-fiorentino, al Gabinetto Vieusseux.
Perché lì e non all'Istituto Britannico? Sicuramente perché quest'ultimo rappresentava il crocicchio affollato da certi inglesi, più meno "rappresentanti ufficiali" di qualche potere, che Holmes, arrivato lì in incognito, voleva evitare di incontrare.
Era più sicuro il Vieusseux, frequentato da suoi connazionali - anche da importanti personaggi - esclusivamente legati ad interessi letterari.
Inoltre, la biblioteca del Vieusseux era frequentata da rappresentanti dei circoli di potere, sia quelli locali che quelli ministeriali. Firenze "ex capitale dal 1866 aveva ospitato tutti i ministeri: i ministri del governo vi si recavano spesso: vi si trovavano circoli assai influenti nell'ambito del potere, compresi i parenti più stretti dei Savoia", ci ricorda Solito.
E, infatti, ritroviamo nel libro dei soci del Vieusseux (ci si iscriveva per il prestito dei libri), in quegli anni, diversi esponenti di quei circoli.
Conferma sorprendente: nel luglio 1891, ultimo ma non ultimo tra i Savoia di vario grado, si iscrive al prestito Luigi Amedeo di Savoia, duca degli Abruzzi.
L'ipotesi si fa, quindi, più fondata: Holmes raggiunge il Vieusseux per incontrare un emissario dei governo italiano (o dell'entourage dei Savoia) nell'ambito del "complesso intrico internazionale che si sviluppa in quegli anni", come scrive Solito accogliendo la teoria del Dr. Giovanni Cappellini.
Dunque quel pomeriggio Holmes prese il tramway a cavalli scendendo vicino alla Stazione, percorse la moderna e vivace via de' Panzani, per svoltare a destra in via de' Rondinelli, da dove sboccò nell'elegante via de' Tornabuoni - elegante anche nella leggera curva che compie - dove si affacciavano famosi negozi: il caffè Giacosa, il Caffè Doney col suo salone delle cene; il fioraio Scarlatti,...; alla Libreria Internazionale Seeber, inaugurata di recente, sostò un attimo davanti al piccolo banco, con al centro un enorme mazzo di fiori, che esponeva i giornali stranieri.
In fondo, in piazza S. Trinita, al pianterreno dell'alto e turrito Palazzo Feroni c'era il Gabinetto Vieusseux.
Holmes entrò nella sala del prestito dei libri, simile a quella di un "gabinetto di lettura" inglese. Scaffalature di legno scuro disposte lungo le pareti e, nel mezzo, a rastrelliera. Dietro il bancone del prestito, un esagono irregolare egualmente di legno scuro, stavano un capocommesso baffuto e un emaciato giovane commesso. Il fianco del bancone era tappezzato da strisce di giornali con le recensioni delle novità e da una locandina che comunicava le iniziative del The Florence Diocesan Synod.
Holmes sorrise a sentire lo sgangherato inglese in bocca ai due commessi. Meglio così, avrà pensato.
E' probabile che l'incontro con l'emissario sia avvenuto nel salone più appartato del Gabinetto di lettura vero e proprio, in lingua inglese sussurrata: data la delicatezza dell'argomento è improbabile che Holmes si sia affidato alla sua non eccellente conoscenza dell'italiano.
Null'altro ci è dato di sapere sull'incontro. Così come non sappiamo se Holmes abbia partecipato alla cerimonia del five o' clock tea, una novità introdotta dal direttore Eugenio Vieusseux, nipote del fondatore dell'istituto, per riguardo ai numerosi frequentatori inglesi.
In un'altra sala, Holmes venne attratto dal grande tavolo con sparsi sopra i giornali e le riviste, tra cui "The Strand Magazine". (5)
Sfogliando oggi il libro dei soci di quell'anno e di quelli precedenti, un'altra congettura balza alla mente. E se Holmes fosse venuto lì per rintracciarvi una Presenza in quegli anni a Firenze, magari celata sotto falso nome e false referenze? Suggestiva supposizione: un investigatore in incognito alla ricerca di un ombra segnata oggi su carta ingiallita con inchiostro scolorito.
Comunque il libro dei sottoscrittori è a disposizione del curioso al Gabinetto Vieusseux nella sede attuale in Palazzo Strozzi.
Altra ipotesi, intrecciata con la precedente, è che lo scopo fosse quello di rintracciare un libro non più disponibile a Londra, un documento o una memoria o solo un appunto scritto da qualche visitatore grafomane. Che insomma il mistero fosse esposto negli scaffali della biblioteca e che il delitto fosse di carta.
Uscito nel tardo pomeriggio dal Vieusseux, Holmes raggiunse il Lungarno lì vicino.
Nel bel mezzo del Ponte S. Trinita si godé (e chiunque, purché in sintonia, può goderlo anche oggi) un panorama particolarmente adatto alla sua indole malinconica e fuggitiva: da una parte la silhouette del Ponte Vecchio, dall'altra l'ampiezza quasi marina del fiume verso le Cascine.
Incombendo il buio grigio ferrigno fiorentino, Holmes ritornò sui suoi passi. Gioì dello sfolgorio prodotto dalla luce elettrica in via de' Tornabuoni e via de' Rondinelli. Sostò all'inizio di via de' Cerretani: a destra il corridoio di luci andava verso Piazza del Duomo, per proseguire in via de' Calzaioli fino a Piazza della Signoria; a sinistra portava al capolinea del tramway che lo avrebbe riportato a Sesto.
Si incamminò da quella parte.
P.S. - Dato il carattere prioritario, indifferibile dell'impegno al
Gabinetto Vieusseux, tendo ad escludere che Holmes, almeno in quel pomeriggio, abbia avuto
modo di visitare due novità artistico-urbanistiche che in quegli anni avevano
interessato, persino scosso, l'opinione pubblica - ivi compresi gli Anglo-Fiorentini:
la nuova facciata di S. Maria del Fiore (trionfalmente inaugurata nel maggio 1887) e la
demolizione in corso d'opera del Ghetto e del Mercato Vecchio.
Ma dati gli imprevedibili sbalzi della curiosità del Nostro, non c'è da giurarci
sopra.
E allora questa cronaca, soprattutto per il secondo avvenimento, prenderebbe un più forte
abbrivo verso un'altra direzione.