Il Canone: convenzione ed
ipotesi di revisione alla luce degli Apochrifa(1)
di Francesco Leprai
Si ritiene convenzionalmente che il presupposto ed oggetto del cosiddetto Higher Criticism (2) sia costituito dal corpus delle 56 short stories e 4 long stories (3) pubblicate tra il 1887 quando Sherlock Holmes ed il Dr. Watson debuttarono ufficialmente sulle pagine del "Beeton's Christmas Annual" con STUD (4) ed il 1927, anno di pubblicazione di SH0S (5).
L'insieme delle avventure scritte da Sir Arthur Conan Doyle incentrate su Holmes e Watson viene usualmente definito Canone o Sacri scritti, anche se questa ultima definizione attiene generalmente all'ambito americano: il titolo completo di ogni storia è sostituito dagli operatori dell'Higher Criticism con una sigla di 4 lettere, secondo la ovunque adottata lista di abbreviazioni proposta da Jay Finlay Christ nel 1947 (6).
Centro vitale del microcosmo holmesiano, nel nostro particolare contesto, il Canone non viene apprezzato unicamente per il suo valore narrativo, per il suo straordinario potere evocativo ma per la sua funzione documentaria: dato infatti che nella realtà fittizia dell'Higher Criticism, il Canone rappresenta l'unica fonte di cui disponiamo per poter tentare di ricostruire il mondo di Sherlock Holmes; pur presentando a questo scopo una vasta gamma di informazioni, è però caratterizzato da una straordinaria incoerenza interna che si esemplifica soprattutto in una impressionante serie di discordanze cronologiche, tant'è che a tutt'oggi, il settore piu complesso della ricerca sherlockiana permane quello della collocazione cronologica, sia assoluta sia relativa, delle storie.
In realtà tutto ciò è facilmente spiegabile, qualora si consideri la disattenzione dello stesso Doyle che così rispose a Mons. Ronald Knox che aveva spedito al creatore di Holmes, nel Luglio del 1912 una copia dei suoi Studies in the literature of Sherlock Holmes (7), il primo, e per molti versi insuperato, esempio di Higher Criticism.
"Non posso evitare di scrivere per comunicarLe il divertimento - ed anche lo stupore - con il quale ho letto il Suo articolo su Sherlock Holmes. II fatto che qualcuno abbia speso tanta fatica su un materiale del genere mi ha sorpreso. Certamente lei ne sa molto più di me, dato che le storie sono state scritte in modo sconnesso (e trascurato), senza alcun riferimento agli avvenimenti precedenti." (8)
Ma se nel mondo reale questa giustiticazione appianerebbe ogni discussione, all'interno dell'immaginario universo holmesiano la stessa non può dirsi esplicativa dato che in questo particolare contesto il Dr. Conan Doyle, com'e noto, non è l'autore delle storie ma, adottando il modulo del Dogma of Absolute Reality, o l'Agente Letterario del Dr. Watson, l'Io narrante della maggior parte dei resoconti, incaricato della presentazione e redazione dei racconti, oppure uno pseudonimo dello stesso Watson, preoccupato che il suo interesse per questo genere letterario, considerato allora secondario se non deteriore, potesse nuocergli nell'ambito dell'austero ambiente medico vittoriano (9).
Inoltre, come ogni documento che funga da fonte per una ricostruzione storica, anche il Canone non è esente da una imperfezione di fondo; è "filtrato" dall'ottica del Dr. Watson, la cui morale, ad esempio gli impedisce talvolta di citare località, nomi o date con esattezza, talvolta per non urtare sensibilità eccellenti, altre volte per discrezione nei confronti di coloro che sono coinvolti nel caso, altre volte per sua disattenzione o cattiva memoria in virtù del fatto che sono molti i resoconti nei quali tra l'azione ed il tempo di scrittura intercorrono molti anni.
Si tratta perciò di una mole di documentazione ampia ma per molti versi enigmatica e carente proprio in punti molto problematici: d'altronde se Doyle fosse stato così esauriente da non lasciare zone d'ombra lungo tutta la Saga, noi non avremmo potuto confrontarci in questa singolare sfida.
Problema fondamentale, ma spesso trascurato, e propedeutico all'analisi vera e propria dei testi, è costituito dalla necessità di accertare che la nostra fonte non contenga in se elementi apocrifi (10); è questo il caso della diatriba concernente l'autenticità dell'ultima raccolta The Casebook of Sherlock Holmes (11), comprendente 12 storie pubblicate tra il 1921 ed il 1927 dallo "Strand Magazine" in Inghilterra e dal "Collier's Weekly" negli Stati Uniti.
Dakin (12) focalizza la sua attenzione sul fatto che ben 3 storie, 2 apparentemente narrate dallo stesso Holmes (BLAN e LION) ed una in terza
persona (MAZA), non sarebbero canoniche: non provengono infatti direttamente
dalla felice penna del consueto biografo e si tratterebbe di una appropriazione non autorizzata di alcuni
appunti inediti del Dr. Watson, da parte di un fantomatico autore, che Dakin identificherebbe proprio con
L'Agente Letterario (13).
Inoltre la stessa 3GAB sarebbe da considerare apocrifa per l'esilità della trama,
anche se riteniamo sia questa sia le altre ragioni addotte da Dakin, alquanto prive di fondamento.
Ma, convinti assertori della autenticità di CASE, obbietteremo che anche la seconda parte di STUD, che non è certamente apocrifa, Nel paese dei santi è presentata da un narratore anonimo, che nella brillante ricostruzione di Harrocks (14) viene identificato con l'amico e collega del Dr. Watson, il Dr. Doyle, coadiuvato dallo stesso Holmes che gli avrebbe messo a disposizione i fatti essenziali.
Inoltre una delle storie fondamentali per l'economia dell'intera saga, LAST (15), è raccontato interamente in terza persona anche se non è possibile avanzare dubbi sulla sua autenticità.
Problema inverso è rappresentato dalla possibilità di conferire "canonicità" ad alcune composizioni di Conan Doyle incentrate su Holmes e Watson che per varie ragioni non sono mai state ufficialmente dichiarate appartenenti al novero dei Sacri Scritti, che la terminologia dell'Higher Crithicism indica unitariamente come The Apocrypha (16).
Preminenza indubbia spetta a 2 brevi racconti, ambedue collegati ad altrettante curiose circostanze della vita di Doyle; The Field Bazar (17) comparve sulle pagine di un numero speciale di "The Student", uscito in occasione di una fiera di beneficenza organizzata presso la Music hall della Università di Edimburgo, nei giorni del 19, 20, 21 Novembre 1896 per raccogliere fondi allo scopo di costruire una area adibita allo sport nelle vicinanze della Craiglockhart Station; in qualità di illlustre ex studente - Doyle si laureò in Medicina alla Università di Edimburgo nell'Agosto del 1881 - gli fu richiesto di contribuire al numero speciale con un racconto su Holmes, nonostante questi fosse già ufficialmente morto da tre anni.
Se morfologicamente The Field Bazaar è assimilabile ad un lungo Sherlockolmitos (18), da un punto di vista sherlockiano presenta alcuni punti assolutamente degni di nota che pongono però problemi di difficilissima risoluzione; si accenna infatti ad una militanza di Watson nel cricket team della Università di Edimburgo, come testimonierebbe una foto incorniciata ed appesa alla sinistra della mensola del camino.
I1 fatto che quindi Watson abbia frequentato l'Università scozzese non si accorda con il celebre incipit di STUD dove veniamo informati che la laurea in Medicina viene conseguita a Londra nel 1878, con il supplemento di specializzazione svolto a Netey; inoltre la militanza del buon dottore nella squadra di cricket mal si attaglia alla sua carriera di rugbista nelle fila del Blackheath, come Ferguson ci ricorda nelle prime pagine di SUSS.
Nonostante quindi questo piccolo gioiello offra ampi spunti per un lungo dibattito sulla carriera universitaria e sportiva, e sulle stesse origini di Watson, la comunità sherlockiana pare ignorarlo sistematicamente (19) forse proprio a causa dei problemi che pone nella ricostruzione della vita di Watson (20).
Marcatamente piu parodistico, How Watson Learned the Trick (21) è un delizioso divertissment narrato in terza persona, scritto a mano da Sir Arthur Conan Doyle su un minuscolo libro destinato agli scaffali della biblioteca della Doll's House, un palazzo reale in miniatura donato dal popolo inglese alla Regina Maria nel 1924.
La microscopica biblioteca, a dispetto delle sue dimensioni, conteneva contributi dei più grandi nomi della letteratura inglese del periodo, come Barrie, Conrad e Kipling; la principessa Maria Luisa in una lettera del 29 Agosto 1920 invitava Sir Doyle a contribuire alla causa o con qualcosa di già pubblicato o con una nuova avventura del suo detective ed a tal scopo inviò unitamente alla missiva, un libriccino di circa un pollice e mezzo per un pollice ed un quarto dove diligentemente il disponibile Doyle annotò in 34 mini pagine proprio How Watson Learned the Trick.
Povero di dati e di incerta attribuzione all'interno del micro-cosmo holmesiano (22), non ha un reale valore canonico, qualora si eccettui la menzione del terrore di Holmes nei confronti di un dentista di nome Barlow, il che rende ai nostri occhi "la raziocinante macchina ragionatrice", l'uomo il cui corpo "è una mera appendice del cervello", molto piu umano e simpatico.
Passibili di una probabile connotazione canonica sono inoltre 3 riduzioni teatrali di SPEC, MAZA, STUD e cioè rispettivamente The Stonor Case in seguito ribattezzato The Speckled Band (23), The Crown Diamond (24) e Angels of the Darkness (25).
Tuttavia, pur apportando al loro interno alcuni cambiamenti (perlopiù onomastici), ma mai sostanziali rispetto alle storie che poi ne vennero tratte o dalle quali erano tratte, è giusto concordare con la marginalità loro accordata all'interno del Higher Criticism, e quindi prive di un reale valore canonico, anche se l'autorevole Cristopher Morley teorizzò che nessuna ricerca in campo sherlockiano avrebbe ma potuto essere definita completa qualora The Stonor Case non fosse stato considerato nel novero dei Sacri Scritti (26).
Ultima e doverosa menzione concerne l'annosa diatrba (27) riguardante l'eventualità dell'inserimento all'interno del Canone anche di The Man with the Watches (28) e The Lost Special (29); simili sia strutturalmente sia riguardo lo sfondo sul quale si svolgono le vicende narrate, le due storie incentrate rispettivamente sulla misteriosa scomparsa di un treno speciale lungo il tratto tra Kenyon Junction e Barton Moss nel Lanchashire, e sull'omicidio di un giovane, all'interno delle tasche del quale vengono ritrovati 6 orologi americani, presentano entrambi l'intervento, in forma di lettere inviate al "Times" ed al "Daily Gazette", di un detective anonimo che propone per la risoluzione dei 2 casi, altrettanti possibili soluzioni che si rivelano però decisamente errate. In The Lost Special l'autore, anch'esso anonimo, ma con uno stile in alcuni punti alquanto watsoniano, cita l'autore della lettera al "The Times" definendolo "un ragionatore dilettante che al tempo dei fatti (luglio 1890) godeva di una certa celebrità" mentre in The Man with the Watches si parla di un "noto investigatore".
Per quanto i racconti non presentino la firma del Dr. Watson, tutto lascia presupporre, come scrisse Roger Lancelyn Green (30), che si tratti di Holmes, come farebbe credere l'incipit della lettera al "The Times" in The Lost Special, modellato su una delle massime del Maestro (31), e che i due casi corrispondano a quelli nei quali, "nonostante egli sia caduto in errore, la verita fu scoperta".
Nonostante la discussione sia tuttora accesa e molte siano state le ipotesi, tra cui quella che vuole sia stato Mycroft Holmes (32) a redigere le lettere, ci permettiamo di presentare una soluzione che potrebbe plausibilmente cogliere nel segno.
A nostro avviso il problema preliminare sussiste nel dimostrare come i due racconti, nonostante alcune sicuramente marcate somiglianze, differiscano alquanto in molti elementi assolutamente vitali per la nostra discussione, e come gli studiosi si siano lasciati condizionare, forse a causa del fatto che vennero pubblicati sullo "Strand" in 2 numeri successivi, trattando le 2 storie come se fossero un unico blocco.
In realtà, anche il lettore superficiale avrà notato che lo stile narrativo di The Lost Special è alquanto più dettagliato e rigorosamente attenentesi ai fatti, rispetto a quello, meno analitico, che caratterizza l'andamento narrativo di The Man with the watches; l'esposizione di The Lost Special si avvicina di certo a quella lucidità che Holmes pretende senza successo dai resoconti di Watson, accusato spesso, come in SIGN, di "rivestire i fatti di colori romantici", l'equivalente della rappresentazione "di una storia d'amore o una fuga romanzesca entro gli schemi del quinto teorema d'Euclide".
Inoltre, per quanto errata, la soluzione proposta dal "ragionatore dilettante" nel primo caso, pare assai più in linea alla cadenza deduttiva di Holmes, di quanto non lo sia invece quella descritta in The Man with the Watches, che Dakin definisce addirittura "stupida" (33).
Congiura infine per una discriminazione tra i due casi e l'attribuzione di apocrificità a The Man with the Watches, il fatto che il primo si svolga nel 1890 mentre il secondo sia datato 1892, il che è inaccettabile visto che l'anno cade proprio all'interno del Grande Iato, il gap temporale tra 1891 ed il 1893 durante il quale il Detective venne erroneamente ritenuto morto.
Ci sentiamo quindi in grado di ritenere The Lost Special una avventura narrata dallo stesso Holmes e quindi, anche per le summenzionate prove cronologiche, certamente autentica e quindi canonica, al contrario di The Man with the watches, chiaramente apocrifo anche se forse basato su alcuni appunti inediti di Watson riguardanti casi in cui la presenza di Holmes si sia rivelata marginale. In calce a questa rapida ed inesaustiva trattazione riguardo le problematiche inerenti alla possibilità della delimitazione del Canone, è possibile concludere che, nonostante la convenzione opti per un "campo di Gioco" limitato alle 60 classiche storie, è possibile, con le dovute argomentazioni, che come abbiamo tentato di dimostrare debbano considerare valide fonti di informazioni anche i sopracitati resoconti.