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L'ultima difesa di Sir Arthur Conan Doyle sulle orme di Sherlock Holmes.
Il Caso di Sir Roger David Casement.

di Giovanni Cappellini

The ghost of Roger Casement

O What has made that sudden noise ?
What on the threshold stands ?
It never crossed the sea because
John Bull and the sea are friends;
But this is not the old sea
Nor this the old seashore.
What gave that roar of mockery,
That roar in the sea's roar ?

The ghost of Roger Casement
Is beating on the door.

John Bull has stood for Parliament,
A dog must have his day,
The country thinks no end of him,
For he knows how to say,
At a beanfeast or a banquet,
That all must hang their trust
Upon the British Empire,
Upon the Church of Christ.

The ghost of Roger Casement
Is beating on the door.

John Bull has gone to India
And all must pay him heed,
For histories are there to prove
That none of another breed
Has had a like inheritance,
Or sucked such milk as he,
And there's no luck about a house
If it lack honesty.

The ghost of Roger Casement
Is beating on the door.

I poked about a village church
And found his family tomb
And copied out what I could read
In that religious gloom;
Found many a famous man there;
But fame and virtue rot.
Draw round, beloved and bitter men,
Draw round and raise a shout;

The ghost of Roger Casement
Is beating on the door.

( William Butler Yeats )

Risulta a mio avviso quanto mai preziosa, una vera " perla " , la notizia - confermata anche nella recente biografia di Sir Arthur Conan Doyle per la penna di Mr. Martin Booth (1) -, ove si ricorda come il creatore di Sherlock Holmes, per quanto fosse un "fervente patriota", ebbe tuttavia il coraggio - non indifferente visto che si era in piena Prima Guerra Mondiale (1914-1918) e la rivolta della " Pasqua di Sangue del 1916 " a Dublino non fu certo uno " scherzo " per le sorti e la stabilità stessa del Regno Unito ! -, di schierarsi in difesa di Sir Roger David Casement: l' " eroe irlandese " che agli inizi del Secolo XX° aveva fermamente denunciato prima le atrocità del Colonialismo belga nel Congo (nel 1904), e successivamente quelle non meno sconvolgenti ai danni degli indios nella regione del fiume Putumayo in Perù (il suo rapporto fu pubblicato dal Parlamento nell'anno 1912) ad opera tra gli altri di una compagnia privata inglese ("the Peruvian Amazon Rubber Company " che verrà disciolta a causa di ciò nel 1913).

Egli, infatti, agli occhi delle autorità britanniche, si era ora macchiato " d'alto tradimento " per aver tentato di far pervenire " fucili tedeschi " agli insorti irlandesi del "Easter Rising of 1916 ".

La difesa di Sir Arthur Conan Doyle fu però vana: Sir Roger Casement fu condannato a morte e la sentenza venne eseguita mediante impiccagione poco tempo dopo le condanne e le fucilazioni a Dublino di coloro che egli aveva voluto aiutare, e tra gli altri i membri di quel " Governo provvisorio " (rimasto in carica per i 6 giorni dell'insurrezione "), per lo più poeti e scrittori, che avevano firmato e solennemente proclamato in nome del Popolo irlandese la " Dichiarazione d'Indipendenza " dell' "Irish Republic ", Padraic H. Pearse, Thomas J. Clarke, Joseph Mary Plunkett, Seán Mac Diarmada, Thomas McDonagh, Eamonn Ceannt e James Connolly.

Ma procediamo per gradi e mi si consenta di fare un piccolo passo indietro.

È ben noto presso tutti gli appassionati che l'eclettico Sir Arthur Conan Doyle aveva un rapporto che si potrebbe definire di " amore-odio " per il suo più famoso personaggio, il celebre detective privato Sherlock Holmes - tanto da preferirgli di gran lunga Sir Nigel Loring ( " My absolute top ! ", come si espresse scrivendo alla madre Mary Foley Doyle), il Tenente degli Ussari di Napoleone Etienne Gerard o il Professor George Edward Challenger -, al punto di meditare ed arrivare persino a perpetrare il suo " assassinio " per mano del Professor James Moriarty alle Cascate di Reichenbach in Svizzera.

Lo spirito di tale rapporto è espresso come meglio non sarebbe davvero possibile nella caricatura di Sir Arthur Conan Doyle " incatenato a Sherlock Holmes ", opera di Sir Bernard Partridge ed apparsa sul " Punch " nel 1926.

Ora, però, debbo ricordare il fatto che - come nella sua Autobiografia (2) Sir Arthur Conan Doyle stesso ci racconta - in almeno due famosi casi egli cercò anche di ripercorrere le orme della sua ripudiata creatura, sentendosi chiamato dal suo alto senso di Giustizia a correre in difesa di altrimenti oscure " vittime ", perché fossero evitati altrettanti clamorosi " errori giudiziari " ai danni di innocenti ingiustamente condannati.

Grazie all'indiscussa fama di Sherlock Holmes, infatti, Sir Arthur Conan Doyle veniva spesso interpellato dalla Polizia che gli chiedeva un aiuto per risolvere i casi più complicati ed oscuri. Lo scrittore scozzese d'origine irlandese, suo malgrado, finiva spesso con l'accettare, mettendo in pratica le sottili capacità deduttive che aveva sempre applicato alle trame dei suoi romanzi da lui ufficialmente misconosciuti. Ma accadeva che si rivolgesse a lui anche qualche povero diavolo accusato ingiustamente.

C'erano stati per l'appunto due casi eclatanti, il primo dei quali (nel 1907) ebbe come sfortunato protagonista George Edalji, figlio di un pastore anglicano di colore, il Reverendo Shapurji Edalji, un " Parsee " convertitosi alla Chiesa d'Inghilterra, nominato parroco di Great Wyrley, a Nord-Ovest di Birmingham, il quale si era sposato con un'inglese bianca, da cui aveva avuto tre figli. Per anni la famiglia era stata per questo motivo perseguitata da lettere anonime e dalle malevole dicerie dei vicini. Ed il giovane George, frutto di un'unione ritenuta quanto meno sconveniente dai gretti parrocchiani dello Staffordshire, era diventato il naturale capro espiatorio per l'insolito caso di una lunga serie di mutilazioni ai cavalli della zona, inflitte da un maniaco mai colto sul fatto. George Edalji, giovane studente in Giurisprudenza, per amaro scherzo del destino fu così arrestato e condannato a sette anni di lavori forzati. Questo accadeva nel 1903.

" Fu solo nell'autunno del 1906 che mi capitò fra le mani un giornale poco noto, "The Umpire", e la mia attenzione fu attratta dall'autodifesa del prigioniero, lì pubblicata. Alla lettura mi colpì l'accento di indiscutibile verità dello scritto, ed ebbi l'impressione di trovarmi di fronte a una spaventosa tragedia, alle cui conseguenze avrei dovuto ovviare prodigando tutti i miei sforzi ".

Sir Arthur Conan Doyle, informato della cosa in tal modo, condusse minuziose indagini per proprio conto, ricostruendo ogni singolo fatto ed alla fine dimostrando come George Edalji fosse del tutto estraneo alla vicenda. Poi, prese a pubblicare una serie di articoli sul quotidiano " Daily Telegraph ", in cui attaccava la Polizia locale per l'intollerabile razzismo che stava alla base del suo operato, e accusava lo stesso Ministero degli Interni di colpevole cecità. Era esploso così uno scandalo.

" A voler cercare in tutto il paese, sono sicuro che non si sarebbe trovato un uomo meno adatto di Edalji a commettere il delitto per il quale era stato imprigionato. La sua condotta era irreprensibile: nulla gli era mai stato rimproverato; il suo vecchio maestro di scuola testimoniava sul suo carattere mite e socievole. Per un certo tempo era stato addetto all'ufficio di un Procuratore Legale di Birmingham, che dava di lui le migliori referenze; non aveva mai rivelato istinti crudeli; era così appassionato della sua professione che negli studi giuridici aveva conseguito i maggiori onori, e, appena ventisettenne, aveva già scritto un libro sulla legislazione ferroviaria; era inoltre del tutto astemio, e così miope da non esser in grado di riconoscere una persona alla distanza di due metri.
Era improbabile, dunque, che un uomo simile avesse commesso gli orribili delitti che gli si imputavano e che si sarebbero potuti spiegare solo con l'esaltazione o con la pazzia. Ma Edalji non aveva mai dato cenni neppur di eccentricità; gli argomenti anzi che adduceva a sua difesa erano misurati e razionali, ed egli era passato per una serie di sofferenze che avrebbero scosso un intelletto meno solido del suo
".

Il Governo Liberale nominò pertanto una Commissione d'Inchiesta, giungendo al compromesso di scarcerare George Edalji ma senza risarcirlo per i tre anni ingiustamente scontati. Sir Arthur Conan Doyle però non si rassegnò, continuando a denunciare sulle pagine della stampa inglese quella mancanza di coraggio da parte della Giustizia che non voleva riconoscere il proprio errore. Per una volta, tra le innumerevoli lettere entusiastiche dei suoi ammiratori, lo scrittore si era visto recapitare anche fogli pieni di insulti e di minacce, inviati dalla stessa brava gente dello Staffordshire che aveva osteggiato la famiglia del pastore ed il figlio meticcio.

" Fu una decisione disgraziata, e la società legale, su proposta di Sir George Lewis, mostrò ciò che ne pensava, riammettendo immediatamente Edalji nell'Albo dei Professionisti Procuratori, il che non avrebbe mai fatto se ne avesse ritenuta biasimevole la condotta. La cosa finì lì. A tutt'oggi quell'uomo sfortunato, la cui umile famiglia aveva speso centinaia di sterline per la causa, non ha mai potuto ottenere uno scellino di compenso per il danno inflittogli: è una macchia negli annali della Giustizia inglese, macchia che oggi ancora si sarebbe in tempo a cancellare ".

Nei giorni successivi al suo secondo matrimonio con Miss Jean Leckie, il 18 Settembre 1907, nella Chiesa di St Margaret a Westminster ( la notizia fu riportata dai giornali di mezzo modo: il " Buenos Aires Standard " ad esempio titolò: " Sherlock Holmes Quietly Married " " ! ), Sir Arthur Conan Doyle si lasciò coinvolgere in un altro caso analogo.

Un certo Oscar Slater era, infatti, stato condannato per l'assassinio di un'anziana donna, l'ottantaduenne Miss Marion Gilchrist, avvenuto il 21 Dicembre 1908 nel suo appartamento al primo piano del n. 15 Queen's Terrace, West Princes Street, a Glasgow; e questo benché le descrizioni dei vicini indicassero tutt'altra persona e lui si trovasse lontano da quel luogo al momento del delitto. L'accusa si era basata quasi esclusivamente su una spilla d'oro, unico oggetto di valore trafugato in casa della vittima, e sul fatto che Oscar Slater avesse impegnato un gioiello simile al Monte di Pietà.

" " Sbarazzatomi definitivamente delle beghe dell'affare Edalji, venni coinvolto in quello di Oscar Slater, in un certo senso collegato col precedente. Poiché infatti mi si attribuiva generalmente il merito della liberazione di Edalji, i sostenitori della innocenza di Slater mi ritennero in grado di adoperarmi con successo anche per questo caso. Confesso che fui riluttante all'invito; quando poi ebbi esaminato i fatti, mi accorsi che il caso di fronte al quale mi trovavo era ancora più grave di quello di Edalji. Lo Slater infatti non era colpevole del delitto attribuitogli, più di quel che potessi essere io stesso: quando, alla lettura della condanna, gridò al Giudice di non aver mai saputo che esistesse la donna assassinata, sono sicuro che egli esprimeva letteralmente la verità. Tutto però fu vano. Sebbene lo Slater fosse per certi riguardi persona di cattiva fama, giocatore d'azzardo e avventuriero di dubbia moralità, la sua condanna rappresentava pur sempre un'orribile macchia per la Giustizia scozzese, dalla quale fu condannato, prima a morte, poi all'ergastolo. Ancora oggi lo sfortunato è in prigione ".

Sir Arthur Conan Doyle, ormai certo della sua innocenza, decise di trasferirsi per qualche tempo in Scozia, svolgendo indagini approfondite: in tribunale o presso le abitazioni dei testimoni, andando a cozzare il più delle volte contro la dabbenaggine di giurati e dei poliziotti. Nonostante la distanza abissale che separava Sir Arthur Conan Doyle ed il suo modo di intendere la vita e il mondo intero dal povero Oscar Slater, ebreo e per di più persona di cattiva fama, giocatore d'azzardo e avventuriero di dubbia moralità, il creatore di Sherlock Holmes mise tutta la sua dedizione nel risolvere il caso, e con ammirevole perseveranza si intestardì a demolire una ad una le false accuse della Polizia. E che ammirevole ma inutile battaglia fu quella !

" Ecco, a grandi linee, come stavano le cose. Una donna anziana, certa Miss Marion Gilchrist, era stata assassinata brutalmente nel suo alloggio, mentre la cameriera, certa Helen Lambie, si era assentata pochi minuti per fare la spesa; la testa della vittima era stata fracassata con un corpo contundente. I vicini, allarmati dal rumore, erano accorsi con la cameriera, e avevano visto l'assassino che si allontanava. Alla descrizione che di lui diedero non corrispondevano affatto i connotati di Oscar Slater. Movente del delitto non sembrava fosse stato il furto, poiché non si trovarono tracce di scasso: era solo scomparsa una spilla con diamanti; una cassetta contenente delle lettere venne invece trovata spezzata e i fogli sparsi in giro.
Ed ecco la circostanza, ammessa da tutti, che rende estremamente improbabile, se non impossibile, la colpevolezza di Slater. Accertato che era stata rubata una spilla, e che una spilla era stata impegnata da Slater, partito poi per l'America, si ritenne provato che l'assassino non potesse essere altri che lo stesso Slater. La Polizia di New York, avvertita, lo arrestò; il disgraziato venne inviato a Glasgow dove si verificò un colpo di scena: venne provato, oltre ogni dubbio, che la spilla di cui si trattava era stata per anni in possesso dello Slater, e che essa non aveva nulla a che fare con la vittima.
L'affare avrebbe pertanto dovuto esser risolto. Ma purtroppo la Polizia aveva perduto la testa al pari dell'opinione pubblica. Se quelle prove erano sfumate, certo vi doveva essere qualche nuova ricostruzione. Slater era povero, privo di amici e aveva convissuto con una donna, cosa che urtava la moralità scozzese. Come un articolista ebbe addirittura a scrivere, " anche se lo Slater non fosse stato colpevole, egli meritava in ogni modo la condanna ".
Contro il disgraziato venne quindi imbastita una nuova accusa assurda. Nella sua valigia venne trovata una serie d'arnesi da pochi soldi, tra cui un martello: certo esso era stato lo strumento di cui si era servito l'assassino per fratturare il cranio alla vittima. Il manico poteva esser stato pulito: c'era certo stato del sangue su di esso. Le descrizioni della Polizia erano già state corrette in modo da avvicinarsi a quella dello Slater. Questi - un ebreo sparuto dai capelli neri - fu messo davanti ai testimoni insieme a un gruppo di scozzesi. Qualcuno era stato visto in attesa sulla strada della vittima qualche notte prima. Questo qualcuno fu variamente descritto da parecchi testimoni; alcune descrizioni corrispondevano a Slater, altre no. Forse era Slater. Il principale teste, un certo Arthur Adams, era miope, e quel giorno non portava gli occhiali. Un inconfutabile alibi venne allora presentato da Slater, ma siccome le testimoni erano la sua amante e una sua servetta, l'alibi non venne ritenuto valido. Nessun tentativo venne poi fatto per dimostrare se e quali relazioni Slater avesse avuto con la vittima o con la domestica di lei. Perché non si comprende come mai egli, che era del tutto estraneo alla città, si fosse interessato della vecchia zitella.
La difesa, dal canto suo, fu debolissima. Il pubblico ministero invece tempestò violentemente con affermazioni errate che, non rettificate, influenzarono sfavorevolmente i giurati. Con un verdetto che in Inghilterra non sarebbe stato sufficiente, il disgraziato venne condannato a morte. Solo due giorni prima dell'esecuzione capitale un contrordine commutò la pena in quella dell'ergastolo.
Lo Slater divenne un forzato, e lo è ancora oggi ! ".

Chiunque avesse un minimo senso della Giustizia dovette ammettere con sé stesso che lo scrittore scozzese meritava grande considerazione per i suoi sforzi. Per settimane non fece altro. Attraversò Glasgow da un capo all'altro, si avventurò nelle bettole più malfamate, bussò a decine di porte.

Un grosso risultato fu scoprire che la spilla d'oro, la principale prova d'accusa, apparteneva da anni ad Oscar Slater e non c'entrava per niente con quella della vittima. Unendo questo fatto alle testimonianze raccolte, Sir Arthur Conan Doyle credette di avere finalmente raggiunto lo scopo. Ma era troppo tardi. L'opinione pubblica, sobillata dai giornali, aveva già emesso la sua condanna. La macchina della Giustizia, a quel punto, si rifiutò di fare marcia indietro. Allora Sir Arthur Conan Doyle scrisse un breve libro sul caso, facendolo stampare a tempo di record. La risonanza a livello nazionale obbligò il Governo a nominare ancora una volta una Commissione d'Inchiesta. Tutto si risolse però in una farsa: pur riconoscendo gravi errori nella conduzione del processo, la conclusione fu che Oscar Slater era comunque colpevole.

Ma torniamo, infine, al caso della petizione presentata da Sir Arthur Conan Doyle in favore di Sir Roger David Casement.

Procederò per prima cosa alla lettura di quella che potrebbe benissimo essere la breve nota biografica dell'archivio del " Diogene's Club " di Mycroft Holmes, in merito a questa " singolare figura di irredentista anglo-irlandese ":

Sir Roger David Casement (nato il 1° Settembre 1864 a Kingstown [ora Dún Laoghaire], Contea di Dublino - morto il 3 Agosto 1916 nella prigione di Pentonville, Londra). Rivoluzionario e martire irlandese. Addetto al Servizio Consolare Britannico nell'Africa Orientale Portoghese (Mozambico 1895-1898), in Angola (1898-1900) ed infine nello " Stato indipendente del Congo " (dal 1901 al 1904); quest'ultimo era stato proclamato dal re del Belgio Leopoldo II° sua " colonia personale ", dopo il via libera ottenuto dal Concerto delle Grandi Potenze dell'Europa d'allora al Congresso di Berlino nel 1885. Su quello che era poi destinato a rimanere uno dei peggiori esempi di dominazione coloniale, Roger Casement inviò dettagliati rapporti che documentavano le atroci crudeltà e gli stermini di massa perpetrati in Congo ai danni degli indigeni, e che ebbero vasta eco in tutta Europa e negli Stati Uniti.

Era allora un uomo sulla quarantina, alto, allampanato, con la caratteristica lunga barba nera a punta, due grandi occhi pensosi e ripieni di quella aria perplessa e malinconica, con quella espressione di profonda tristezza che egli assumeva sempre, quasi con l'orgoglio del cavaliere don Chisciotte della Mancia, e come se portasse in sé tutti i dolori del mondo che avrebbe poi visto e combattuto in ben 3 Continenti.

Né i suoi erano mai stati i soliti rapporti compilati per dovere d'ufficio in stile burocratico, perché Roger David Casement vi metteva sempre dentro tutta l'anima. Egli non era un funzionario di carriera. Fin da quando, ancor giovanissimo, aveva preso servizio su un piccolo piroscafo per visitare l'Africa, il vasto e misterioso Continente aveva avuto per lui solamente una nobile attrazione. La sua fantasia lo aveva visto attraverso l'eco delle memorabili imprese del missionario ed esploratore scozzese David Livingstone (Blantyre, Glasgow 1813 - Citambo, Rhodesia del Nord 1873), il quale nel corso di 30 anni circa aveva percorso quasi un terzo dell'Africa, trasformando tutte le cognizioni che fino ad allora si erano avute sull'immenso e sconosciuto Continente oppure quelle ben più prosaiche di Sir Henry Morton Stanley (nome adottato dall'esploratore e giornalista di origine inglese James Rowlands, Denbigh, Galles 1840 - Londra 1904). Ma a differenza di quest'ultimo, nessun movente personale aveva mai allettato Roger Casement. Egli non aveva mai pensato a possibili fortune per sé. Lo avevano invece sempre guidato un inquieto spirito di avventura ed un vago idealismo. Fra civiltà e barbarie, nel senso in cui queste parole sono ancor oggi comunemente intese ed usate, ci sono, secondo certi scettici, meno differenze di quelle che appaiono alla superficie. Ma Roger Casement non era uno scettico: era un " credente " (nel senso laico del termine) e gli arrideva l'idea di cooperare ad una grande " opera umanitaria e civilizzatrice ".

Per questo era stato con entusiasmo che nell'estate del 1903 aveva ricevuto dai massimi vertici del "Foreign Office " (il Ministero degli Esteri inglese) l'ordine tassativo di fare una scrupolosa inchiesta nell'interno, di ottenere il maggior numero di testimonianze e di raccogliere tutti quei documenti che gli fosse stato possibile sul trattamento degli indigeni nello " Stato Libero del Congo ".

" Io lo vidi partire - scrisse di lui il celebre romanziere polacco naturalizzato inglese Joseph Conrad, autore dello sconvolgente romanzo breve dal titolo Heart of Darkness (Cuore di tenebra) del 1898-1899) - armato semplicemente di un bastoncino dal manico ricurvo, scortato da due bulldogs e da un piccolo negro di Loanda ... Qualche mese più tardi ebbi occasione di vederlo ritornare un po' più abbronzato, col suo bastoncino, i suoi cani ed il suo negro, sereno come se fosse stato a fare una passeggiata in un parco ! ".

Sarebbe stato assente più di dieci settimane; aveva risalito per centinaia di chilometri il fiume Congo in una lancia privata. Poi era penetrato nella foresta tropicale, aveva cercato ed avvicinato gli indigeni nei loro tuguri, aveva saputo vincere la loro diffidenza, aveva vissuto con essi, dividendone il povero pane fatto di radici. Aveva attraversato regioni infestate da belve e da cannibali. Era passato lungo i laghi dove raramente un europeo si salvava dalla malaria micidiale. Aveva affrontato tutti i pericoli, sostenuto tutti i disagi, sofferto tutte le sofferenze, ma quale terribile e schiacciante atto di accusa aveva riportato alla costa contro Re Leopoldo II° e la sua Amministrazione !

Pressioni e violenze di ogni genere: persecuzioni brutali ed atrocità abominevoli. Indigeni costretti a lavorare come schiavi, affamati, bastonati, imprigionati, mutilati, uccisi. Fanciulli seviziati; donne strappate dai villaggi e tenute in ostaggio per obbligare gli uomini a raccogliere ed a fornire sempre maggior quantità di gomma; villaggi incendiati per rappresaglie; intere tribú fuggite nell'interno per il terrore dei bianchi. Taglie, imposte, esecuzioni in massa ...

Il suo rapporto, che egli stesso portò a Londra nel Gennaio 1904, scritto obiettivamente, freddamente, senza esagerazioni, senza enfasi, pieno di fatti e di dati accertati, veniva immediatamente comunicato dall'allora " Foreign Secretary " (il Ministro degli Esteri inglese) Henry Charles Keith Petty-Fitzmaurice, 5° Marchese di Lansdowne (Lansdowne House, Berkeley Square 1845-1927), a Re Leopoldo II° ed a tutte le Cancellerie del mondo.

Scoppiava cosi lo " scandalo del Congo " (3) ".

Dopo essere stato Console Britannico anche in Brasile (dal 1906 al 1911), ed avere denunciato analoghe atrocità ai danni degli indios della regione del fiume Putumayo, nella foresta Amazzonica in Perù (il suo rapporto contro " The Peruvian Amazon Rubber Company " fu pubblicato nel 1912), nel 1911 finalmente si dimise, stanco ed ammalato, dalla carriera consolare.

Per i suoi meriti egli fu insignito dell'Ordine Cavalleresco di San Michele e San Giorgio (1905) e successivamente del titolo di Baronetto (1911).

Nonostante provenisse da una famiglia di Protestanti dell'Ulster, divenne un ardente Nazionalista e finì per aderire al Movimento rivoluzionario dei " Sinn Féin " irlandesi. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale (1914-1918), si recò immediatamente negli Stati Uniti per svolgere negli ambiti irlandesi propaganda anti-britannica, poi nel Novembre 1914 raggiunse Berlino per tentare di indurre, senza successo, i prigionieri irlandesi ad arruolarsi in una Brigata irlandese che affiancasse l'Esercito Imperiale Tedesco. Il 12 Aprile del 1916 partì per l'Irlanda a bordo di un sommergibile tedesco di scorta al piroscafo, ribattezzato per l'occasione con il nome norvegese di " Aud ", e carico delle tanto attese armi destinate ai rivoluzionarî irlandesi. Il piroscafo fu però avvistato ed intercettato dalla nave da guerra inglese " Bluebell " e si autoaffondò; mentre Sir Roger Casement - che invece era riuscito a sbarcare con due suoi compagni (Monteith e Bailey) sulla costa irlandese, nei pressi della baja di Tralee, nella Contea di Kerry, nel sud-ovest dell'Irlanda - , fu catturato il 24 Aprile, condotto in gran segreto a Londra, processato dinanzi all' " Old Bailey " ed il 29 Giugno riconosciuto colpevole di " alto tradimento ".

Nonostante il nobile tentativo di Sir Arthur Conan Doyle e di George Bernard Shaw di intercedere per la commutazione della sua condanna a morte in una più mite pena detentiva, Roger Casement fu così impiccato nella prigione di Pentonville il 3 Agosto 1916.

Nel 1965 le spoglie mortali di Roger David Casement furono riportate in Irlanda, e dopo un funerale di Stato, sepolte nel Prospect Cemetery a Glasnevin, Dublino, dove ora riposano accanto a quelle di molti altri " eroi d'Irlanda " come Daniel O'Connell " The Liberator ", Charles Stewart Parnell " The Uncrowned King of Ireland ", Arthur Griffith, Michael Collins, Jim Larkin, la Contessa Constance Markievicz, Éamon de Valera.

Ritengo, in conclusione di questo mio intervento, quanto mai giusto riascoltare - quasi dalla sua " viva voce " - , alcune delle vibranti parole pronunciate dallo stesso Sir Roger David Casement al termine del suo processo davanti alla Central Criminal Court (conosciuta anche come " the Old Bailey ") a Londra, il 29 Giugno 1916, dopo essere stato riconosciuto colpevole dal verdetto dei Giurati. (4)

" Mio Lord Chief Justice, poiché io desidero di rivolgermi a un pubblico più vasto di quello che ora mi ascolta, mi propongo di leggere la dichiarazione che ho da fare. Ciò che leggerò ora è stato scritto da me circa venti giorni fa. Posso dire subito, mio Lord, che io protesto contro la giurisdizione di questa Corte e ciò che io ora leggerò è rivolto non a questa Corte ma ai miei compatrioti.
C'è una obbiezione che forse non è valida dal punto di vista legale, ma è certamente valida dal punto di vista morale, contro l'applicazione, nel mio caso, di questo vecchio Statuto Inglese che conta 565 anni, col quale si cerca di privare oggi un Irlandese della sua vita e del suo onore non per avere " aderito ai nemici del Re " ma per avere aderito al suo proprio Popolo [ "] .
Se la vera religione poggia sull'amore, è egualmente vero che sull'amore poggia la fedeltà. La legge per la quale io sono giudicato non ha nulla a che fare con 1'amore e pretende oggi la fedeltà sulla ignoranza e la cecità del passato.
Per la verità, io sono processato non dai miei pari dell'epoca presente, ma dai miei pari di un passato morto e sepolto; non dalla civiltà del ventesimo secolo ma dalla brutalità del '300; tanta antiquata è la legge alla quale si vuol ricorrere oggi per uccidere un Irlandese il cui delitto è che egli mette l'Irlanda sopra ogni cosa.
La fedeltà è un sentimento, non una legge. Riposa sull'amore e non sulla coercizione. Il governo dell'Irlanda da parte dell'Inghilterra riposa sopra la coercizione, non sulla legge: e poiché non domanda amore, non può pretendere fedeltà [ "].
Se io ho sbagliato nel fare appello a degli Irlandesi perché si unissero a me per combattere in favore della causa irlandese, è solo da essi che posso equamente essere giudicato [ "].
Questo è un diritto così fondamentale, così naturale, così ovvio che la Corona, evidentemente, se ne preoccupò quando mi trasferì con la forza e furtivamente dall'Irlanda a questo paese. Non sono stato io a sbarcare in Inghilterra ma è stata la Corona a trascinarmi qui, a portarmi via dal mio paese, a strapparmi dai miei compatrioti, il cui lealismo non è in dubbio, ed a salvarmi dal giudizio dei miei pari, al quale io non mi sottraggo. Io non ammetto alcun altro giudizio oltre il loro. Non accetto alcun verdetto se non pronunziato da essi. Dichiaro qui che non solo non è giusto, ma è ingiusto il processarmi in Inghilterra. Mettetemi davanti a una Giuria dei miei compatrioti, siano essi protestanti o cattolici, unionisti o nazionalisti, Sinn Feiner od Orangisti, ed io accetterò il loro verdetto e subirò la pena di questo Statuto. Ma io non posso inchinarmi davanti a nessun altro giudizio eccetto che a quello di coloro a cui io ho dato un cattivo esempio ed ai quali ho rivolto il mio appello. Se mi troveranno colpevole, vuol dire che sono colpevole. Non sono io ad aver paura del loro verdetto, è la Corona. Se non fosse così, perché si avrebbe paura della prova ? Io non ne ho paura, io la domando anzi come un mio diritto.
Tale, mio Lord, è la condanna del Governo inglese, della legge inglese, dell'amministrazione inglese in Irlanda, poiché non poggiano sulla volontà del popolo irlandese ma esistono a dispetto della loro volontà - è un Governo che proviene non dal diritto ma dalla conquista. La conquista, mio Lord, può farsi sentire sopra i nostri corpi, non sopra le nostre anime, non può esercitare impero sopra la ragione, il giudizio e i sentimenti di un uomo. Ed è in base a questa legge di conquista, che non ha nulla a vedere con la ragione, il giudizio, i sentimenti dei miei compatrioti, che io sono giudicato ["].
Mio Lord, io ho finito. Signori Giurati, desidero ringraziarvi per il vostro verdetto. Spero che non prenderete in mala parte ciò che ho detto né penserete che io abbia dubitato della vostra onestà e sincerità quando io detto che io devo essere giudicato dai miei pari. Io insisto nel dire che il mio diritto naturale sarebbe di essere giudicato in Irlanda, nel mio paese, e vi domando cosa pensereste voi se vi capitasse la stessa cosa. Se un inglese fosse sbarcato qui in Inghilterra e la Corona e il Governo per i suoi scopi lo avesse segretamente trasferito dall'Inghilterra in Irlanda sotto falso nome, lo avesse messo in prigione sotto un falso nome, e lo avesse portato davanti ad un Tribunale in Irlanda sotto uno Statuto che implicava un processo davanti ad una giuria, che cosa avrebbe egli pensato ? Che cosa pensereste voi, come Inglesi, se un tal uomo dovesse essere giudicato in un paese infiammato d'odio contro di lui, che lo crede un criminale, mentre il suo solo crimine sarebbe stato quello di amare l'Inghilterra più dell'Irlanda ? "

Della " Petizione pro - Sir Roger David Casement " promossa da Sir Arthur Conan Doyle, i firmatari furono, tra gli altri: lo scrittore inglese Arnold Bennett (Staffordshire 1867 - 1931), Gilbert Keith Chesterton, scrittore e giornalista inglese (Londra 1874 - 1936), John Galsworthy, romanziere e drammaturgo inglese (Coombe, Surrey 1867 - Londra 1933), il fondatore e primo presidente del " PEN Club " e Premio Nobel per la Letteratura nel 1932, John Drinkwater, poeta e drammaturgo inglese (Leytonstone, Essex 1882 - Londra 1937), Israel Zangwill, scrittore inglese di origine ebraica (Londra 1864 - Midhurst, Essx 1926), Jerome Klapka Jerome, scrittore umorista inglese (Walsall 1859 - Northampton 1927), John Masefield, poeta e romanziere inglese (Ledbury, Herefordshire 1875 - Abington, Berkshire 1967), Sir Thomas Henry Hall Caine, romanziere inglese (Runcorn, Cheshire 1853 - Isola di Man 1931), Sir William Crookes, fisico e chimico inglese (Londra 1832 - 1919), Premio Nobel per la Chimica nel 1907, Maurice Henry Hewlett, poeta e romanziere inglese (Weybridge, Surrey 1861 - Broadchalke, Salisbury 1923), i coniugi Beatrice Potter (Standish, Gloucester 1856 - Liphook, Hampshire 1943) e Sidney James Webb, Barone Passfield, economista ed uomo politico laburista inglese (Londra 1859 - Liphook, Hampshire 1947) ed infine l'Arcivescovo di Canterbury (la più alta Autorità della Chiesa Anglicana).

Il commediografo irlandese George Bernard Shaw (Dublino 1856 - Ayot Saint Lawrence 1950) ne promosse invece una autonoma.

Mentre gli scrittori inglesi Herbert George Wells (Bromley, Kent 1868 - 1946) & Rudyard Kiplyng (Bombey, India 1865 - Londra 1936) furono gli unici a rifiutarsi di sottoscrivere ...

Il coraggio e l'onestà intellettuale dimostrate in tutta la vicenda da Sir Arthur Conan Doyle - leale suddito di Sua Maestà Britannica, come si diceva e questo resta un dato incontrovertibile, ma anche spirito aperto alle ragioni della Verità e di una Giustizia più alta -, furono dunque non indifferenti; davvero un chiaro esempio degli " onesti e ripetuti sforzi compiuti in Inghilterra per definire l'eterna questione irlandese " . (5)

 

BIBLIOGRAFIA

Sir Arthur Conan Doyle, Ucciderò Sherlock Holmes! Memorie e avventure del creatore del celebre detective, (Titolo originale: Memories and Adventures, Hodder and Stoughton, London 1924. Edizione condotta sulla prima ed unica traduzione 7italiana pubblicata dalla Casa Editrice Cogliati di Milano nel 1925, riscontrata e corretta sull'originale inglese del 1924 a cura di Francesco Lugnano. Sono state inserite 2 lettere di Sir Arthur Conan Doyle alla madre riguardanti il destino di Sherlock Holmes. Introduzione di Luigi Brioschi, I burattini di Sir Arthur ), Ed. Rosa & Nero, Milano 1987.

Martin Booth, The Doctor, the Detective & Arthur Conan Doyle. A Biography of Sir Arthur Conan Doyle, Coronet Books, Hodder and Stoughton, London 1998.

Cfr. in merito l'articolo di Giulio Giorello, Uno Sherlock Holmes per sir Arthur Conan Doyle, pubblicato sul " Corriere della Sera ", in data Lunedì 1° Settembre 1997, p. 27.

Owen Dudley Edwards, The quest for Sherlock Holmes, Penguin Books, London 1984.

Cfr. il saggio, assai documentato anche se non proprio recente, di Mario Borsa, La tragica impresa di Sir Roger Casement, "I Libri Verdi", Ed. Oscar Mondadori, Milano-Verona 1932.

Cfr. anche (Philip) Nicholas Seton Mansergh (Smuts Professor of the History of British Commonwealth, Cambridge University, 1953-1970; Master of St. John's College, Cambridge), Voce: Casement, Sir Roger David, in: Encyclopaedia Britannica (First Published in 1768 by A Society of Gentlemen in Scotland), Encyclopaedia Britannica, Inc. William Benton, Publisher, Chicago-London-Toronto-Geneva-Sydney-Tokyo-Manila 1971, Volume 5°, p. 11.

Cfr. la Voce: Casement, Sir Roger David, in: Grande Dizionario Enciclopedico, Fondato da Pietro Fedele (3ª Edizione interamente riveduta e accresciuta), Ed. U.T.E.T., Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1967, Volume IV°, p. 192.

Si veda, infine, anche la Voce: Casement <kèismënt>, Sir Roger, in: Dizionario Enciclopedico Italiano, Istituto della Enciclopedia Italiana, Fondata da Giovanni Treccani (Presidente Onorario Conte Giovanni Treccani degli Alfieri), Ed. Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1955, Volume II°, p. 848.

Joseph Conrad, Cuore di tenebra (Titolo originale: Heart of Darkness, 1902. Traduzione italiana di Giorgio Spina. Saggio introduttivo di Stephen A. Reid, I "riti innominabili"), B.U.R. " Biblioteca Universale Rizzoli " - Classici Moderni, Ed. R.C.S. Rizzoli Libri S.p.A., Milano 1989.

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