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I violini di Sherlock Holmes: la Panaveggio Connection

Come tutti sappiamo Sherlock Holmes era un profondo conoscitore di violini. Non solo era un ottimo violinista (il Canone è così disseminato di citazioni a riguardo che non saprei da dove cominciare) e addirittura un buon compositore (REDH) ma sappiamo che amava parlare dell'argomento, narrando aneddoti sul suo amato Paganini e "chiacchierare sui violini di Cremona e sulla differenza tra uno Stradivari ed un Amati" (STUD).

A proposito degli aneddoti su Paganini si è fatto un mucchio di supposizioni e di ipotesi, visto che la vita del grande violinista è stata piena di aneddoti. Ogni Holmesiano sa che Paganini ebbe una storia d'amore con una certa Miss Watson, figlia del suo impresario di Londra e una teoria avanzata dai nostri amici francesi sostiene che Holmes stesso sarebbe il figlio stesso di Paganini e di Miss Watson, nonchè cugino del Buon Dottore: non sono state però avanzate prove conclusive a favore di questa teoria e per quel che ci riguarda ci rimane difficile credere che un segreto familiare così sconvolgente sarebbe stato citato da Watson come "un aneddoto". Pensiamo piuttosto che Holmes si sia riferito alle storie d'amore che Paganini ebbe in mezza Europa, sicuramente interessanti per un "esperto di donne di tre continenti" o alle leggende di un patto del violinista col Diavolo, con i commenti su quest'ultimo soggetto fatti da Heine e Goethe (autore questo più volte citato da Holmes): e ci pare interessante ricordare che il più famoso violino di Paganini, da lui detto "Il Cannone", fu gravemente danneggiato in Francia da una certa Miss Watson, la governante dell'amatissimo figlio del maestro, la quale lo dimenticò sciaguratamente sul tetto della diligenza in un giorno di pioggia: il violinista ebbe da pagare un mucchio di denaro per farlo restaurare in maniera soddisfacente. Narrare questo aneddoto a Watson rientrerebbe nello stile ironico di Holmes, specie se avesse alluso a parentele tra il suo amico e la donna che aveva combinato un tal guaio. Ad ogni modo tutte queste illazioni sono destinate a rimanere tali, visto che non abbiamo modo di "provare" quale sia stato il "vero" aneddoto narrato quella sera.

Più stimolante è la frase che troviamo in STUD a proposito dei violini (fiddles) di Cremona.

Dichiariamo subito la nostra ipotesi, secondo cui Holmes discusse la storia dello strumento e le differenze nella costruzione dei violini, un argomento che aveva la possibilità di approfondire, come cercheremo di dimostrare.

Le differenze tra un Amati e uno Stradivari: il suono.

Si tratta di un argomento su cui non si possono fare generalizzazioni del genere. Ogni strumento ha un suo suono specifico e quando diciamo "uno Stradivari" noi intendiamo una famiglia di violini, al cui interno esistono differenti peculiarità. Nessun esperto accetterebbe di discutere un argomento così vago come il suono degli Stradivari e degli Amati: chiederebbe di specificare di quale strumento si tratti. E noi possiamo certamente escludere e che Sherlock Holmes abbia discusso un argomento vagamente, solo "pour parler", neanche dopo una bottiglia di Chiaretto.

Il Violino: la storia dello strumento

Esistono due teorie sull'origine del violino. Secondo la più popolare tutti gli strumenti ad arco vengono dall'Oriente: dalla lontana India arrivarono in Spagna con gli Arabi in occasione dell'invasione del 711. È certamente vero che i Greci usavano strumenti a corda (lyra, kithara ed altri) ma non conoscevano l'archetto: le corde venivano solo pizzicate per produrre il suono, come gli attuali liuto o chitarra. Il primo strumento conosciuto con corde fatte vibrare da un arco è l'indiano "Ravanastron", ancora usato in India, che risale a un periodo tra Ii 4mila e i 5mila anni prima di Cristo. Da esso discesero il cinese uhr-sien e il giapponese uhr-keen, le arabe kemangek-a-gouz e rebab. Da quest'ultima la "rubeca" in tutta l'Europa controllata dagli arabi, e dalla rubeca le germaniche Grosse e Kleine Geigen e la francese Viella. Infine, come ultimo passaggio, le italiane viola e lira italiana e infine il violino. Se Holmes concordava con questa teoria, essa sarebbe stata un ottimo argomento di discussione col Dr. Watson, che aveva come ben sappiamo diverse ragioni per essere interessato all'India.

Esiste tuttavia una seconda teoria secondo cui il violino sarebbe il discendente della celtica Crwth, o Crowt (in Italia chiamata Crotta). In Germania una parola molto simile indicava la tartaruga, la cui corazza era usata per costruire lo strumento. Questo strumento è illustrato in molti codici miniati e citato in un codice del 530 dopo Cristo. Emigrando verso il sud la crotta generò la fidla in Irlanda e Scozia, fiddle in Inghilterra, fele in Norvegia, Fiedel, Fithele, Fidula, Viela e infine ville in Francia e vihuela in Spagna. Da essa le viole e lire italiane (da cui, come già detto, nasce il violino).

Così, anche se la parola fiddle usata nella frase di Watson è un sinonimo di violin usato correntemente in inglese, ciò potrebbe sottintendere il fatto che Holmes abbia esposto quella sera proprio la teoria "nordista" sull'origine del violino. In fondo tutti conosciamo la profonda conoscenza che Holmes aveva della cultura e della lingua celtica.

Il violino: la nascita

Il violino nasce nella prima metà del 16° secolo in una piccola zona dell'Italia settentrionale, tra Brescia, Cremona e Venezia. Le prime citazioni di questo strumento si trovano in documenti dei Savoia a Torino e abbiamo un dipinto del 1529 in cui appare uno strumento molto simile a un violino. Il pittore in questione era anche un noto musicista e ciò aumenta l'importanza del dipinto in oggetto per la nostra ricerca, dato che l'autore conosceva bene l'oggetto che dipingeva.

Per molto tempo si è detto che il padre del violino era da Gasparo da Salò, che lavorava a Brescia, mentre ora è considerato un candidato più probabile Andrea Amati di Cremona (nato nel 1505). Molto probabilmente però il violino è il risultato degli studi di vari maestri che lavorarono nelle stesse zone e nello stesso periodo come Giovan Giacomo della Corna, Zanetto di Montechiari, Giovanni Kerl di Brescia, i due Linarol di Venezia, Testaor a Milano ed altri ancora.

La conoscenza di Sherlock Holmes di argomenti come la pittura e la storia medievale potrebbe averlo indotto a discutere di queste linee di ricerca a proposito dei " fiddles of Cremona".

L'età dell'oro

La medesima area della nascita dello strumento è quella in cui lavorarono i più grandi costruttori di tutti i tempi: l'area tra Venezia, Milano e Cremona. All'inizio anche a Brescia ci fu una certa tradizione, con Gasparo Bartolotti, e il suo discepolo Paolo Maggini: ma dopo di loro la tradizione di estinse. La città in cui prosperarono i migliori liutai è indubbiamente Cremona, e il bello è che non vi è alcuna ragione per questo. I migliori violini uscirono dalle botteghe di alcune famiglie di artigiani, specie Stradivari e gli Amati. Da queste famiglie e da queste botteghe uscirono anche i migliori liutai di tutti i tempi: furono loro ad inventare il metodo, gli strumenti necessari, la scelta dei legni, le tecniche, usate immutate ancora oggi.

Il Mistero

Il violino è uno strumento davvero strano. È forse il solo strumento rimasto immutato nei secoli, con l'eccezione della grande trasformazione del 19° secolo di cui parleremo più tardi: e per qualche sconosciuta e misteriosa ragione i migliori risultati nella costruzione del violino furono ottenuti nel periodo che va dal 1650 al 1750. Tutte le nostre tecniche più moderne non sono mai più riuscite ad ottenere un violino dalle qualità simili a quelle di uno Stradivari. Cercheremo di discutere proprio questo punto, e di provare che Holmes avrebbe potuto interessarsi al problema.

I liutai di Cremona.

È necessario illustrare i nomi dei più importanti liutai di Cremona. Holmes doveva conoscerli molto bene, come vedremo, per potersi districare senza farsi imbrogliare nel mercato dei violini italiani, assai fiorente in Inghilterra ai suoi giorni.

Le due principali famiglie di liutai cremonesi furono gli Amati e gli Stradivari.

1) Amati. Andrea Amati (1505-1577) è stato considerato a lungo come il vero inventore del violino. Ebbe due figli liutai: Antonio (1555-1640) and Girolamo (1556-1630). Il figlio di Girolamo è Nicolò Amati "il Grande" (1596-1684). Il figlio di lui, Girolamo secondo (1649-1740) fu l'ultimo della famiglia. Nicolò ebbe diversi allievi:

1a- Francesco Ruggeri, (1645-1720) i cui due figli Giacinto e Vincenzo lavorarono a Cremona

1b- Andrea Guarnieri, (1626-1698) che ebbe tre figli, Pietro (1655-1720) Giuseppe "del Gesù" (1698-1744) Giuseppe (1666-1739). Pietro II (1695-1744) era il figlio di quest'ultimo Giuseppe. Tutti lavorarono a Cremona.

1c- Gioffredo Cappa (1644-1717) allievo di Girolamo Amati e Gioacchino Cappa. Lavorarono a Saluzzo.

1d- Giovan battista Rogeri (1650-1730), e suo figlio Pietro Giacomo 1680-1735)

1e- Santo Serafino (1688-1748), che si trasferì a Venezia

1f- Paolo Grancino (1655-1702) coi suoi figli :Giovanni (1682-1730) e Giovanbattista(1695-1735) che si trasferì a Milano

1g- Albani :Mattia 1621-1673) coi figli, Mattia II (1650-1715) e Michele (1670-1714). Lavorarono a Bolzano.

Il più famoso allievo di Niccolò Amati fu il grande Antonio Stradivari.

2) Stradivari. Antonio Stradivari (1644-1737), la leggenda dei liutai. Ebbe due figli liutai, Francesco (1671-1743) e Omobomo (1679-1743): dopo di loro la famiglia non si occupò più di liuteria. Ebbe moltissimi allievi e continuò a lavorare fino alla morte a 93 anni.

2a- I due Guadagnini : Lorenzo (1690-1745) e Giovan battista (1711-1786) che lavorarono a Cremona, ma anche a Torino, Parma, Piacenza e Milano.

2b- Carlo Bergonzi (1687-1747) coi tre figli Nicola (1749-1785), Cosimo (1750-1780) e Michelangelo (1715-1765). Il figlio di quest'ultimo, Carlo II,(1780-1820) fu l'ultimo grande liutaio di Cremona, anche se assai inferiore ai suoi avi.

2c- Alessandro Gagliano (1655-1728) coi figli (Gennaro, 1700-1770) e Nicola (1695-1750) e il nipote Ferdinando (1723-1781). Lavorarono a Napoli.

2d- Tommaso Balestrieri (1720-1790)

2e- Domenico Montagnana (1690-1750) che si trasferì a Venezia

2f- Francesco Gobetti (1675-1723) che si trasferì a Venezia

2g- Matteo Gofriller (1690-1746) col figlio Francesco (1690-1742).

Altre importanti scuole nacquero a Firenze (Francesco e Lorenzo Carcassi), Roma (Tecchler) Bologna (Tononi) e Treviso (Dalla Costa): tutti i fondatori di queste scuole uscirono dalle botteghe cremonesi.

Il declino

Le grandi famiglie di liutai declinano e spariscono nella seconda metà del 1700. Paradossalmente è proprio il momento della riscoperta del violino con autori come Mozart, Hadyn, Beethoven: il mondo della musica necessita addirittura di un nuovo tipo di violino. La tradizione italiana si esaurisce, e i nuovi centri di produzione diventano la Francia (Mirecourt e Parigi) e la Germania (Mittenwald), con risultati neanche paragonabili a quelli italiani, per i quali nello stesso momento si scatena la grande caccia internazionale.

Il grande cambiamento

All'alba del XIX secolo l'evoluzione della musica contemporanea richiese un profondo rimaneggiamento del violino così come era conosciuto fin allora (e che oggi chiamiamo violino barocco). Il violino barocco dal suono più dolce e delicato cedette il passo a un violino dal suono assai più potente. Non furono solo le necessità dei grandi virtuosi (Paganini per primo) a spingere in questa direzione ma tutta la concezione della nuova musica romantica e il ruolo di solista nel concerto. Ai tempi di Vivaldi (peraltro semisconosciuto all'inizio dell'800) il violino aveva sì il ruolo predominante ma in una ensemble di pochi strumenti: nel "violinkonzert" di Beethoven deve fronteggiare un'orchestra intera.

Il violino moderno presenta poche differenze rispetto al vecchio, soprattutto nella tastiera più lunga e nel manico. La tastiera originale di uno Stradivari era lunga più o meno 20 cm, quella rinnovata 27. Il manico non è più sullo stesso piano della tavola e del corpo del violino ma inclinato: l'anima e la catena inoltre sono più grossi. I violini costruiti dall'800 in poi seguirono queste nuove dimensioni, e tutti quelli precedenti furono modificati, sostituendo manici, tastiere, rinforzando anima e catena.

Con il nuovo strumento l'artista raggiunge una ottava superiore e il suono risulta assai più forte.

Tutti i migliori liutai dell'800 cercavano disperatamente vecchi violini per modificarli.

The game: il banco di pegni dell' ebreo

Il primo grande acquisto di violini italiani è l'ordine ad Andrea Amati da parte di Carlo IX di Francia tra il 1564 e il 1574. Nel diciottesimo secolo inizia la mania di collezionare gli Stradivari e gli Amati, con una serie di vendite organizzate dagli ultimi liutai italiani. Nel diciannovesimo secolo la mania dilaga sempre di più. I violini vengono restaurati, "modernizzati" e rivenduti nelle grandi "case musicali" tra le quali le più importanti erano a Londra (Hill, Beare) e a New York Wurlitzer e Hermann. In quelle case gli specialisti attribuivano la paternità dello strumento, se necessario lo restauravano e lo "modernizzavano" come spiegato sopra. Fu proprio una di queste grandi case a pubblicare il primo grande libro su Stradivari, ai primi del 900 (vedi poi). Nell'800 nasce il mercato dei falsi : la richiesta spasmodica di violini italiani antichi genera una massa di falsi violini italiani che invadono l'Europa. Era (ed è) necessario essere molto accorti per non essere truffati visto che le etichette ( il famoso "Antonius Stradibarius faciebat anno domini...") sono facilmente contraffatte e i falsari usavano legni antichi, ottenuti da mobili vecchi, oltre a un sacco di altri trucchi. In questa situazione è senz'altro possibile che Sherlock Holmes abbia scovato a un prezzo ridicolo il suo Stradivari ad un banco di pegni di un ebreo di Tottenham Court Road, come dice, ma doveva essere un grande esperto per essere sicuro che proprio di uno Stradivari si trattasse. Torneremo in seguito su questo argomento.

Anatomia del violino (1): le componenti

Il violino è composto di più di 70 parti differenti, e sono le relazioni tra di esse a fare la qualità dello strumento. Dal punto di vista della qualità del suono le parti più importanti sono comunque il piano armonico con la catena e l'anima. Il piano, o tavola, armonica, è quella che si presenta sulla superficie anteriore del violino: costituisce una specie di diaframma di legno, un trasduttore in grado di trasformare le vibrazioni delle corde, convogliate sul piano dal ponticello, in onde sonore udibili all'orecchio umano. La tavola è detta "armonica" quando è in grado di entrare in risonanza per ogni suono nella gamma tra 27 e 6000 Hz. La catena e l'anima sono elementi di legno d'abete, di varia foggia, incollati sul retro del piano e dunque non visibili all'esterno, che sostengono e rinforzano la tensione sopportata dal piano.

La tecnica di costruzione del violino, che pure qui non ci interessa, è la stessa inventata dai tempi di Stradivari.

Il segreto di Stradivari (1): la vernice.

Per innumerevoli anni la vernice del violino è stata considerata il vero segreto degli strumenti di Stradivari. Ai nostri giorni un biochimico americano, il Dr. Nagyvary, sostiene di aver scoperto una vernice molto simile a quella di Stradivari che darebbe ai suoi violini un suono del tutto speciale. In realtà invece, della vernice di Stradivari si sa ormai tutto da vari anni. Stradivari seguiva una serie di processi, sostanzialmente alo scopo di proteggere il legno del violino. Seguiva tre fasi in questo processo: nel primo, il cui scopo era quello di rinforzare la struttura del legno, usava una preparazione vitrea, un composto di potassa, silice e carbone. Il legno dopo una lunga esposizione al composto, era quasi cristallizzato, o, in termini di liuteria, "ossificato". Questa fase, non più usata nei secoli successivi, dava agli strumenti di Stradivari una eccezionale resistenza nel tempo. La vera e propria vernice non poteva essere applicata direttamente a questo punto perché avrebbe reagito chimicamente col primo strato. Così Stradivari applicava un secondo strato, un isolante composto da albume, miele, zucchero e gomma arabica. Infine la vera e propria vernice, che non entrava in profondità nel legno del violino e la cui resistenza era assai precaria: spesso bastava il calore della mano dell'artista a portarla via. Ciò veniva considerato nel 1800 un grave difetto perché cambiava il colore e l'estetica dello strumento, mentre Stradivari era interessato a uno strato sottile di vernice che non potesse interferire col suono. Tutti gli studi moderni concordano nel ritenere la verniciatura applicata da Stradivari un ottimo mezzo per conferire una eccezionale resistenza ai suoi strumenti, e il motivo per cui ancora oggi il loro suolo è rimasto stupendo, ma assolutamente estranei alla genesi del suono e dunque ininfluenti ai nostri fini.

La vernice, Cremona, Holmes e Montpellier.

Seguendo le idee popolarmente diffuse sull'importanza della vernice, molti Holmesiani sospettano che Holmes possa averne compreso il segreto, grazie alle sue conoscenze chimiche. Per esempio Gordon R.Speck suggerisce che Holmes durante lo Iato abbia visitato Cremona, dove l'ultimo nipote di Stradivari era morto nel 1883, per scoprire i segreti della vernice e che li abbia approfonditi durante i suoi studi a Montpellier sui "derivati della polvere di carbone".

Non solo un viaggio a Cremona era impossibile (nel maggio 1891, quando Holmes passa in Lombardia diretto a Firenze le strade erano interrotte dalle piene), non solo a Cremona non vi erano più liuterie dalla fine del XIX secolo: ma dopo la morte di Francesco Stradivari, l'ultimo figlio di Antonio che facesse il liutaio, nel 1743, suo fratello Paolo aveva venduto tutti i violini, gli strumenti e l'eredità di suo padre e dei suoi fratelli ai collezionisti ( il più importante tra loro fu certo il conte Salabue, forse il più grande collezionista italiano). Perciò non c'era più niente a proposito dei violini e della liuteria nella casa degli Stradivari da 130 anni quando Holmes passò in Italia: anche le collezioni di strumenti oggi presenti nei musei di Cremona sono state costituite negli ultimi 40 anni (confessiamo di non sapere se di esse fa parte lo Stradivari di Holmes: non ci stupiremmo considerato il suo amore per l'Italia che le collezioni cremonesi siano cominciate con una donazione da parte di un donatore del Sussex...) Infine, come abbiamo detto, la vernice NON era il segreto di Stradivari, anche se concordiamo sul fatto che la competenza nel campo chimico di Holmes avrebbe potuto portarlo a studiare l'argomento e che le sue conclusioni (che la vernice non era il segreto) avrebbero potuto essere l'oggetto della chiacchierata di cui si fa cenno in STUD.

Anatomia del violino (2): i materiali.

I legni usati per le varie parti del violino sono:

Acero (pseudoplatanus) por il fondo, le fasce,controfasce, manico, ponticello, cavigliere, riccio

Ebano ( o altri materiali meno cari) per tastiera, piroli, capotasto, cordiera e bottone.

Ma per il vero motore del violino, il piano armonico, la catena e l'anima, si usa da sempre lo stesso materiale: l'abete rosso delle montagne italiane di Panaveggio.

Il Legno di Risonanza.

Gli abeti rossi della Val di Fiemme (Picea abies excelsa), e specialmente quelli della foresta di Panaveggio sono noti da tempi antichissimi come gli "alberi dei violini". La foresta di Panaveggio è anche nota come "la foresta dei violini". Non tutti gli abeti sono adatti, ma solo i cosiddetti "abeti di risonanza": alberi antichi, con anelli di crescita molto sottili e perfettamente concentrici con pochi o punti nodi. Questo tipo di albero cresce in una zona tra la Carinzia austriaca e il Trentino e se ne trovano piccole isole in Cadore, nell'Argondino, a Tarvisio e ancora in piccole aree della Boemia, Moravia, Germania, Polonia e Russia. Ma la zona più vasta e famosa è indubitabilmente nella Foresta di Panaveggio.

Il legno di un "albero di risonanza" è caratterizzato alla sezione trasversale dalle tipiche "onde" degli anelli di crescita che passano dall'uno all'altra rinforzandosi in bande con maggiore o minore frequenza ed estensione tra un albero e l'altro e, nello stesso albero, tra le varie zone della pianta.

Stradivari e l'albero di risonanza.

Le leggende locali raccontano che Stradivari saliva in Val di Fiemme per scegliere gli alberi da acquistare. Si tratta probabilmente solo di leggenda, ma è certamente documentato che Stradivari, Amati e gli antichi liutai usavano gli alberi di Panaveggio per i loro violini. Gli alberi venivano tagliati e gettati nei torrenti: venivano costruite dighe artificiali in modo da "gonfiare" la pressione a monte, e quando le dighe erano rotte la corrente trascinava a valle i tronchi fino a valle. Il grande fiume Adige portava poi il legno fino a Venezia dove veniva venduto. Molti anni dopo i tempi di Stradivari l'autorità locale (la Magnifica Comunità della Val di Fiemme, una delle più antiche comunità indipendenti in Italia, riconosciuta indipendente dall'Impero fin dal 1111) entrò in contrasto con il vescovo di Trento che pose il blocco al passaggio del legno per via fiume. La comunità decise di trasportare i tronchi per le montagne e con un grande argano farli passare nella valle vicina, da lì gettarli nel Brenta e raggiungere con quel fiume Venezia senza passare da Trento. Il passo in cui fu montato il gigantesco argano è ancora noto come paso del manghèn, in dialetto locale "dell'argano". Questa modalità di trasporto, come vedremo poi, è importante per la qualità del legno e le sue caratteristiche.

Negli ultimi anni si sono succedute numerose ricerche biochimiche e dendrologiche sul "legno di risonanza" usato da Stradivari e dagli antichi liutai. Non ho qui lo spazio per rendicontarli in esteso, ma le conclusioni sono che non soltanto essi usavano il legno degli abeti rossi di Panaveggio, come già sapevamo dalle fonti storiche, ma che tra questi essi sceglievano pezzi particolari. È stato ideato uno speciale indice matematico per misurare le capacità di risonanza del legno usato per il piano armonico: il suo massimo teorico è 1. Nei violini costruiti nella sua maturità Stradivari ottenne un incredibile 0,9! Naturalmente noi possiamo oggi misurare le caratteristiche del legno con metodi biochimici, mentre i liutai lo facevano col loro incredibile "orecchio". Sappiamo che Stradivari poneva grande attenzione a scegliere le tavole più adatte per i suoi strumenti: per esempio l'Arpa del 1681, oggi al Conservatorio di S Ritto alla Maiella, è costruita con un abete di risonanza di Panaveggio tagliato nel 1633! Il maestro usava solo legno stagionato personalmente da lui, messo da parte fino al momento giusto per usarlo.

La particolarità dei legni scelti dai maestri del 17° secolo è oltremodo provata dal fatto che i liutai dei secoli successivi cercavano disperatamente vecchi strumenti da smontare per usarne i piani armonici per i loro violini: e questo uso è continuato fino al ventesimo secolo, quando si cominciò a considerare tale pratica un vero e proprio delitto.

Ma la questione è: perché il legno di risonanza usato da Stradivari era così particolare?

Il legno di risonanza e i funghi.

Il Dr. Nagyvary, dell'università del Texas, ha avanzato una interessante teoria a riguardo. Come sappiamo i tronchi rimanevano a lungo in acqua durante il viaggio fluviale che li conduceva a Venezia. Secondo il Dr Nagyvary la permanenza in acqua permetteva la crescita di certi funghi i quali producevano enzimi in grado di distruggere l'emicellulosa presnte nel legno. Il risultato, dopo un congruo periodo di asciugatura, era un legno più poroso e leggero. Le prove portate comprendono l'aver ritrovato, con una spettroscopia a fluorescenza con RX, larghe tracce di minerali tra cui potassio, sodio, alluminio, rame,ferro e soprattutto calcio e magnesio. Il Dr. Nagyvary ritenne in un primo momento che questa fosse appunto l'effetto della lunga permanenza in acqua e dell'assorbimento dei metalli nel fiume. In un secondo momento interpretò questo fatto come effetto della vernice, e sviluppò quindi la sua teoria sulla vernice che abbiamo già discusso. La teoria "fungina" è a mio parere, una pura illazione, specie se si consideri che la via fluviale è sempre stata usata fino alla prima metà del XX secolo, quando i violini italiani erano ahimè molto diversi dai tempi di Stradivari.

Il legno di risonanza e il clima.

Gli studi dendrologici e biochimici sottolinenano invece la stretta correlazione tra la qualità del legno di risonanza (in particolare gli indici di inerzia e risonanza) e le condizioni climatiche come la pioggia o la temperatura. Perfino la stessa composizione chimica del legno, con i contenuti in carbonio, idrogeno e ossigeno, dipende dalla situazione climatica durante l'attività cambiale, così come la mobilizzazione degli ormoni che controllano la crescita del legno nell'abete rosso. Il risultato finale dei cambiamenti macroscopici, microscopici e biochimici sono cambiamenti negli indici di risonanza ed inerzia.

Esistono diverse concordanze su questi dati, basati su studi che hanno controllato alberi di Panaveggio dal 1756 al 1992, e studi su violini italiani costruiti tra il 1559 e il 1980.

La particolare qualità dei legni scelti da Stradivari sembrerebbero legati alla cosìdetta "piccola glaciazione", un periodo di freddo intenso e clima rigido che interessò l'Europa continentale tra il 17° secolo e la prima metà del 18°. Queste particolari condizioni climatiche causarono una riduzione della attività fotosintetica delle piante, riducendo la loro crescita e promovendo la compattezza e l'elasticità del legno.

Amati visse nella prima parte di questo periodo, mentre Stradivari potette beneficiarne per intero. Il grande merito di Stradivari, naturalmente, fu di scegliere solo i legni migliori, lasciarli maturare al punto giusto ed usarli al meglio, guidato dal suo infallibile orecchio.

Gli studi provano inoltre che Stradivari aveva preferenze diverse riguardo le tavole da utilizzare rispetto ad Amati. Entrambi usavano tavole ad alta inerzia, ma mentre Amati, come Gabbrielli e Guadagnini usava tavole omogenee e con numero e dimensioni molto regolari degli anelli di crescita, Stradivari preferiva tavole con grandi differenze tra i terzi esterni ed interni.

Le differenze tra uno Stradivari e un Amati.

Alla fine di questa discussione possiamo concludere che le differenze più importanti tra i due liutai non sono la vernice, ma la differente scelta tra le tavole del piano armonico (entrambe di abete rosso di Panaveggio, ma scelte in modo differente tra i maestri riguardo all'omogeneità o differenze tra le parti) e al momento differente della piccola glaciazione in cui essi operarono.

Avrebbe potuto Sherlock Holmes addivenire alle stesse conclusione dei moderni studi biochimici, dendrologici, microscopici e storici?

Holmes e i violini

Sappiamo che Holmes era un vero studioso del violino. Conosceva la vita di Paganini. Suonava talvolta lo strumento nello stesso modo in cui era suonato nei tempi antichi. Era uno studioso di storia e pittura medievale (a cui dobbiamo quasi tutto quello che sappiamo sulla storia del violino) e più in generale conosceva bene l'Italia e la sua cultura. Era così conscio delle sue capacità di studioso che non ebbe esitazioni nell'attribuire un violino a Stradivari e comprarselo, pur ben conoscendo la massa di truffe a riguardo che infestava Londra in quel periodo.

Sappiamo anche che a quei tempi Londra era uno dei più importanti mercati di antichi violini italiani e che essi venivano restaurati e riadattati alla musica contemporanea: per far ciò dovevano essere aperti e l'interno dello strumento era così accessibile allo studio. Un uomo che riusciva a frequentare le sale anatomiche dell'Università per staffilar cadaveri non dovrebbe aver avuto problemi ad infilarsi nei laboratori della Hill o a esaminare la collezione di Mr. Gillot, la più grande in Inghilterra e forse nel mondo. Nel 1902 la Hill pubblicò un libro, "Antonio Stradivari, his life and work" considerata il primo lavoro moderno sui violini cremonesi: ai tempi di STUD il libro non era ancora uscito ma possiamo ben sospettare che quel volume potrebbe essere aggiunto alla lista delle "piccole monografie" il cui autore viveva a Baker Street 221b.

Le differenze macroscopiche tra le tavole di Amati e di Stradivari potevano essere studiate da un attento osservatore e Holmes può aver messo in relazione le speciali capacità di risonanza delle tavole con il numero di anelli, la scarsità di nodi, le particolari "onde" degli alberi di Panaveggio: può aver saputo la storia delle origini degli alberi usati dai due maestri, aver studiato le loro caratteristiche macroscopiche e le differenze ( la preferenza per l'omogeneità o la discordanza tra i terzi esterni ed interni). Inoltre, durante i piccoli cambiamenti e sostituzioni di parti interne come anima e catena, fatte dello stesso legno, può aver ottenuto campioni del legno originale per studi chimici ed osservazioni microscopiche. Avrebbe potuto facilmente collegare il suono speciale del "legno di risonanza" alla "piccola glaciazione" e attribuire le differenze tra Stradivari ed Amati a questo ordine di ragioni. La sua attenzione alla qualità del legno deve essere stata aumentata dalla conclusione che la vernice non era responsabile della qualità del suono, come pensavano i suoi contemporanei, una conclusione che possiamo aspettarci dalla sua competenza chimica e musicale.

In breve, Holmes aveva la possibilità la competenza e la capacità scientifica di arrivare alle conclusioni odierne. E siamo sicuri che lo fece.

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