Seconda parte: Milano-Firenze
di Enrico Solito
L'analisi dei tempi che passano dal 4 maggio 1891 a "una settimana dopo" ci permette di concludere che Holmes dovette, una volta in Italia, usare il treno. Il solo tragitto Bologna-Firenze, se eseguito con diligenze attraverso il passo della Futa, avrebbe richiesto quindici ore, e Holmes non avrebbe potuto essere a Firenze il 12.
Negli ultimi anni lo sforzo appassionato di alcuni di noi ha permesso di identificare senza possibilità di errore l'orario esatto del treno che Holmes prese a Milano. Rimandiamo qui ad altro intervento la storia del ritrovamento di quell'orario e delle ragioni che ci portano ad una simile conclusione: vi basti per ora sapere che quel treno era il direttissimo Milano Firenze, detto Lampo, in arrivo a Firenze alle 16.32.
Le condizioni di viaggio di quel treno erano assolutamente migliori di quelle standard -tali da far scrivere che le ferrovie non istituivano una quarta classe perché era impossibile viaggiar peggio che in terza. Con tutto ciò i viaggiatori dei mitici vagoni "cento porte" dovevano riscaldarsi con le coperte, illuminazione a gas accesa da un macchinista che le accendeva carponi sul tetto del treno, aprivano i finestrini per respirare e li chiudevano nelle gallerie per non riempirsi di fumo, a rischio di morire di caldo: il panorama in compenso era assolutamente mozzafiato.
La linea allora aperta era "la porrettana", vero capolavoro ingeneristico dell'epoca e mito ancor oggi degli appassionati. Centinaia di operai perdettero la vita in quell'opera colossale e i migliori cervelli superarono problemi apparentemente insolubili per realizzarla. Dalla stazione di Bologna si inerpicava su per l'Appennino e scendeva a Pistoia. Fino all'apertura della Direttissima, negli anni 20 fu l'arteria che univa Italia del Sud e del Nord.
Guidare una locomotiva su quella linea era difficilissimo e per i macchinisti la Porrettana era l'università: con tutto ciò gli incidenti non mancavano. Bisognava avere cento occhi, tenere d'occhio la pressione della caldaia ma sopratutto saper dosare i freni, che più delle volte si esaurivano. All'uscita delle discese più pericolose esistevano binari "di salvamento" su cui infilare il treno, in salita, per fermarlo! Ma non era neanche il rischio peggiore: mentre i passeggeri potevano chiudere i finestrini, i macchinisti subivano il fumo che dal fumaiolo lambiva le pareti della galleria e si riversavano su di loro: nelle gallerie piene di fumo malgrado gli aspiratori rischiavano continuamente l'asfissia. Per non svenire i macchinisti mettevano davanti al viso stracci bagnati e stavano bene attenti ai primi sintomi: dolori agli orecchi. All'uscita della galleria più lunga, vicino Pracchia, due conduttori di riserva attendevano, pronti a saltare sul treno in corsa e sostituire i colleghi svenuti quasi sempre!!
In queste condizioni c'è da stupirsi che i disastri ferroviari siano stati così pochi. E certamente Holmes, cui nulla di queste manovre doveva essere sfuggito, si riferisce a questo quando dice... I found myself in Florence with the certainty that no one in the world knew what had become of me.
Holmes si rese conto benissimo che se i suoi inseguitori avessero saputo che era su quel treno organizzare un attentato sarebbe stato banale. L'ennesimo disastro ferroviario...
L'enfasi che Holmes dà a Firenze (non dice "In Italia,", non dice "A Bologna" eppure di lì è passato) dimostra che proprio Firenze era la sua meta, la sua via di fuga, l'obiettivo.
In altre sedi questo punto è stato sottolineato, ma qui vogliamo ricordare alcuni punti fondamentali.
Firenze era il centro di una comunità inglese molto forte, e presente dagli inizi del secolo ( i cosidetti"anglobeceri")
Firenze era anche il punto di arrivo di un via vai di contatti col gabinetto Britannico. La Regina Vittoria in persona soggiornò a Firenze ( a Villa Palmieri e a Villa Fabbricotti) nel 1888,1893,1894, col suo seguito e vari personaggi del Governo, visitata dal re e dalla regina e da vari parlamentari italiani. Nel maggio 1891 visitano la città il Principe Leopoldo di Prussia, cugino del Kaiser,l'Arciduchessa Stefania d'Austria, vedova di Rodolfo
Firenze era anche al centro di circoli di potere italiani. Ex capitale nel 1866 aveva ospitato tutti i ministeri: i ministri del governo vi si recavano spesso: vi si trovavano circoli assai influenti nell'ambito del potere, compresi i parenti più stretti dei Savoia.
L'italia era alla vigilia del rinnovo delle triplice alleanza- i giornali del parlano di voci di incontri tra i primi ministri italiano, austriaco e prussiano a questo scopo- e la monarchia e Crispi premevano per questo. Esistevano però voci dissenzienti, in minoranza nel governo ma in maggioranza nel paese.
Tutto ciò non è secondo noi casuale e, abbracciando la teoria del Dr Giovanni Cappellini riteniamo che la venuta di Holmes sia da ricercare nel complesso intrico internazionale che si sviluppa in quegli anni.
Holmes resta in incognito per 3 anni, nascondendo il suo nome fino in Tibet (eppure sa che già in Italia non è più inseguito): troppi per nascondersi a singoli criminali. A meno che non si creda che la rete di Moriarty, ormai smantellata, fosse legata ad un'altra rete, assai più potente, quella che faceva capo a Berlino. In effetti Holmes parla di tre nemici, di cui uno solo è Moran. Degli altri non parlerà mai, ed è mia fondata convinzione che si tratti del Kaiser e di Bismarck. La stessa scelta dei luoghi che Holmes visita (Tibet, Persia, Sudan) è esattamente la mappa dei punti caldi dell'Impero ed è lui stesso che ci dice che riferiva a Mycroft e al Foreign office il suo lavoro.
Vi invito infine a riflettere sullo pseudonimo che, almeno da un certo punto in avanti, è usato da Holmes: Sigerson. Baring Gould ed altri hanno sottolineato che si possa trattare di un nome con un significato: figlio (son) di Siger, deducendone il nome del padre. Se si legge Siger al contrario risulta Regis. Figlio del re dunque: principe. In latino Princeps, che vuol, dire anche principale, il più bravo, il numero uno. Un "nome de plume" molto adatto per il più grande detective del mondo, al servizio di Sua Maestà.
Se questo quadro è corretto, la venuta a Firenze, in contatto coi circoli inglesi e italiani più influenti, ha senso se si pensa che proprio in quei giorni si avviavano contatti per il rinnovo della Triplice tra De Rudinì, Caprivi e Kalnoky. E che l'Italia fosse nel centro dell'attività spionistica (tanto per cambiare) lo dimostrano le cronache dei giornali: la terribile esplosione della polveriera a Roma il 23\4, in cui saltarono 265mila kg di polvere in circostanze così misteriose da far parlare i vertici militari di "fenomenale incuria" e di escludere categoricamente un attentato senza che nessuno l'avesse proposto (insomma, un cedimento strutturale come a Ustica cent'anni dopo), e il processo avviato a Genova il 14 maggio a Carlo Yanzler, prussiano,che approfittando della buona fede dell'impiegato governativo Carlo Montacchi aveva trafugato i piani di Forte Richelieu e li offriva al Governo del suo Paese (storia curiosamente simile al furto dei piani Bruce-Partington).
Ma quale Firenze trovò Holmes?
La città era assai diversa da oggi: una comunità stremata e in crisi. L'arrivo nel 66 di 30 mila funzionari e le loro famiglie aveva fatto impazzire la quieta capitale dei Lorena. La popolazione arrivò nel 70 a 194mila abitanti, e divenne sede di arricchimenti e speculazioni. Nel 71, con lo spostamento a Roma della capitale, una grave crisi economica la attanagliò, fino a portare nel 78 addirittura al fallimento del Comune, rovinato dai lavori giganteschi e ormai inutili. La popolazione era crollata nel 1881 a soli 114 mila abitanti. Tra l'85 e il 90 un colossale cantiere sventra il cuore di Firenze, il Vecchio Ghetto, lasciando per sempre l'eredità di quell'orrore sabaudo che è l'attuale piazza della Repubblica: il tutto per "sanare" il vecchio covo di ladri, che vengono semplicemente trasferiti a San Frediano mentre i costruttori vicino al Re si arricchiscono. La mortalità infantile raggiunge la terribile cifra del 196,,8 per mille (trenta volte l'attuale), i contrasti sociali si acuiscono: nel 1878 su 165mila abitanti ben 2600 sono schedati come anarchici, un primato in tutta Italia. Il traffico - questo ci sembra meno strano- impazza con 100 vetturini notturni e 484 diurni e non c'è giorno- si lamenta- senza incidenti, cavalli imbizzarriti, vecchi e bambini travolti e feriti. Intanto la nobiltà balla e va alle corse delle Cascine e di Poggio a Caiano. Di lì a pochi anni la rivolta esploderà e a Sesto Fiorentino (4 morti) e a Milano (100) l'esercito sparerà sulla folla, con la benedizione del "Buon" Re Umberto.
Alla fine del 1890 una epidemia di tifo aveva impazzato in città (764 casi ), ma un articolo di Lancet del 10\1\91 sottolineava la buona gestione sanitaria dell'emergenza e concludeva che "il pubblico che viaggia non deve avere timore di venire a Firenze", conclusione certo riferita da Watson al suo amico.
Ai primi di maggio del 1891 la situazione era caldissima. La giornata del primo maggio era stata prevista, temuta, subita in tutta Europa. Mentre a Londra e in Svizzera non c'erano stati gravi incidenti ma imponenti manifestazioni pacifiche, e tutto era sotto controllo, in Belgio e nella Loira le miniere erano in sciopero come gli impiegati di omnibus parigini,, in Francia c'erano stati dei morti a Formies, e scontri a Marsiglia, e Lione. Parigi era rimasta tranquilla (con schierati in piazza 25000 uomini di fanteria, 3 reggimenti di corazzieri, 2 di cacciatori a cavallo, 3 di dragoni, 7000 poliziotti e tutta la guardia repubblicana a piedi e a cavallo!)ma in Italia si segnalavano gravi incidenti a Roma e a Firenze con cariche e feriti: scontri s'erano avuti anche a Bologna, Ancona, Napoli. Solo a Roma ci furono cento arrestati. I giornali erano inorriditi e ribadivano la loro fedeltà alla Dinastia e l'orrore per quei moti sediziosi che chiedevano pane e lavoro. Tutti i titoli erano per la caccia scatenata dalla polizia ai capi degli operai: l'8 viene arrestato Galileo Palla, che aveva capeggiato i disordini a Firenze col falso nome di Valerio Landi e a metà mese iniziano i processi. Holmes doveva avere dei documenti davvero ben falsificati per mantenere l'incognito.
In tutta l'Italia del Nord pioveva e faceva freddo, a Firenze invece pioveva lo stesso ma era caldo. Allagamenti erano riportati dappertutto, il Po e l'Adige erano straripati,le strade erano interrotte in quasi tutto il Nord (altro buon motivo, tra l'altro, per utilizzare il treno). Le temperature riportate dall'osservatorio Ximeniano di Firenze oscillarono per tutto il mese tra i 12 e i 18 gradi di minima e 1 18 e i 28 gradi di massima: in particolare dal 12 in poi (data di arrivo di Holmes) si arrivò a 28, poi si scese restando sempre sopra i 20. Per un inglese proveniente dai freddi monti doveva essere un caldo atroce, specie considerando l'umidità ed è presumibile che il nostro, oramai rifornito di denaro dal suo contatto di Firenze, abbia rinnovato il suo guardaroba.
I giornali di quei giorni erano pieni di cose che Holmes avrà certamente notato.
A parte la pubblicità della allora Fabbrica a Vapore di Cioccolata Enrico Rivoire in Piazza Signoria, della Ferrochina Bisleri, a parte l'elenco dei teatri e degli spettacoli cui forse avrà assistito, non sarà sfuggita la pubblicità della Carta delle strade ferrate di Enrico Gambillo con indici alfabetici ed elenchi di treni, tramvie e navigazioni, carte delle Reti Adriatica, mediterranea e sicula) unica fonte di riferimento in un paese in cui mancava un orario organico per tutta Italia. Siamo certi che l'abbia acquistata, così come l'opera la cui recensione compare sulla Nazione proprio il giorno del suo arrivo: Le abbreviazioni della paleografia latina del medioevo, saggio teorico-pratico di Cesare Paoli. Tra le tante inserzioni che testimoniavano l'attività di negozi inglesi in città, alla sua mente pratica sarà andato senz'altro a genio la pubblicità del nuovo Catalogatore Zeiss, in grado di far ritrovare in pochi secondi telegrammi, cartoline e posta in genere.
Non vi è dubbio che egli abbia presenziato al concerto del 18 a sera del celebre violinista Cesare Cagnacci. Il programma prevedeva alla fine il Mosè di Paganini con tema e variazioni su una corda sola.
Curioso ritrovare sulla Nazione del 29 maggio una lunga descrizione di vari articoli scritti da Edison sul suo fonografo per la rivista "The Phonograph": si parla di come si possa registrare facilmente ogni suono e musica sui magici cilindri di cera: "ognuno, senza abbandonare la sua poltrona, può ordinare un assortimento di cilindri di cera su cui sono incisi...pezzi di violino". I cilindri, lunghi 8 pollici e di diametro di 5, potevano essere registrati con un telefono collegati a un fonografo all'arrivo. Molto si è discusso su Maza, un'avventura in cui Holmes dispone di un fonografo che riproduce il suono del violino nella "Barcarola" di Hoffmann: è probabile che quella idea sia nata a Firenze.
Un'altra intrigante possibilità è la scoperta, riportata dalla nazione del 20 Maggio, di antichi codici miniati a Sant'Antonio al monte, presso Rieti. Si trattava di un enorme tesoro di 500 volumi a stampa e 69 codici miniati dal X al XV secolo. Il ministro Villari spedì di corsa una commissione presieduta dal prof. Monaci ed è da credere che Holmes ne abbia parlato al ministro, a Firenze in quei giorni, conoscendo la sua passione per l'argomento: come non potè restare indifferente alla notizia (16 maggio) della scoperta delle importantissimi tombe etrusche di Vetulonia, in Toscana. Se il nostro socio Carlo Oliva ha ragione nell'identificare in Villari l'uomo che Holmes contattò a Milano, certo i loro colloqui continuarono a Firenze prima che Villari tornasse a Roma.
Delle visite che Holmes fece in città in veste di turista poco possiamo dire. Della sua frequentazione al gabinetto Viesseux riferirà Graziano Braschi, e per parte mia posso solo dirmi certo che sia stato da Filistrucchi, la bottega di trucchi teatrali, e nell'officina di prodotti chimici Bizzarri, in via della condotta ancora aperti oggi. Chiunque entri in questi locali non può non pensare ad Holmes e alle sue manie. Della visita alla bottega di pipe "Operti" di Arturo Corsellini in Via Panzani abbiamo già più volte riferito, e domani andremo lì a scoprire una targa che commemori l'evento.
La stazione di Santa Maria novella prese questo nome, oltre all'anonimo "Centrale" nel 1861: prima era la Maria Antonia, ed era affiancata dalla "Leopolda", alle cascine, chiusa nel 1860. Sorgeva dove è l'attuale stazione ed era costituita da un grande capannone dal tetto vetrato sorretto da capriate e colonne di ghisa. Dal corpo centrale, dominato da una torretta con l'orologio, si protendevano due costruzioni, basse ed allungate, che terminavano ai cancelli del dazio. Abbiamo raccolto alcune vecchie foto dell'esterno e dell'interno della vecchia Stazione, così come le vide Holmes, con l'edicola in cui comprò il giornale il 12 maggio...ammesso che sia sceso lì. Perché noi abbiamo un'altra ipotesi.
Prima di continuare mi permetto di farvi una domanda.
Dopo Reichenbach Holmes si ammanta di una prudenza anche eccessiva. Scompare per anni interi. Vi ho già detto come io pensi, d'accordo con Cappellini che temesse la rete germanica più che gli epigoni di Moriarty e che fosse incaricato di una importante missione all'estero, come nel 1912-14. Al di là di questo, comunque, certamente Holmes fa di tutto per restare in incognito. E non trovate curioso che si mostri proprio in una città piena di inglesi, ognuno dei quali poteva conoscerlo? Quando parte dalla Svizzera non si porta certamente dietro trucchi per alterare la sua fisionomia, e il denaro che ha con sè gli deve essere servito per comprare documenti ed indumenti fino a Firenze. Scendere nella stazione affollata, a rischio di farsi sorprendere...ripeto: abbiamo un'altra ipotesi. Procediamo con calma.
E' evidente che a Firenze Holmes aveva un contatto, un uomo in grado di garantirgli appoggio, denaro e aiuto: un uomo di Mycroft, dunque un uomo del Diogene's. Che, come molti sospettano, il piano fosse stato preordinato con Mycroft o improvvisato via telegrafo lì per lì, non v'è dubbio che a Firenze Holmes trovò quell'aiuto.
Chi era il contatto di Holmes in Italia? Doveva essere un uomo in disparte, poco noto agli inseguitori (secondo me, ripeto, i prussiani). Un insospettabile, possibilmente un non inglese, eppure in contatto continuo con Londra e con Mycroft.
Noi non abbiamo delle prove- come sarebbe possibile averne? Ma molti indizi sommati fanno una probabilità e molte probabilità assomigliano a una prova.
Paolo Lorenzini era il fratello dello scrittore Carlo Lorenzini, detto il Collodi, autore di Pinocchio, libro dall'enorme successo in Inghilterra (sui rapporti Pinocchio-Holmes vedasi l'articolo di Gulienetti sul numero di settembre dello Strand). Direttore dal 79 degli stabilimenti Ginori di Doccia, fin dal 62 aveva organizzato la presenza della fabbrica di ceramica alla Esposizione di Londra - dove la Ginori si affermò come una delle tre grandi europee - e fu l'ideatore di una vivace ed efficacissima campagna di stampa pubblicitaria sui maggiori quotidiani inglesi. I suoi contatti con l'Inghilterra erano continui, i suoi viaggi in Europa incessanti.
La fabbrica Ginori, di Sesto Fiorentino, nel 1889 dava lavoro a 1300 persone, contava su 10 fornaci di porcellana, 5 per maioliche, contava su laboratori di incisione e cromolitografia, laboratorio chimico, officine di fabbri e falegnami, illuminazione a gas e telefono. Aveva magazzini a Roma, Napoli e Torino e rappresentanti in tutta Europa. A metà degli anni 80 una grave crisi l'aveva colpita, a causa della concorrenza delle ceramiche prussiane che "a vilissimo prezzo" avevano invaso il mercato: misure protezionistiche tra il 87 e 89 in Italia, Francia e Inghilterra,risolsero la crisi, misure caldeggiate e proposte da Lorenzini. Particolare importanza avevano i cilindri Wegmann, usati per gli isolatori e per i macchinari, con vendite all'estero "rilevantissime".
Lorenzini dunque era in contatto continuo con l'Inghilterra e in forte tensione con gli interessi prussiani. E' lui il nostro uomo?
Torniamo all'orario del "Lampo". Vi è un'unica fermata tra Pistoia e Firenze e quella fermata è Sesto Fiorentino, alle 16.28. Una possibilità ideale per Holmes di scendere all'ultimo momento, senza rischiare di farsi riconoscere nella affollata stazione piena di inglesi...Sesto era collegata a Firenze da una veloce tranvia a cavalli, che percorreva la stessa strada del bus attuale e che come questo portava il numero 28. La cittadina rappresentava una posizione ideale per arrivare al centro di Firenze in pochi minuti senza essere in vista: vicina tra l'altro alle ville di Castello, dalla residenza reale estiva alle case dei nobili e dei patrizi, abitate in quella calda primavera.
Ma sotto quale copertura Holmes avrebbe potuto nascondersi? Sappiamo che le sue avventure in Tibet furono riportate dalla stampa sotto il nome di Sigerson, ma nulla sappiamo di Firenze. Come abbiamo visto alla manifattura di Doccia della Ginori esisteva un folto gruppetto di stranieri, specie francesi. Un ingegnere chimico, un consulente di Monpellier di nome Vernet avrebbe potuto essere certamente ospite di Lorenzini senza destare alcun sospetto: e non può essere certamente un caso o una combinazione che grazie alle migliorie introdotte nel 1891 nei processi di lavorazione il fatturato 1892 segnò per la Ginori lo straordinario aumento dell'utile netto di 100mila lire, portandolo a 345 mila. Nello stesso periodo furono altresì avviati esperimenti di fabbricazione dei cilindri Weigmann con macchine semiautomatiche (la morte di Lorenzini nel novembre 1891, poco dopo la partenza di Holmes bloccò l'attuazione di quei progetti, lasciati cadere nel vuoto dai proprietari fino al 1895), e si cominciò a lavorare agli isolatori elettrici, assai importanti dal punto di vista logistico-militare.
Combinazioni?
"Non credo alle combinazioni" disse Holmes. E noi notiamo che la venuta di Holmes corrisponde a importanti migliorie tecnologiche alla Ginori. E c'è a Sesto una persona degna di fede che, acquistata una vecchia villa in abbandono, ha raccolto testimonianze dai vecchi contadini su uno strano ospite, amico del Lorenzini" ma la privacy va rispettata.
Holmes d'altronde approfittò di quel periodo alla Ginori per conoscere meglio il mondo della ceramica e della porcellana. Non si appassionò particolarmente dell'argomento ( a meno che nel viaggio in Tibet non abbia sconfinato in Cina) se è vero che in ILLU Watson dovette andare in biblioteca a procurarsi testi sull'argomento: ma studiò bene i rudimenti del collezionismo e vide in Lorenzini la passione dei collezionisti per le porcellane cinesi al punto di essere certo che il barone Gruner non avrebbe potuto sfuggire alla lusinga di un pezzo pregiato.
Al termine della sua missione italiana Holmes lasciò Firenze con l'animo in pace, dopo aver minato le basi di una alleanza sciagurata che veniva in quei giorni rinnovata e che legava il giovane paese ai suoi storici nemici. I circoli antiprussiani, i movimenti e le idee che rifiutavano l'alleanza col nemico di ieri (e del domani) ne uscirono rinforzati e organizzati, anche se solo ufficiosamente.
Holmes si recò certamente a Suez per raggiungere il Tibet, ma non crediamo che sia tornato al Nord per raggiungere Brindisi con la Valigia delle Indie come il suo connazionale Foggs. Da Londra partiva un comodo treno che passando per Parigi raggiungeva Brindisi in sole 40 ore: da lì, un battello per l'India partiva ogni domenica alle 14. Quella linea era troppo pericolosa a nostro avviso per un uomo che tentava di nascondersi. Pensiamo invece che si sia lasciato persuadere dai pressanti messaggi comparsi sulla Nazione e che si sia affidato alla società di navigazione Florio&Rubattino e ai suoi viaggi ogni venti giorni da Genova e Napoli per Alessandria e Bombay.
Lasciamolo lì, cullato dalle onde su un piroscafo italiano, pensare malinconico al suo vecchio amico che lo credeva morto, combattere la voglia di scrivergli, progettare il suo ritorno e le mille avventure che lo aspettavano, e che aspettano ancora ognuno di noi.
Grazie.