Misoginia
Una premessa all'intervento di Cinzia Bastiani
di Alessandra Calanchi
Sulla presunta misoginia di Sherlock Holmes sono
state sprecate una quantità di parole che non è mia intenzione condividere né tantomeno
contestare in questa sede; mi limiterò pertanto a illustrare brevemente la mia opinione
sul caso, opinione peraltro sostenuta dall'autorevolezza di ricerche riservatissime da me
condotte nell'arco di un considerevole periodo di tempo.
Inizierò col porre a questo rispettabile pubblico una domanda: è legittimo etichettare
un essere umano "misogino" perché - per sue proprie ragioni personali - non
può vantare una legittima consorte, pur conducendo una vita moralmente esemplare, se non
addirittura ineccepibile? La presunta misoginia di Sherlock Holmes poggia su basi fragili
e perlomeno discutibili. Fermiamoci un istante a osservare altri nomi celebri del suo
tempo: consideriamo forse meno misogini di lui un padre di famiglia distratto come
Dickens? un bigamo come Wilkie Collins? uno squartatore di fanciulle come
"Jack"? un sodomita come Wilde?!
Andiamo. E' puerile solo essere sfiorati da una simile idea, che denota al massimo
ignoranza o cattiva fede. Del resto gli studiosi più temerari hanno ribadito più volte
la centralità della donna nel pensiero filosofico e antropologico del Nostro, giungendo
perfino, in alcuni casi recenti, a reintepretare Holmes in chiave - parlando di donne -
politicamente corretta (The Secret Marriage of Sherlock Holmes, Michael Atkinson 1996).
Non starò qui a elencarvi i risultati delle mie ricerche, peraltro ancora incompiute. Mi
basti informarvi che è ormai cosa nota nel mondo della politica che Sherlock Holmes
affiancava segretamente Emmeline Goulden Pankhurst nel momento in cui le suffragette
inglesi, ammesse a votare per i consigli municipali nel 1869 e successivamente per quelli
di contea nel 1880, fecero confluire le loro varie associazioni in un unico movimento
militante, l'Unione sociale e politica femminile (1903); e che fu arrestato - travestito
da suffragetta egli stesso - nei violenti disordini provocati dall'opposizione di
H.H.Asquith. Ma non è tutto. Secondo fonti altrettanto sicure, Sherlock Holmes curò
negli anni '80, per alcuni mesi, una rubrica femminile chiamata "London Lonely"
sulla rivista Argosy (fondata nel 1867 da Mrs Henry Wood), firmandosi laconicamente
"Cher". In seguito a un'indagine svolta da alcuni eminenti rappresentanti dei
literary reception studies risulta che gli alti profitti di quei numeri della rivista, le
cui copie notoriamente non andavano a ruba, furono bruscamente interrotti quando Holmes,
per motivi a noi tuttora ignoti, decise di sospendere la collaborazione.
Nel mondo accademico circola addirittura un aneddoto a proposito di questa straordinaria
collaborazione di Holmes ad Argosy. Si racconta che, quando a Holmes fu offerto un posto
nella rubrica, naturalmente dietro compenso astronomico e con mille assicurazioni
riguardanti la massima segretezza della stravagante "missione", egli - subito
dopo aver accettato - interpellasse Watson con le seguenti parole: "By the way,
Watson, you know something of women?" (per caso, Watson, sai niente di donne?) Al di
là della facezia, quello che è certo è che la readership femminile di Argosy - molto
più numerosa, ammettiamolo, di quella dello Strand, che contava soprattutto lettori di
sesso maschile - andò letteralmente pazza per i consigli, i suggerimenti, e le risposte
sbrigative ma acute di "Cher" (per esempio, "It is clear as crystal that
you possess stupidity rather than courage", cioè: "E' chiaro come il sole che
lei, signorina, possiede più stupidità che coraggio"; oppure, "How do you know
that your having a heart without a brain is not hereditary, my dear?", cioè:
"Come può sapere se il fatto che lei abbia cuore ma non cervello non sia una
malattia ereditaria, mia cara?"). Ed è altrettanto certo che l'ondata di suicidi che
seguì la chiusura della rubrica, subito messa a tacere dalla stampa, fu seconda solo
all'altra ondata di suicidi, ovvero a quella che salutò la falsa notizia della morte di
Sherlock Holmes in Svizzera. Ma non starò a dilungami oltre, e passo la parola alla mia
fida assistente e collaboratrice Cinzia, il cui intelligente e approfondito lavoro di
ricerca sull'argomento "misoginia" non potrà che allargare ulteriormente gli
orizzonti di questo settore ancora parzialmente oscuro della vita di Sherlock Holmes.
Grazie.
di Cinzia Bastiani
"I don't dislike women... I merely distrust them.
The twinckle in the eye and the arsenic in the soup"
(The Private Life of Sherlock Holmes, Billy Wilder 1970)
Ringrazio Alessandra Calanchi per la brillante introduzione
al mio intervento e per la collaborazione ricevuta nella preparazione della mia tesi di
laurea, il cui argomento - The Private Life of Sherlock Holmes: vizi privati e
pubbliche virtù nel film di Billy Wilder e nel romanzo di Michael e Mollie Hardwick -
mi ha portato a occuparmi di una questione assai controversa: la misoginia del grande
detective. Mi scuso per non poter essere presente a questa importante manifestazione e
spero che la mia breve chiaccherata sia sufficiente a osservare da una diversa prospettiva
un falso stereotipo che è stato ingiustamente attribuito a Sherlock Holmes.)
Il rapporto di Sherlock Holmes con le donne assume connotazioni diverse a seconda dei
racconti che si prendono in esame. Se in alcune occasioni i giudizi espressi dal detective
manifestano un'aperta sfiducia verso il mondo femminile, ("Women are never to be
entirely trusted not the best of them" - "Non bisogna mai fidarsi completamente
delle donne, nemmeno delle migliori", The Sign of Four) configurandosi spesso
come vere e proprie sentenze lapidarie, ("They often vanish during the cerimony and
occasionally during the honeymoon" - "Le spose spesso si dileguano prima della
cerimonia e talvolta durante il viaggio di nozze", The Noble Bachelor), in The
Man with the Twisted Lip Holmes afferma che l'impressione di una donna può avere più
valore delle conclusioni raggiunte mediante un ragionamento analitico ("I have seen
too much not to know that the impression of a woman may be more valuable than the
conclusion of an analytical reasoner"), mentre in The Adventure of the Illustrious
Client riconosce addirittura che il cuore e la mente di una donna siano enigmi
impenetrabili per un uomo.
E come trascurare il fatto che il personaggio più amato da Sherlock Holmes sia proprio la
regina Vittoria, come dimostra la patriottica sigla V.R. che decora le pareti
dell'appartamento di Baker Street, (The Musgrave Ritual) luogo dove compare
sporadicamente un'altra donna - Mrs. Hudson - che non ha mai osato interferire con le
abitudini alquanto eccentriche del suo celebre inquilino, perché questi sapeva come
accattivarsi le simpatie dell'altro sesso? (The Adventure of the Dying Detective)
La questione della misoginia di Sherlock Holmes è stata ampiamente dibattuta da Carolyn
Underwood, la quale ne ha attribuito la causa a una figura che nell'Inghilterra vittoriana
era pressoché un'istituzione: la bambinaia. Personaggio centrale nella vita di ogni
bambino/a quando questi aveva raggiunto i cinque anni, la Nanny lasciava la famiglia per
assumere un nuovo incarico. Questa consuetudine provocava traumi ai quali nemmeno il
piccolo Holmes dovette essere immune; egli, anzi, trasformò il dolore in risentimento,
rifuggendo per il resto della sua vita ogni tipo di rapporto che avrebbe potuto nuovamente
ferirlo (Carolyn Underwood, "Sherlock Holmes and the Fair Sex: Reopening the
Case", BSJ, N.3, 1985).
Al di là dell'interessante teoria suggeritaci da Underwood, l'ostilità di Holmes verso
il mondo femminile deve invece essere ricercata nella natura della sua stessa professione,
un'attività che, essendo basata su di un rigoroso metodo di indagine logicodeduttivo,
implica la separazione di "ragione" e "sentimento". Se in The
Adventure of Wisteria Lodge Holmes precisa che la sua mente è come una macchina da
corsa, che va in pezzi se non svolge il lavoro per cui è stata costruita ("My mind
is like a racing engine, tearing itself to pieces because it is not connected up with the
work for which it was built"), ne deriva che egli debba rinunciare alle emozioni per
impedire che queste compromettano il funzionamento delle sue stesse facoltà
logico-critiche: "Love is an emotional thing, and whatever is emotional is opposed to
that true cold reason which I place above all things. I should never marry, lest I bias my
judgement" "L'amore è un'emozione e tutto ciò che è emozione contrasta con la
fredda logica che io pongo al di sopra di tutto. Personalmente non mi sposerei per non
offuscare la mia chiarezza di giudizio"(The Sign of Four).
Questo stesso concetto è ribadito anche nel racconto A Scandal in Bohemia, in cui
il detective viene ingannato dall'astuta Irene Adler: "All emotions and that one
particularly, were abhorrent to his cold, precise, but admirably balanced mind" -
"Tutte le emozioni, e quelle in particolare, erano respinte con orrore dalla sua
mente fredda, precisa, mirabilmente equilibrata" (A Scandal in Bohemia).
Il personaggio di Irene Adler, l'unica donna che sia riuscita a sconfiggere Sherlock
Holmes, ha molti tratti in comune con Gabrielle Valladon, l'eroina di The Private Life of
Sherlock Holmes, film del regista Billy Wilder. In entrambi i casi, infatti,
l'investigatore si trova di fronte a due avversari la cui vicinanza compromette seriamente
la risoluzione dell'enigma. Se Irene batte il detective con le sue stesse armi, ricorrendo
a un travestimento che Holmes non riesce a penetrare ("vede ma non osserva"),
Gabrielle Valladon che è in realtà una spia tedesca di nome Ilse von Hoffmanstal spinge
l'investigatore ad infrangere le sue stesse regole. Benché in The Sign of Four
Holmes ribadisca con decisione che un cliente deve rappresentare unicamente un fattore in
un problema, Gabrielle riesce ad abbattere il suo sistema di autodifesa, spingendolo
addirittura a confessarle di essere stato fidanzate con una ragazza così inaffidabile da
morire di influenza 24 ore prima del matrimonio.
L'ipotesi che Sherlock non sia affatto misogino e che la sua ritrosia verso il mondo
femminile sia imputabile, oltre che a diffidenza, al timore che le emozioni amorose
possano compromettere il funzionamento del "più grande cervello del secolo",
viene confermata dall'atteggiamento da lui assunto in svariati racconti: come può dirsi
misogino un individuo capace di instaurare rapporti confidenziali con l'altro sesso (The
Adventure of the Golden Pince-Nez), pronto a riconoscere di essere stato sconfitto da
una donna (Five Orange Pips), o addirittura disposto a non smascherare la consorte
di un importante diplomatico, responsabile dei furto di un prezioso documento? (The
Adventure of The Second Stain).
Lo stereotipo della misoginia di Sherlock Holmes è stato contestato anche dallo studioso
Michael Atckinson. Questi, analizzando il racconto A Scandal in Bohemia in cui il
detective travestito da stalliere funge da testimone alle nozze di Irene, ha ipotizzato
che Sherlock abbia contratto una sorta di matrimonio spirituale con la "Donna".
La suddetta unione non risulta affatto inconsueta, basti pensare al duplice significato
della parola inglese "groom" (stalliere - sposo), e all'atteggiamento di
spaesamento assunto da Holmes durante la cerimonia:
L'ipotesi di un legame tra Sherlock Holmes e Irene Adler viene confermata
anche dalle ricerche svolte da William Baring-Gould, secondo il quale il detective,
durante il periodo in cui si nascondeva sotto il "nome di Sigerson", (The
Empty House) ha di nuovo incontrato "the Woman" con la quale ha avuto
un'appassionata storia d'amore (William Baring-Gould, Sherlock Holmes. A Biography of
the World's First Consulting Derective, 1962).
Giunti a questo punto non mi resta che segnalare un interessante romanzo di Laurie R. King
- The Moor - e sperare che le testimonianze di Mary Russel, partner e legittima
consorte del detective, possano smentire definitivamente un'accusa che da anni oscura la
vita privata del più grande investigatore di tutti i tempi.