L'avventura del minatore mattiniero
(questo racconto è pubblicato all'interno della raccolta di racconti "I casi proibiti di SH" della Hobby & Work, 1998)
- Interessante bigliettino. - commentò Sherlock Holmes rigirandosi tra le mani un cartoncino grigio. - Mi verrebbero da fare alcune considerazioni... Ma mi piacerebbe conoscere prima il suo parere,Watson.
Eravamo nel nostro salottino di Baker Street, intenti a far colazione. Mi ero alzato molto presto quella mattina, contrariamente alle mie abitudini, ed ero rimasto oltremodo stupito di trovare già in piedi il mio coinquilino. Del resto, come ben sapevo, le abitudini mattutine di Holmes erano irregolari come un po' tutta la sua vita: capitava che non si alzasse fino a tardi, come di trovarlo in piedi ad ore antelucane, intento a studiare misteriosi testi di letteratura medioevale, o a riflettere sugli sviluppi di un'indagine. Mi ero pertanto limitato a salutarlo e mi ero seduto a far colazione, in attesa che il mio amico mi spiegasse il motivo di quell'alzataccia.
- Stamane il campanello ha suonato molto presto, - esordì Holmes mentre si imburrava il pane e mi passava il cartoncino - così da buttar giù dal letto la nostra povera governante e me. Quanto a lei, mi sembra di poter dedurre dalla imperturbabilità del suo sonno che il Beaujolais che abbiamo bevuto iersera a cena fosse di ottima qualità...
- Senz'altro vero - brontolai - ma avrebbe potuto dedurlo più che altro dalla pessima notte che ho passato. Mi sono addormentato praticamente all'alba, ed è per questo che non mi sono svegliato alla scampanellata. Ma a proposito, chi era? Non sarà certo stato il postino a recapitarlo a quell'ora...
- Ottima deduzione, Watson. Nessun postino è così attaccato al suo lavoro dallo svolgerlo così fuori orario: d'altronde come vede la busta è priva di timbro. In effetti è stato un monello. Bene, bene: un ottimo inizio.
Cercai di non lasciarmi suggestionare dal tono leggermente professorale di Holmes e di evitare di farmi prendere dalla sensazione di essere sotto esame. Sapevo, anche per le molte esperienze passate, che talvolta il mio amico si divertiva a sfoggiare la sua abilità, non per malizia o senso di superiorità, ma più che altro come dimostrazione delle sue capacità e della potenza del suo metodo deduttivo. La cosa era divenuta tra noi due una specie di divertente passatempo, fonte di piacere intellettuale e di innocua distrazione. E infine, era tale il piacere che provavo a discutere con Holmes di questi argomenti, che avrei sopportato da lui anche qualcosa di più che un amabile presa in giro.
- E' stato scritto in fretta e furia - azzardai. - Credo di poterlo dedurre dalle caratteristiche calligrafiche.
- Ottimo, veramente. Lei mi stupisce, Watson. Continui, la prego.
- Bene, - dissi, incoraggiato dagli apprezzamenti del mio amico - direi che si tratta di una persona poco abituata a scrivere, dozzinale, mal vestita, con macchie d'unto sui polsini. Infine, si tratta di una persona scortese e maleducata.
Sherlock Holmes scoppiò in una bella risata.
- E tutta questa roba da dove la tira fuori? - Fece, mentre afferrava una lunga pipa di radica rossa dall'agile fornello e cominciava a caricarla di trinciato forte.
- Non è d'accordo? Eppure mi sembrava così chiaro... Il biglietto non è su carta intestata, come usa un uomo di mondo: qua e là le lettere sono spezzate, con macchie d'inchiostro, evidentemente perché l'autore del messaggio non ha dimestichezza col pennino. E' sporco di grasso, unto e macchiato in diversi punti: è poco probabile che un uomo con le mani e polsini così sporchi vesta in modo decente. Quanto al suo carattere, un individuo che butta giù dal letto il prossimo e non sente neppure il dovere di scusarsi non può essere definito una persona beneducata!
Il grande investigatore sorrise, mentre si accendeva la pipa, si scostò dalla tavola e cominciò a passeggiare tra una sbuffata e l'altra di fumo, mentre la stanza si riempiva lentamente di nuvole azzurrognole e profumate.
- C'è del buono nelle sue osservazioni, mio caro Watson, ma lei tira un po' troppo alle conclusioni. L'azzardo non è mai una buona caratteristica del detective: bisogna naturalmente saper rischiare qualcosa, ma a tempo e luogo, e quando si hanno in mano solidi fatti. Cosa abbiamo qui? Un biglietto sporco. Se lei osserva controluce, si accorgerà che è marcato con le iniziali della compagnia ferroviaria che gestisce le linee per il nord. Si tratta di uno di quei biglietti che si trovano nei locali delle stazioni, a disposizione del pubblico. Le sue deplorevoli condizioni sono quindi almeno in parte da ascrivere alla trascuratezza del personale addetto alla manutenzione dei locali, più che a quella dell'autore del messaggio... Lo stesso dicasi della supposta incapacità di scrivere del nostro amico; se lei avesse mai vergato una ricetta con uno dei pennini lasciati nelle stazioni, mezzi rotti e mal puliti come sono, dubito che i colleghi del suo Ordine l'avrebbero lasciata esercitare la sua professione. Tuttavia alcune di queste macchie sono più interessanti. Vede questo piccolo segno nero, che si ripete mezzo pollice a destra di tutte le "t"? Vergando questa lettera l'autore del messaggio urta la carta con l'unghia del mignolo e lascia un impronta inconfondibile. E' polvere di carbone.
- Un minatore?
- Bravo, Watson. Un uomo che arriva a Londra nel primo mattino dal Nord, che per scrivere un biglietto usa il materiale della stazione, che ha polvere di carbone sotto le unghie, dovrebbe appartenere a questa categoria di lavoratori. Quanto al carattere, lei ha ragione, è un tipetto deciso: senta un po' qua: "La prego di ricevermi per una questione della massima importanza. Sarò da lei alle 7.30. James Pordees." Accidenti! Neppure i saluti! Però potrebbe avere dei motivi urgenti. In fondo se si è scapicollato nel cuor della notte fino a Londra per consultarci avrà i suoi motivi. Comunque lo conosceremo presto. Toh - aggiunse, osservando fuori dalla finestra - eccolo che viene.
Non feci in tempo ad affacciarmi alla finestra prima della scampanellata, e dovetti dunque attendere che la nostra governante aprisse e che si sentissero i loro passi su per le scale. Quando Holmes aprì, mi trovai davanti un uomo massiccio, dall'espressione fiera e decisa. Contrariamente a quanto avevo previsto era vestito in modo dimesso, ma presentabile, in particolare senza quei tratti di sporcizia e disordine che avevo supposto. Se, come del resto non avevo motivo di dubitare, era un minatore, doveva aver indossato i vestiti puliti della festa, ed essersi preparato a fondo per questa visita in città: le tracce di carbone sotto le unghie dovevano essere le uniche tracce del suo lavoro. Entrò nella stanza e, dopo i convenevoli di rito, si sedette e cominciò a parlare con una voce strana, profonda e sonora, eppure lievemente esitante.
- Sarò di poche parole, anche perché mi rendo conto che il vostro tempo è prezioso. Vi prego di assistere me e i miei compagni in una grave questione.
- Vuole spiegarsi meglio? Cosa intende per "grave"?
- Sono morte due persone, e non capisco come.
Sherlock Holmes si allungò sulla sua poltrona, socchiudendo le palpebre, mentre con la mano cercava del tabacco nella pantofola persiana appoggiata vicino a lui.
- Lei intende dire che qualcuno è stato assassinato?
L'uomo scosse la testa vigorosamente.
- No! - Disse con voce vibrante e stringendo forte, così mi parve, i pugni. - I miei poveri compagni sono morti per un incidente. Ma forse è meglio che vi passi questo: quest'infame giornalaccio sarà almeno servito a qualcosa, oltre che ad infangare l'onore di tutti noi.
Mi allungò una copia di un giornale del mattino fresco di stampa, aperto a metà, indicandomi un trafiletto. A un cenno di Holmes, che fumava semisdraiato sulla sua poltrona, cominciai a leggere. "Ultime notizie: tragedia nello Yorkshire. Ieri mattina poco dopo le quattro sono stati ritrovati in una vecchia galleria abbandonata della miniera di Addleton i corpi di due minatori, periti in uno sciagurato tentativo di sabotaggio. Nella miniera è in atto da tempo uno scontro tra i dirigenti e alcuni mestatori che aizzano le maestranze. Una delle vittime era appunto uno di questi individui, anche se ultimamente era divenuto impiegato della direzione: l'altro, anch'egli noto per essere una testa calda, era uno dei minatori più anziani e di esperienza... I due, James Weighton e Charles Rodbee, erano stati visti l'ultima volta l'altra sera aggirarsi furtivamente nei pressi dell'ingresso della miniera. Il sorvegliante, Thomas Craksee, li aveva individuati, ma i due avevano dichiarato di aver bisogno di rientrare in miniera per ritrovare degli oggetti di valore là dimenticati. Una tale debole scusa era comunque bastata all'ingenuo sorvegliante perlasciarli passare. Craksee poi, essendosi addormentato per alcuni minuti, non si era preoccupato per il mancato ritorno dei due, che credeva esser usciti durante il suo sonno: e così la tragica scoperta è avvenuta solo la mattina dopo, all'ingresso del nuovo turno dei minatori in miniera. I due sciagurati erano stati colti da una fuga di "grisou", il micidiale gas che tante tragedie ha già provocato, mentre preparavano un attentato che avrebbe dovuto bloccare la miniera per settimane o mesi, costringendo all'inattività l'azienda. Quale commento si può enunciare su una così triste vicenda? Evidentemente l'odio di classe così abilmente e velenosamente sparso dagli agitatori tra gli strati più semplici dei nostri lavoratori ha richiesto un altro contributo di sangue. Non rimane che sperare nel buon senso e nella moderazione dei cittadini, oltre che nel perdono di Dio verso i due attentatori."
L'articolo continuava su questo tono per ancora una buona mezza colonna, ma non erano citati altri fatti. Ripiegai il giornale e mi rivolsi al nostro ospite.
- Una penosa vicenda. Tuttavia, sembra che sia chiara: non comprendo quale tipo di aiuto lei richieda.
L'omone si agitò sulla seggiola, troppo piccola per lui.
- E' tutta la storia che non va. Voi non li conoscevate, ma io sì. Weighton era stato uno dei capi del sindacato, fino a pochi mesi fa. Poi, improvvisamente era stato promosso impiegato, era uscito dalle gallerie ed era andato a fare il "colletto bianco" in direzione. Un tradimento troppo sporco per passare inosservato, e infatti era stato espulso dal sindacato. La nostra è una realtà difficile, specie in questo momento in cui si riparla di sciopero: siamo come in guerra, e per i voltagabbana non c'è posto. Jimmie era stato espulso non solo dal sindacato, ma anche da tutto il villaggio dei minatori...
- Viveva da un altra parte?
- Oh no, non sarebbe neanche possibile da noi. Viveva sempre nello stesso posto, ma non esisteva più per nessuno: nessuno gli rivolgeva più la parola. Ora, che ci faceva lui di punto in bianco, insieme al vecchio Rodbee, uno dei vecchi del gruppo?
- Bene, il secondo potrebbe aver convinto il primo a riprendere le vecchie idee...
- So bene che per voi siamo tutti criminali, signore, - replicò il minatore con un ghigno amaro - ma per quanto la stupisca io escludo che il vecchio Rodbee, o qualcun altro del sindacato potesse pensare a un atto del genere. Chiudere la miniera vuol dire fame per tutti noi. E poi c'è un altra cosa... Rodbee, ve l'ho detto, era uno dei più esperti tra noi. Non si sarebbe mai avventurato di notte, senza aiuto, in una galleria morta zeppa di grisou senza portare le maschere di protezione. Lo sapevano tutti che lì c'era gas. No, questa storiapuzza.
- Mi faccia capire bene. - disse Holmes dopo un attimo di silenzio. Se ho capito bene, lei teme che il traditore sia stato eliminato dal vecchio Rodbee per vendetta, e che questo sia tragicamente perito, è così?
- Devo confessare che è una delle ipotesi che mi tormenta di più da ieri. Perchè se è esatta, allora una spirale di violenza si è già aperta tra la mia gente, e niente potrà più fermarla... ma non escludo nessuna ipotesi. Devo essere molto chiaro, signori. A questo punto la morte del vecchio Rodbee e di quel traditore, che pure fu mio amico, mi può sconvolgere personalmente, ma non mi preoccupa dal punto di vista politico. Ciò che mi terrorizza è che questa tragica vicenda instauri un clima di dicerie e pettegolezzi, che potranno essere usati dalla direzione contro di noi. E a quel punto, tutto potrà accadere: anche una sommossa, che temo come la peste, perché vorrebbe dire una repressione feroce: ci spazzerebbero via. Debbo essere chiaro: - proseguì dopo un attimo - se voi accetterete questo caso non avrete che guai. I miei compagni penseranno che siete dei piedipiatti, e faticherò per tenerli a freno: quanto ai dirigenti sapranno che vi ho chiamati io, e riterranno quindi che siete dalla nostra parte. Per di più non ho molto denaro per pagarvi: non potrei quindi biasimarvi se rifiutaste...
Un lungo silenzio calò nella stanza, rotto solo dal rumore del traffico che cominciava a salire da Baker Street. Quante volte un simile intervallo di silenzio era stato il prologo ad avventure che mai più avrei dimenticato!
- Mi spiace deluderla... - Cominciò Sherlock Holmes, riscuotendosi.
- Lo temevo. - Lo interruppe bruscamente Pordees scattando in piedi. - Mi ero illuso che il suo senso di giustizia le facesse contravvenire alle differenze della nostra condizione...
- Mi spiace deluderla, - riprese imperturbabile il mio amico - ma la questione del prezzo non mi interessa affatto. Stavolta lavorerò gratis: ma a modo mio. Non mi riterrò obbligato a nessun riguardo verso lei e suoi compagni, e accerterò la verità, qualunque essa sia. Sono un leale suddito della Corona, e come tale mi comporterò. Watson, sarà dei nostri anche lei?
Mezz'ora più tardi filavamo nella campagna a bordo dell'espresso per lo Yorkshire. Fu un viaggio piuttosto lungo, ed ebbi modo di osservare a lungo il nostro compagno. Pordees era un uomo cupo, forse angosciato in quel particolare momento della sua vita: comunque molto concentrato, pratico ed essenziale in tutto quello che faceva. Mi dava l'impressione di un uomo che rimuginasse pensieri tali tra sé e sé da non aver tempo da perdere coi suoi simili. La piega amara della sua bocca, le rughe verticali sulla sua fronte, l'aspetto corrugato delle sue sopracciglia non scomparivano neppure nei momenti di riposo, attenuandosi solo nel sonno. Fu proprio approfittando di uno di questi rari momenti di appisolamento del minatore che mi rivolsi ad Holmes affrontando l'argomento che mi tormentava fin dal mattino.
- Lungi dal criticarla, caro Holmes: ma si rende conto che accettando questo caso lei rischia di fare il giuoco dei laburisti?
Holmes alzò le spalle. - E allora? Di chi farei il giuoco se non lo accettassi? No Watson, non cado in trappole siffatte. Io tiro diritto alla verità, senza guardare in faccia nessuno, sotto qualunque bandiera si protegga: e se altri vogliono trarre profitto da ciò facciano pure, se credono e se possono. Fu proprio lei, del resto, al termine della nostra prima avventura, quella che poi fu data alle stampe con il titolo di "Uno studio in rosso" a consigliarmi di attenermi a Plauto: "Populus me sibilat, at mihi plaudo / ipse domi, simul ac nummos contemplor in arca". E' ciò che faccio.
Fu un viaggio lungo e noioso quello fino al piccolo villaggio di Addleton, nello Yorkshire, in cui arrivammo al tramonto a bordo di uno scalcinato calesse. Era davvero un povero paesotto, tutto raccolto attorno alla miniera: simile a tanti altri agglomerati di famiglie di minatori in tutto il paese. Il buio che calava veloce accentuava le tinte fosche delle case, aggrappate le une alle altre come per non cadere e accalcate a raggiera intorno alla palazzina della direzione: quasi dipendenti da essa, come i loro abitanti, o forse strette attorno nel tentativo di concentrarsi ad ascoltare, nello sforzo di udire quell'allarme che tutti speravano non udire mai, e che purtroppo talvolta suonava, e suona tuttora a scandire terribili tragedie sotterranee. Sembrava quasi che il carbone di cui quella gente viveva fosse entrato come una maledizione nelle loro vite, dipingendo di nero i tetti, le imposte, le strade, il cielo stesso, in cui non spuntava una stella. Dalle finestre sprangate non fuoriusciva uno spiraglio di luce, che testimoniasse la vita, la gioia, il calore di un focolare. L'atmosfera cupa e pesante che avvertivo era accentuata dal silenzio innaturale e dalla tensione di cui era carica l'aria. Il calesse si fermò in uno spiazzo, l'unico che avessimo visto fino a quel momento tra i sordidi vicoli del villaggio, davanti ad una palazzina dall'aspetto meno tetro, che ci fu detto essere la direzione. Pordees ci fece strada, guardandosi attorno con aria preoccupata.
- Brutta aria! - Commentò. - Devono essere tutti alla camera ardente. E le famiglie asserragliate in casa... brutta, brutta aria! Ma ecco il direttore, il signor Dreeson.
Pordees ci presentò con poche, secche parole, all'uomo che ci era venuto incontro, prima di accomiatarsi. Si trattava di una persona distinta, sulla quarantina, vestito sobriamente ma con eleganza. Il viso, incorniciato da una barbetta rada, esprimeva intelligenza ed apertura mentale, mentre lo sguardo franco e diretto suscitava fiducia e simpatia.
- E' per me un onore, signori, fare la vostra conoscenza: vi conosco di fama e so bene chi ho di fronte. Mi spiace solo che vi siate sobbarcati un tale viaggio per una questione così poco importante, dal vostro punto di vista intendo. Spero comunque che vorrete essere miei ospiti finché resterete: non ci sono alberghi qui ad Addleton.
- Cosa ha concluso la polizia?
- E' stata una disgrazia, pare dopo un tentativo di sabotaggio, almeno a giudicare dalla dinamite e dalle micce lente che avevano con sè.. L'inchiesta è aperta e sarà discussa davanti al Coroner nei prossimi giorni. Si sono avventurati in una vecchia galleria abbandonata, in una zona facile alle frane: uno smottamento ha bloccato il pozzetto d'aerazione e la galleria s'è riempita in pochi minuti di grisou. Non hanno avuto scampo, poveretti. Naturalmente appena scoperto l'accaduto ho fatto riaprire il pozzetto e quel punto della miniera è di nuovo agibile. Ciò che non è chiaro è se Rodbee abbia attirato l'altro per ucciderlo, e poi sia rimasto a sua volta vittima del grisou, o se davvero i due fossero d'accordo...
- Ma Weighton non era fedele alla Direzione?
Il direttore allargò le braccia. - Cosa vuole che le dica, - disse - ne eravamo convinti, ma a questo punto... Fino a qualche mese fa era uno dei più accesi nel gruppo delle teste calde: poi venne da me e mi disse che aveva dei problemi, suo figlio era malato... insomma mi fece capire che sarebbe stato felice di metter la testa a posto, se gli avessi dato una mano. Così feci, e gli procurai un posto in amministrazione. Credevo non ci fossero più problemi con lui.
- E ora com'è la situazione nel villaggio?
- Abbiamo avuto momenti di maggior tensione, ma certo che il clima è pesante. La gente è spaesata, non sa cosa pensare. Si teme un colpo di testa dei soliti esagitati. Certo che l'hanno fatta grossa: far saltare i pozzi! Sto tentando di calmare le acque: ho insistito con la polizia perchè non intervenissero in forze nel villaggio, e si l imitassero a presidiare l'ingresso in miniera: ma al primo incidente dovrò richiedere l'intervento. E allora Dio solo sa che cosa può succedere, purtroppo!
- E' possibile vedere i corpi?
- Se ve lo permettono i loro compagni. Sempre per evitare incidenti ho fatto allestire qui due camere ardenti distinte. Sono presidiate da un gruppetto di minatori. Se andate di là sarà bene che io non mi faccia vedere: se avete bisogno, vi prego di disporre di me.
Ci recammo nelle salette del piano terra allestite a camere ardenti: là, insieme ai parenti delle vittime e a un nutrito drappello di minatori, ritrovammo Pordees, che ci fece passare. Non starò qui a descrivere lo strazio di quella povera gente, e neppure la dignitosa severità dei minatori. Ero troppo abituato, a causa delle mie esperienze militari e della mia professione, allo spettacolo della morte e del dolore che essa provoca tra chi continua a vivere, per restare troppo impressionato da uno spettacolo del genere, per quanto penoso e coinvolgente. Ma fui colpito dalla differenza del trattamento riservato a questi due morti: l'uno, il "traditore" Weighton, giaceva in una stanza disadorna e buia, vegliato solo dai suoi cari in lacrime, senza un fiore, senza qualcuno che venisse a salutarlo un'ultima volta. L'altro, Rodbee, era circondato dai suoi compagni, dalla commozione e dal ricordo di tutti. Così poco sanno perdonare gli uomini, pensai, dal non saperlo fare neanche davanti a Colei che tutti, comunque, renderà uguali...
- Hanno già emesso la loro sentenza, Watson! - Mi sussurrò Sherlock Holmes. - Che Iddio ci perdoni tutti, noi e i nostri rancori...
Dopo un intervento di Pordees gli astanti si ritirarono, con fare riluttante, non senza aver lanciato lunghe occhiate sospettose, così da permettere a Holmes di esaminare i cadaveri. L'investigatore si chinò a scrutarli da vicino, osservando la punta delle mani, il viso, il cuoio capelluto. L'esame fu lungo e approfondito, e sarebbe durato forse ancora più a lungo se un brusio proveniente dal corridoio non ci avesse avvertito che la pazienza dei minatori stava esaurendosi.
- Andiamo, Watson. Vediamo se il nostro amico Pordees ci può accompagnare in galleria!
- A quest'ora di notte?
Holmes alzò le spalle. - In fondo non è poi così tardi. E quanto al buio, immagino che là sotto notte o giorno faccia poca differenza. Ma forse lei vuol cenare, prima?
- Me ne guardo bene! - Risposi con tono lugubre. - Son certo che mi sarebbe difficile digerire. Le confesso che l'idea di ficcarci sottoterra mi riesce alquanto sgradevole...
- Su, su, un vecchio militare come lei! D'altronde è necessario: per quanto siano passate ormai ventiquattr'ore dalla scoperta, e quasi quarantotto dai fatti, possiamo sempre sperare di trovare qualcosa di significativo.
Pordees ci guardò con un'aria stupefatta quando il mio amico gli spiegò le sue intenzioni, ma non ebbe nulla da obiettare. Ci accompagnò fino all'ingresso della miniera, presidiato dagli agenti di guardia. Per fortuna la fama di Sherlock Holmes era in quel periodo diffusa in tutto il Regno Unito, e il sergente che comandava il drappello non se la sentì di negarci il permesso d'entrare: fu proprio lui anzi, ad accompagnarci, proibendo l'accesso a Pordees.
- Brutto soggetto, quello: un vero capopopolo.- Commentò poi, non appena il minatore si fu allontanato.- Ma venite, seguitemi pure! E prendete queste maschere: possono salvare la vita, là sotto...
Attraversammo il vasto spiazzo tra i cancelli e i montacarichi che consentivano agli operai di scendere nei pozzi. Credo di aver già detto che era una notte di novilunio, per di più senza neppure la luce delle stelle a causa di uno spesso strato di nuvole. Per quanto mi sforzassi, perciò, non riuscii a vedere molto di ciò che mi circondava: riuscii a distinguere la baracca del sorvegliante, accanto ai cancelli, e parte della rete che recintava la zona. Il terreno fangoso era stato reso compatto dal calpestio di centinaia di suole, quelle dei minatori che ad ogni turno da sempre compivano lo stesso nostro tragitto. Quando ci infilammo nella gabbia che fungeva daascensore, e questa cominciò ad inabissarsi con uno spiacevole, fragoroso cigolio, nelle viscere della terra, il mio ultimo sguardo prima del buio fu per il fuoco intorno a cui si scaldavano i poliziotti: e un fremito di angoscia mi fece trasalire, al pensiero che forse mai avrei rivisto la luce. "Ridicolo!" Dissi a me stesso, cercando di riscuotermi al pensiero che tanta gente faceva ogni giorno quel viaggio nel ventre della terra. Ma non riuscii a scrollarmi di dosso quella fosca sensazione di pericolo e di orrore che mi attanagliava: solo oggi comprendo che doveva trattarsi di uno di quegli ancora misteriosi meccanismi di premonizione che la nostra coscienza avverte nei momenti cruciali. Il sergente manovrò abilmente i meccanismi della gabbia fin che non ci fermammo.
- Il pozzo principale - disse. - I minatori partono di qui per raggiungere le gallerie attive. Venite.
Ci fece strada, illuminando il sentiero sotterraneo con una lampada di sicurezza. L'ambiente era vasto, molto più grande di quanto non mi aspettassi, reso forse ancora più enorme dal buio che ci sovrastava. Si trattava di una specie di ampia caverna da cui si dipartivano delle vere e proprie gallerie. Il sergente ci pilotò verso una di esse.
- Dovremo andare a piedi, senza poter usare i carrelli. E' una vecchia galleria abbandonata, non ci sono binari laggiù. State attenti: il primo tratto è in discesa. E' stato un miracolo che i corpi siano stati ritrovati perché normalmente nessuno entra in questa galleria. Ma giusto all'imbocco era caduto il berretto di Rodbee e allora i minatori si sono insospettiti. Poi hanno trovato le tracce, e allora...
- Quali tracce? Il terreno è di roccia...
- Qui sì, ma più in giù è fangoso al centro, anche se rimane roccioso su di un lato. C'è una fila di impronte proprio nel mezzo, di due uomini che vanno fino in fondo alla galleria. Non tema signor Holmes, ho letto i racconti del Dottor Watson e so come la pensa su queste cose: siamo stati molto attenti a camminare di lato e a non calpestarle.-
Poco dopo, dall'angusto tunnel discendente in cui ci trovavamo, sbucammo in una galleria un poco più ampia, quasi orizzontale. Fu lì che trovammo le impronte che cercavamo: Sherlock Holmes ci si tuffò letteralmente sopra, con un ardore e una foga che, pur abituali in lui, mi stupirono un poco. Cosa pensava di scoprire Holmes da quelle orme? In fondo sapevamo bene che i due erano scesi da soli, nè da quei dati si potevano trarre elementi che chiarissero la dinamica dei fatti successivi. Omicidio o disgrazia? Questa era la domanda cui dovevamo rispondere. Ma conoscevo la natura meticolosa del mio amico, e la sua estrema attenzione, quasi la mania, di ricostruire ogni passaggio di ciò che era avvenuto, quando eseguiva un indagine: precisione e meticolosità che sembrava dimenticare in ogni altro aspetto della sua vita. Conclusi dunque che Sherlock Holmes stava semplicemente esaminando tutti i dati a sua disposizione, anche se apparentemente trascurabili.
- Notevole! - Disse a un certo punto. - Qui si sono fermati un poco: le impronte si calpestano tra loro. Lei è stanco, Watson?
- Niente affatto, grazie! - Risposi, un pochino piccato per la scarsa considerazione che Holmes aveva della mia resistenza fisica. Continuammo per altri dieci minuti, sempre attenti a non calpestare, cancellandole, le orme che i due attentatori avevano lasciato percorrendo la galleria. D'un tratto questa si allargò un poco, terminando bruscamente in un piccolo spiazzo, se così si può definire un luogo scavato nella viva roccia, alto sette piedi circa e non più largo di nove. Là - ci spiegò il poliziotto - erano stati ritrovati i corpi dei due minatori uccisi dal grisou. Cercai di non pensare che un'altra fuga di gas era possibile in qualsiasi momento, e che tonnellate di roccia e carbone si trovavano sulle nostre teste, trattenute dal franarci addosso solo dalle travi di legno che sostenevano l'intera galleria, e di concentrarmi invece sulle tracce che ancora mostrava la fanghiglia.
- Ma che fa, Holmes? - dissi stupito. - Sta camminando sulle impronte!
- Ah, sì? - Replicò il detective, guardando in basso per un attimo - Non so proprio dove avevo la testa... divengo ogni giorno più distratto. Comunque grazie, Watson. Qui abbiamo finito. Vogliamo tornare?
Il poliziotto sembrò allibito, ed io lo ero con lui. Avevamo camminato per quasi venti minuti, nella notte, in angusti cunicoli, con non pochi rischi, per raggiungere quel luogo di morte, il tutto dopo una faticosa giornata di viaggio: ed ecco che Holmes, che tanto aveva insistito per effettuare subito quella spedizione, non considerava degno il luogo neppure di un minimo di indagini. Ero letteralmente furioso e ci volle tutto il mio self-control per non esplodere ed esprimere al mio amico le mie rimostranze. D'altra parte una lunga vicinanza al grande investigatore mi aveva dimostrato più volte che quelle che sembravano stranezze e bizzarrie dettate da un carattere capriccioso, si rivelavano quasi sempre mosse studiate all'interno di una sagace strategia operativa. Decisi quindi filosoficamente di ingoiare il rospo e seguire il risentito sergente indietro, lungo il buio cunicolo. Non ci scambiammo commenti, quella sera, e al di là di un cortese "buona notte" non ebbi modo di parlare con Holmes. Fu perciò solo la mattina dopo a colazione, gentilmente offertaci dalla Direzione di cui eravamo ospiti, che potei chiedergli cosa pensava del caso.