Sir Arthur Conan Doyle, Sherlock Holmes e il Canada
di Alessandro Gebbia
A voler ripercorrere la fortuna di Sherlock Holmes in Canada appare subito evidente, al di là dell'incredibile successo decretato al Grande Detective da una società coloniale che più di ogni altra ha fatto della fede vittoriana la propria bandiera, che esistono legami e riferimenti talmente radicati da superare i confini del più generale mito letterario. Alcuni - e non di poco conto - appartengono all'ambito della biografia stessa del suo creatore; altri, non meno interessanti, a quello dell'anedottica. Entrambi, a ben guardare, si configurano come elementi poco conosciuti che possono, da un lato, contribuire a fornire nuovi indizi e nuovi stimoli al dibattito ultracentenario sul Canone, dall'altro giustificano la presenza di così numerose Societa Holmesiane e di altrettanto numerosi studiosi ed appassionati.
Mettendo, dunque, da parte (ma non sottovalutandoli affatto) l'enorme diffusione di The Strand Magazine in questo lembo d'Inghilterra trapiantato oltreoceano e l'interesse per delle trame romanzesche che, nella loro minuziosa ricostruzione topografica, alimentano il ricordo della madrepatria e di Londra in particolare, il punto di partenza del mio intervento odierno non può che essere il variegato rapporto che lega Sir Arthur Conan Doyle al Canada. Un rapporto che nasce nel 1880 quando il nostro, ancor giovane ed inesperto studente del terzo anno di medicina, si imbarca in qualità di chirurgo a bordo della SS Hope di Peterhead, una baleniera che batte le rotte della pesca tra Terranova e la Groenlandia. L'esperienza, durata sette mesi, è di quelle destinate a segnare per sempre la vita. E' soprattutto l'incontro con l'Artico, lo spazio infinito e silenzioso che gli si spalanca dinanzi una volta oltrepassata la "Magic Door" a colpire, come ricorda nell'Autobiografia, il suo animo romantico. A colpirlo a tal punto che quando decide di intraprendere la carriera di scrittore, il primo nome che immagina per il suo eroe più famoso è proprio Sherringford Hope. E anche quando lo cambia in Sherlock Holmes, Hope ritorna in numerosi resoconti del Dr. Watson: da un Jefferson Hope in Uno studio in rosso (1887) e ne Il segno dei quattro (1890), a Trelawney Hope, membro del governo di Lord Bellinger, in "La seconda macchia". Così come il Canada, in forma di piccole citazioni, ritorna in tre avventure del Canone: ne "Il capitano di lungo corso" (1904), incluso nella raccolta Il ritorno di Sherlock Holmes(1905), SH risolve il mistero della sigla "C.P.R.", identificandola con la Canadian Pacific Railways. Ne "L'avventura dei Faggi Rossi" (1892), che appartiene a Le avventure di Sherlock Holmes (1903), uno dei personaggi viene comandato a Halifax, mentre come vedremo, la terza appartiene a Il cagnaccio dei Baskerville.
Tale rapporto, mantenuto vivo dalla corrispondenza con alcuni amici scozzesi emigrati, tra cui lo scrittore Robert Barr, è destinato ad assumere nuove prospettive nel 1894, quando ormai affermato autore e dopo aver pubblicato "Il problema finale", viene invitato a compiere un giro di conferenze negli Stati Uniti e in Canada. A far da tramite è proprio Barr che lo mette in contatto con Samuel Sidney McClure, editore di quel McClure's Magazine che per primo pubblica le sue opere al di là dell'Atlantico, e che del viaggio stesso si fa promotore. Lo stesso Barr lo accompagna nella parte canadese e si dice che, dinanzi allo spettacolo maestoso delle Cascate del Niagara, i due abbiano discusso a lungo della decisione di far scomparire per sempre un ormai ingombrante, per Doyle, Sherlock Holmes. Il risultato di questa animata conversazione è "The Great Pegram Mystery", forse il primo apocrifo di qualità ad essere scritto ed il cui protagonista è Sherlaw Kombs, che Barr, con le debite scuse all'amico Doyle e al compianto Holmes, pubblica di lì a pochi mesi in una raccolta di racconti dal titolo The Face and the Mask (1895), ottenendo un grande successo tra il pubblico dei lettori. Dal canto suo, Sir Arthur rimane, ancora una volta, colpito dalla bellezza del paesaggio canadese, come dimostra la poesia "The Athabasca Trail", composta per il discorso che pronuncerà al termine dell'incontro, promosso ad Ottawa dal Canadian Club il 2 luglio 1914, i cui ultimi versi suonano:
Madre di una razza possente, terra di
bellezza e speranza,
Dalle isole orientali battute dal mare ai
soleggiati declivi occidentali,
Sempre più il mio cuore batte per te, eppure
sembra fermarsi,
Mentre con il mio zaino percorro la pista
di Athabasca.
Molto meno rimane colpito dai suoi abitanti che, pure dotati di grande coraggio, gli appaiono ottusi e privi di ogni dote immaginativa. Ben lontani, insomma, dagli intrepidi pescatori di cui aveva condiviso l'esperienza. E questa impressione la ritroviamo ne Il cagnaccio di Baskerville. Sir Henry Baskerville è, infatti, l'unico personaggio canadese (o almeno che possiamo reputare tale) ad apparire nel Canone, considerando il fatto che Meyers, il calzolaio di Toronto, è soltanto un nome. Certo a rileggere le parole di Watson, la descrizione di un uomo che per ben due notti di seguito si fa rubare gli stivali posti fuori della porta della propria camera d'albergo e che si innamora della moglie di un altro, credendola la sorella, nonostante tra i due non esista alcuna somiglianza fisica, non deve essere piaciuta affatto ai lettori canadesi.
La risposta, pressoché immediata, la troviamo in un delizioso e pungente apocrifo di Stephen Leacock, stimato professore di economia ed arguto umorista, intitolato "Maddened by Mystery: or, The Defective Detective". Il racconto, incluso successivamente nei Nonsense Novels (1911) e ritenuto, a tutt'oggi, il miglior esempio di letteratura poliziesca prodotto in Canada, ricambia Doyle di eguale moneta. "The Great Detective" (il nome Holmes naturalmente non compare e Watson è definito "il segretario") ha i tratti di una caricatura e lo vediamo impegnato a risolvere il rapimento del Principe di Wurttbergen. All'apparenza si tratta di un complotto internazionale contro la monarchia. In realtà, il Principe, veniamo a scoprire, altri non è che un cane da mostra, un dashund, vincitore di numerosi premi internazionali. Così, alla fine, per salvare l'onore dell'Inghilterra e le casse della Contessa di Dashleigh, la padrona, il "grande Detective" ne assume le sembianze, parte scodinzolando al guinzaglio alla volta di Parigi, ottiene il primo premio all'Esibizione Canina, ma essendo sprovvisto di medaglietta, viene catturato dall'accalappiacani e scompare.
La vendetta consumata dalla velenosa penna di Leacock, pur trovando entusiasti sostenitori, non altera affatto la fortuna di Holmes in Canada né modifica il rapporto con Doyle. Il quale, quasi a parziale riparazione, attribuisce al Canada un ruolo centrale nella cosiddetta "Bimetallic Question", che vede impegnato Mycroft Holmes ne "L'avventura dei progetti Bruce-Partington"(1908), cioè nella crisi dei cambi generata dal passaggio dall'argento all'oro nel conio delle monete. Quindi ad accettare, nel 1914, l'invito del Governo canadese a visitare il Parco Nazionale di Jasper e l'Athabasca Trail nelle Montagne Rocciose settentrionali. Durante il viaggio, compiuto in compagnia di Lady Doyle, Sir Arthur viene contattato dal Canadian Club per tenere una serie di conferenze in tutto il Paese. Come ricorda in Western Wanderings (1915), le città prescelte sono Montreal, Winnipeg, Edmonton ed Ottawa. In ognuna di esse partecipa ad un pranzo in suo onore, al termine del quale pronuncia un breve discorso. Il più singolare tra questi - e il più interessante ai fini della nostra ricerca - è "Il futuro della letteratura canadese" con cui conclude la serata a Montreal, il 14 giugno 1914. In venti minuti, dopo aver riassunte le proprie idee sull'arte dello scrivere, sottolineando l'importanza di un continuo approfondimento della propria cultura attraverso la lettura, egli inizia a parlare, seppure in modo semplicistico e superficiale, della letteratura canadese, dei suoi innegabili progressi e del ruolo futuro che le è assegnato nell'ambito di quelle di lingua inglese. Le parole di stima e di incoraggiamento con cui conclude il breve intervento suonano, sulla base di quanto abbiamo detto, più riparatrici che sincere, atte a blandire e soddisfare la fede incrollabile di un pubblico di lettori sempre più numeroso, grazie alle continue ristampe delle edizioni americane (la prima edizione canadese di The Complete Sherlock Holmes, in due volumi, si avrà, infatti, soltanto, nella primavera del 1980, per ragioni di copyright).
Con il viaggio del 1914 si conclude il rapporto, più o meno diretto, tra Doyle e il Canada. Il successo del giro di conferenze, fortemente amplificato dalla stampa nazionale e locale, rinverdisce la fortuna di Holmes, soprattutto su di un piano prettamente commerciale. Il boom editoriale fa da traino, prima, alle numerose produzioni teatrali che da Broadway si spingono in tournée nelle più importanti città canadesi, poi, a partire dagli anni trenta, alle versioni cinematografiche, prodotte in Inghilterra e negli Stati Uniti. Tra queste, nella serie della Universal con Basil Rathbone e Nigel Bruce, Sherlock Holmes e l'artiglio scarlatto, uscito nel 1944, è l'unico ambientato in Canada, tra Quebec City (dove si è appena tenuta la Prima conferenza con Roosevelt, Churchill e Stalin) e il vicino villaggio de La mort rouge, per motivi politici e propagandistici. La conferma la troviamo nel finale: ad un Watson che avrebbe desiderato conoscere meglio il Canada, Holmes risponde con le famose parole di Churchill "Canada, the link which joins together these great branches of the human family". Sempre nello stesso periodo non meno interessanti sono le riduzioni radiofoniche prodotte dalla BBC e, successivamente anche dalla CBC, la radio canadese, che raggiungendo anche i più sperduti avamposti della civiltà, contribuiscono a rendere Holmes una sorta di eroe nazionale. In anni più recenti la serie televisiva prodotta dalla Granada con Jeremy Brett, nei panni del Nostro, non ha del tutto convinto il pubblico e la critica canadesi, più propensi ad elogiarne la ricostruzione ambientale ed i personaggi minori.
Tuttavia, al di là di questo, poco o nulla si muove sul piano del dibattito e della critica. Devono passare circa cinquant'anni prima che questi germi inizino a produrre dei frutti. Lentamente e come conseguenza del cosiddetto "Rinascimento canadese", che vede una nuova e straordinaria fioritura della letteratura e delle arti canadesi, anche i generi minori trovano una loro via di sviluppo. Ecco allora che lo strumento dell'apocrifo viene nuovamente utilizzato: all'inizio delle insipide imitazioni dei modelli americani, poi con il trascorrere degli anni e l'avanzare del Postmoderno, trame sempre più legate all'ambiente canadese. Tra i tanti, vale la pena ricordare Ronald C. Weyman, autore di una trilogia che comprende Sherlock Holmes and the Mark of the Beast (1989), Sherlock Holmes and the Ultimate Disguise (1991) e Sherlock Holmes: Travels in the Canadian West (1994), tutti ambientati nel 1892. Oppure, ma qui siamo nell'ambito del puro divertimento, Uno Scandale in Boemia (sic!) Scritto nel 1990 da Peter H. Wood, il quale immagina che Giacomo Puccini, dopo il successo de La Boheme, sia alla ricerca, nel 1896, di un soggetto per la sua nuova opera. Poiché incontra delle difficoltà ad acquisire i diritti de La Tosca di Sardou, pensa di adattare Uno scandalo in Boemia, la cui traduzione era uscita a Milano nel 1895 nella raccolta dal titolo Le avventure di Sherlock Holmes, e ne scrive un abbozzo di libretto, che l'autore ci consegna nella doppia versione inglese e in italiano maccheronico.
Accanto ai pastiches, inizia a prendere corpo anche una produzione saggistica di notevole interesse, in parte legata al dibattito sul Canone, in parte di segno fondamentalista - e qui entriamo nel campo dell'anedottica -tesa a ritrovare segnali e prove di possibili connessioni e presenze di Holmes, di Moriarty e di altri personaggi in Canada. Si è già detto di Baskerville e di Meyers, per ragioni di tempo mi limiterò a citare un altro interessante esempio che emerge in un saggio di W. E. Ricker, "The Absent Corpse Mystery Solved" (1988). Questi, partendo dal fatto che non distante da Victoria, British Columbia, esiste una montagna chiamata Mount Moriarty in onore del tenente William Moriarty, ufficiale della nave Plumper, che intorno alla metà dell'Ottocento esplorò quel tratto di costa, avanza l'ipotesi che si tratti del padre del Genio del Crimine. Ma la sua ricerca non si ferma qui, seguendo la rotta della nave, egli arriva nello Yukon e qui, in un vecchio giacimento aurifero abbandonato, afferma di aver ritrovato una cassa contenente, oltre a svariati oggetti, una sorta di diario, scritto in parte in caratteri cirillici, in parte in inglese, appartenuto a un certo John il Russo, il quale vi annota gli estremi di una avventura occorsagli mentre tentava di raggiungere Dawson. Rimasto ferito, viene soccorso e curato da due uomini, uno dei quali, alla fine, risulta essere il Professor Moriarty che, dopo l'incidente a Reichenbach, si è nascosto, al termine di un lungo peregrinare per i cinque continenti, in quella landa sperduta per portare a termine il suo studio sull'ultimo teorema di Fermat. Fin qui niente di straordinario, quello che sorprende e lascia perplessi è la versione di quanto realmente accaduto a Reichenbach. Lo scontro tra lui e Holmes è stato soltanto una messa in scena, frutto di un accordo tra i due, entrambi desiderosi di sparire senza lasciare tracce: l'uno per poter continuare le proprie ricerche scientifiche, l'altro per portare a termine, su incarico del fratello Mycroft, una delicata missione in Tibet.
Questi ed altri interessanti contributi sono apparsi tutti su Canadian Holmes, la rivista nata nell'estate del 1973 come organo ufficiale di The Bootmakers of Toronto, la principale associazione holmesiana canadese, per numero di soci seconda solo a quella giapponese, fondata nel febbraio del 1972, in contrapposizione agli Baker Street Irregulars di New York, la più potente associazione nord-americana, soprattutto per superare il veto di ammissione tra i soci delle donne. A partire dal 1979, la rivista, sotto la direzione di Christopher Redmond (che ne ha curato nel 1997 una splendida antologia, Canadian Holmes. The First Twenty-five Years) è andata assumendo, con cadenza quadrimestrale, un aspetto sempre più scientifico, alternando saggi critici, pastiches e spigolature sul mondo sherlockiano, tutti rigorosamente, però, all'insegna di una prospettiva canadese. The Bootmakers e Canadian Holmes hanno avuto una funzione trainante nel rapporto tra Holmes e il Canada, non soltanto sollevando il tono generale del dibattito ma anche sollecitando il formarsi di nuove Associazioni (la preziosa enciclopedia di Guerra e Solito ne annovera tredici) che, con il loro carattere regionale, compongono una mappa che copre buona parte del territorio nazionale. Tra di esse, in particolare, vanno menzionate The Bimetallic Question di Montreal (l'unica di lingua francese) e The Stormy Petrels of British Columbia.
La Provincia della costa occidentale, quasi a smentire il carattere ontariocentrico della cultura canadese, risulta oggi la più attiva per numero di associazioni e per il fatto che in essa è nata e si è sviluppata la Calabash Press, la principale casa editrice esclusivamente dedicata a Sir Arthur Conan Doyle e al mondo di Sherlock Holmes. Con il motto "Books by Sherlockians for Sherlockians", Barbara e Christopher Roden hanno, nel corso degli ultimi anni, pubblicato contributi critici importanti, quali The Canonical Compendium (1998) di Stephen Clarkson, che comprende una utilissima indicizzazione per soggetto del Canone, con riferimento alle cinque principali edizioni dello stesso, o Sidelights on Holmes (1996) di John Hall, una acuta rivisitazione dei principali problemi che hanno alimentato lo "Sherlockian Game", oppure ancora la serie The Case Files of Sherlock Holmes, volumi che raccolgono una analisi critica a più voci di ogni singola avventura, e di cui sono usciti, a tutt'oggi, i primi quattro. Inoltre, una parte considerevole dell'attività della Calabash Press è dedicata ad un paziente lavoro di ricerca di nuovi autori di apocrifi, lavoro che ha portato alla scoperta di veri talenti, quali, oltre al già ricordato Ronald C. Weyman, Denis O. Smith, David Stuart Davies e lo stesso John Hall.
La mia breve ricognizione della fortuna in Canada di Sherlock Holmes e del suo creatore non può che terminare con quella che, a mio vedere, costituisce la sintesi e, perché no?, il monumento allo straordinario lavoro di tanti appassionati d'oltreoceano: "The Arthur Conan Doyle Collection", fiore all'occhiello della Metropolitan Toronto Library. In questa grande ed importante biblioteca pubblica, situata al centro della città, a partire dal 1969 è iniziata l'acquisizione di materiali di e su Sir Arthur Conan Doyle. Dall'iniziale fondo di 150 volumi, principalmente prime edizioni, si è arrivati ad una raccolta che vanta ormai oltre 1500 voci, che comprendono non soltanto un buon numero di traduzioni in quasi tutte le lingue (italiano compreso), biografie ed i testi critici fondamentali, ma, anche e soprattutto, la straordinaria collezione del giudice S. Tupper Bigelow, il quale, in oltre venti anni di ricerche, ha accumulato ogni possibile materiale di argomento holmesiano: manifesti, locandine, biglietti di spettacoli teatrali, ritagli di giornale, opuscoli e via dicendo, oltre ad una nutritissima corrispondenza con studiosi di ogni parte del mondo. Il tutto, per le amorevoli cure di Ms. Victoria Gill, rappresenta agli occhi di ogni appassionato una vera e propria stanza del tesoro. E mai metafora è stata tanto veritiera perché, ad accrescere la gioia e lo stupore di chi ha la fortuna di entrarvi, il locale che la ospita è una perfetta riproduzione del salotto di Holmes e Watson a Baker Street, arredato con autentici mobili vittoriani e curato nei minimi dettagli, dove è possibile studiare e sognare, perché anche in Canada "the game is still afoot", come testimonia l'ironico inno degli "scions" di Toronto,"The Bootmakers' Ode to Their Founder" (1980):
Salute Sir Henry Baskerville, whose boots were tan, not brown--
Canonical Canadian, who left Toronto town--
He bought those boots from Meier, set them out in a hotel,
Where one was promptly snaffled for its baronetic smell.Salute bold Joseph Meier, who had made those boots of tan--
A bootmaker on Queen Street West, a most substantial man--
When Sir Henry's boots were paid for, he retired on the take,
No doubt content that never more would he be forced to make.His son kept up the businnes, and the Bootmakers today
Sing praises to the Meiers in a most Sherlockian way.
For if he hadn't labelled them, we'd never know from whom
Those boots had come which Sherlock tore from Grimpen's miry tomb.And bumbling Doctor Watson got the name a little wrong,
And Joseph Meier soon became the Meyers of our song--
So we salute The Meyerses whose name is written still
Enshrined within the boots of bold Sir Henry Baskerville!