Il caso dei fidanzati sfortunati
- Carpe diem... Eh, sì, mio caro Watson, il buon vecchio Orazio aveva già capito tutto della vita. Eppure, a secoli di distanza, il genere umano non ha imparato la lezione... Pensi a quanta energia spreca l'uomo nella ricerca della felicità.
Ero abituato alle improvvise impennate filosofiche di Sherlock Holmes, ma in quella sera tetra e malinconica di fine ottobre, con la pioggia che scrosciava sui vetri delle finestre affacciate su Baker Street, le sue parole e l'amarezza con le quali le aveva pronunciate mi misero in allarme. Il lungo periodo di riposo al quale il dottor Agar lo aveva costretto la primavera passata stava soltanto adesso dando i suoi frutti. Ma le giornate nere non mancavano. Del resto, si era assoggettato alle raccomandazioni del medico con la solita, indolente incostanza caratteristica della sua esistenza disordinata; e troppo spesso, e con troppa accondiscendenza, egli si era buttato nel lavoro senza il minimo risparmio di energie. E ora temetti, sentendolo incline a una certa vena di pessimismo, che fosse prossima una ricaduta nel maligno abbraccio della depressione.
- I poeti esagerano sempre...
- Da che pulpito arriva la predica - mi schernì; - ma se lei, anziché attenersi alla fredda realtà dei fatti, scrive dei crimini più efferati e di criminologia come dovesse comporre un inno o una canzone.
- Non vorrà negare - ribattei piccato - che gli artisti possono, in nome dell'arte, concedersi il lusso di ignorare i lacci e i laccioli della morale e delle leggi alle quali, invece, i comuni mortali devono attenersi.
- Vedo che, a suo tempo, il dibattito sul presunto scandalo prodotto dal Ritratto di Dorian Gray l'ha appassionata non poco, perché da quanto afferma avverto che ha letto con attenzione le lettere di Oscar Wilde nelle quali sosteneva l'indipendenza della morale dall'arte. E non sarò io a negare questo sacro principio. Nel suo ragionamento, però, riscontro un amaro sapore di conformismo un po' bigotto...
- Non sono un bigotto - borbottai stizzito; - non lo sono mai stato. Che Orazio inviti pure il mondo a cogliere l'attimo fuggente, ma la realtà, le buone maniere, la buona educazione...
- Ah, Watson, lei mi delude - disse Sherlock Holmes scotendo la testa in segno di disapprovazione. - Anche lei dà credito all'interpretazione oscurantista che va per la maggiore. Orazio, buon Dio, non incita né alla violenza né al crimine; osserva il mondo, giudica, a ragione, che esso è un fiume gonfio di malvagità e tristezze e suggerisce un semplice e innocuo rimedio: cogliere al momento giusto, in ogni situazione, il buono e il bello che la vita può offrire. Ma c'è di più, Watson. Il carpe diem di Orazio è l'invito a vivere senza farsi ingannare, ad osservare le situazioni dell'esistenza, dalla più banale alla più tragica, affinché in ogni momento si sappia distinguere il bene dal male... Esattamente ciò che deve saper fare anche un buon investigatore: è dalle inezie, dal particolare che tutti hanno ignorato considerandolo trascurabile che si riesce a far luce sul mistero più fitto.
Stavo per replicare qualcosa, ma il mio amico scattò in piedi con una mossa inattesa e felina.
- Watson, la pistola - gridò con voce stridula.
Il richiamo di Holmes, grave e preoccupato, risvegliò il mio vecchio spirito militare. Entrai subito in azione, ma feci appena in tempo ad estrarre la mia fidata Ely's n. 2 dal cassetto dello scrittoio che già la figura piccola ed esile di un uomo si era materializzata davanti a quella slanciata e guardinga del mio amico. Holmes squadrò l'uomo con quel suo sguardo intenso che era capace di penetrare nei più intimi e segreti meandri dei suoi simili e dopo alcuni secondi, con un cenno d'intesa, mi avvertì che non c'erano pericoli di cui doversi preoccupare.
Nel nostro salotto di Baker Street ho visto passare la più variegata e terribile galleria di espressioni di paura, ma la maschera dell'uomo che ci stava davanti resterà impressa nella mia memoria in eterno. Il suo volto deformato e congestionato, gli occhi azzurri iniettati di sangue, lo sguardo stralunato, il roco ansimare, i ciuffi dei capelli biondi che gli sgusciavano disordinatamente da sotto il cilindro nero e il gesticolare furioso delle sue mani gli conferivano un'aria quasi spiritata. E anche i suoi abiti, di taglio elegante ma fradici di pioggia e sgualciti, esaltavano i suoi tratti terrorizzati. Tremava come una foglia e d'un tratto, diventano livido, si abbandonò nell'abbraccio di una delle poltrone davanti al caminetto.
- Watson, un po' di brandy. E lei - ordinò Holmes rivolgendosi all'ospite - tolga quegli abiti bagnati. Le daremo qualcosa di asciutto da indossare; poi, con calma, parleremo del suo problema.
Gli lanciai un'occhiata tutt'altro che amichevole, ma capii che stavo perdendo tempo. Conoscevo Holmes fin troppo bene per potermi illudere che l'avrei convinto a desistere dall'affrontare il caso che quell'uomo, che non doveva avere più di trent'anni, ci avrebbe sottoposto. Il gioco era cominciato e, sebbene di controvoglia, dovevo rassegnarmi all'idea che l'avrebbe giocato fino in fondo.
Sconsolato, mi avvicinai alla cassetta dei liquori e preparai il brandy, ma il giovanotto rifiutò il bicchiere con una smorfia di disgusto. Invece, accettò di buon grado il pigiama e la vestaglia da camera che Sherlock Holmes gli porse con affettata gentilezza.
- Spero sarete in grado di dirci le ragioni di una visita tanto precipitosa nel cuore della notte -, disse Holmes con quel tono di voce estremamente cordiale al quale sapeva far ricorso a dispetto della sua indole schiva e, spesso, tetra.
L'uomo, avvolto nella vestaglia porpora del detective, un po' troppo ampia per la sua taglia mingherlina, non articolò parola e il suo sguardo, più triste di qualche istante prima, continuò a vagare nel vuoto.
- Sentite - sibilò Holmes, - siete arrivato in questa casa con la stessa delicatezza di un ciclone: avete suonato il campanello con una foga eccessiva; sulla porta avete quasi travolto la povera signora Hudson; avete volato a due a due i gradini della scala e, per finire, siete entrato in questa stanza senza darvi la pena di bussare. Considerando poi lo stato in cui vi siete presentato, fradicio di pioggia e ansimante come chi ha corso per almeno dieci minuti, ne deduco una cosa soltanto: che avete una fretta terribile e che i motivi che vi hanno spinto verso la nostra casa sono della massima urgenza.
- Non ho sentito suonare il campanello -, dissi candidamente.
- Eravate troppo concentrato a cercare qualche spunto con cui ribattere alle mie inattaccabili argomentazioni - spiegò il mio amico in tono quasi sarcastico. - Posso assicurarvi che la scampanellata è durata non meno di sei o sette secondi. Quanto al fatto che la signora Hudson sia stata quasi travolta dalla foga del nostro ospite l'ho dedotto dal grido isterico che la nostra cara padrona di casa ha lanciato non appena ha aperto il portone. La questione degli scalini, poi, è davvero elementare: lei sa, caro Watson, che i gradini che ci separano dalla strada sono diciassette; ora, avendo contato distintamente nove passi, posso solo dedurne che, con l'eccezione del primo o dell'ultimo, il nostro ospite li abbia volati a due a due. Sul fatto che non abbia bussato alla porta del salotto, questo lo ha notato lei stesso, dottore.
Il giovanotto, per quanto sconvolto, rimase sbalordito dalla puntualità e dalla semplicità delle osservazioni di Sherlock Holmes.
- Avevo sentito parlare delle sue qualità investigative fuori del comune, ma la realtà supera di gran lunga la fama di cui godete -, disse l'uomo rompendo finalmente la cortina di silenzio.
Sherlock Holmes si crogiolò nella carezza di quel complimento accennando, per la prima volta da molti mesi indietro, un sorriso tra il compiaciuto e il beffardo.
- Ora, signor...?
- Donovan, John Donovan.
- Bene, signor Donovan, siamo pronti ad ascoltarla. Ritengo che abbia molte cose da chiarirci. Come mai un uomo così ricercato nell'abbigliamento se ne va in giro senza un bastone? E poi, quel polsino della camicia, il sinistro, macchiato di sangue...
A quelle parole Donovan sbiancò e ricominciò a tremare. Questa volta non si trattava né dell'affanno per la corsa né dei brividi di freddo imputabili alla pioggia gelata. Questa volta, più semplicemente, tremava per la paura, per un qualcosa di misterioso che gli tormentava lo sguardo, ora cupo e senza tempo come fosse precipitato in un abisso.
- Signor Holmes, lei deve salvarmi... io sono innocente -, urlò Donovan, il cui volto, congestionato dagli spasmi di un pianto a dirotto, si era contratto in una maschera di terrore.
- L'aiuteremo senz'altro, ma è necessario che ci esponga le circostanze che l'hanno condotta a richiedere il nostro aiuto.
- Hanno ucciso la signorina Isadora Ascott, signor Holmes - disse il giovane in evidente stato di ansia - e sono sicuro che in qualità di fidanzato della vittima i sospetti della polizia ricadranno interamente sulle mie spalle. Ad Ascott House c'è... il mio bastone insanguinato. Ho paura, Holmes...
- Si calmi, la prego - disse Sherlock Holmes posando una mano sulla spalla del giovane. - Così lei ci dice che qualcuno ha ucciso la nipote di Lord Gregory Ascott, giudice benemerito dell'Alta Corte, e che lei è l'uomo che la vittima avrebbe dovuto sposare sabato della prossima settimana?
- Sì -, ammise piangendo Donovan.
Il mio amico stava per rivolgergli un'altra domanda, ma d'un tratto, come raggiunto da un violento colpo alla nuca, Donovan cadde in avanti pesantemente finendo lungo disteso a terra. Temendo per la sua vita, mi precipitai sul suo corpo per verificare il battito del polso.
- E' soltanto svenuto. Il peso delle emozioni e delle angosce lo hanno sopraffatto. Purtroppo - osservai sconsolato, - non sarà in grado di dirci altro per questa sera; nelle condizioni in cui versa ha un assoluto bisogno di riposo.
Lo sistemammo nella camera degli ospiti e quando tornammo in salotto Holmes cominciò a scartabellare un fascio di ritagli di giornale che aveva lasciato languire su un tavolo, sotto il peso della polvere, in attesa di archiviarli.
- Ecco qua -, disse visibilmente soddisfatto porgendomi un ritaglio del Daily Chronicle di pochi giorni prima.
Presi il ritaglio e lessi ad alta voce:
"LE NOZZE DI ISADORA ASCOTT
Una delle più ricche ereditiere del paese, la signorina Isadora Ascott, nipote di Lord
Gregory Ascott, giudice dell'Alta Corte, convolerà a nozze sabato della prossima
settimana. Il fortunato consorte prescelto è il signor John Donovan, un giovane avvocato
di umili origini attualmente impiegato presso gli studi legali Galvison & Blur. Dopo
il rito nuziale, che si celebrerà nella S. Patrick Church alle quattro del pomeriggio, la
residenza della signorina Ascott, al 37 di Eaton Square - Belgravia, ospiterà un famoso
ricevimento. Com'è noto, la signorina Ascott ereditò la sua immensa fortuna, dieci anni
fa, dopo che i suoi genitori perirono tragicamente negli Stati Uniti nell'incendio
scatenatosi sul battello a bordo del quale stavano raggiungendo New Orleans. Il matrimonio
cancellerà senza dubbio quell'atroce passato. La bella favola, però, potrebbe essere
turbata da qualche nuvola. Lord Gregory Ascott, tutore e curatore del patrimonio della
giovane ereditiera, ha infatti annunciato che non parteciperà alle nozze della nipote. Il
giudice dell'Alta Corte ha fatto sapere di non voler avvallare il matrimonio nel quale una
nobile e ricca fanciulla andrà in sposa ad un giovane senza blasone e in caccia di facili
ricchezze".
Ce n'è abbastanza per cominciare la nostra indagine - sentenziò Holmes appena ebbi finito di leggere. - Le raccomando la serenità del nostro ospite -, aggiunse uscendo dopo aver indossato il mantello da pioggia e il cappello.
All'alba Sherlock Holmes era di ritorno a casa. Non lo sentii rientrare, perchè mi ero addormentato seduto in poltrona, ma quando mi sfiorò la spalla balzai in piedi con uno scatto degno dei pupazzetti imprigionati nelle scatole a molla. Holmes, quasi facendosi celia della mia debolezza, mi rivolse un sorrisetto ironico che mi punse nel vivo. Avrei voluto rassicurarlo sul fatto che ero pronto ad intervenire in caso di necessità, ma il vederlo farsi scuro in volto e mettersi a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza mi suggerirono che non era il momento di importunarlo. La visita a Eaton Square, contrariamente alle sue aspettative, non doveva essersi rivelata chiarificatrice. La curiosità mi consumava come le vecchie pettegole in conversazione davanti alle loro fumanti tazze di tè, ma sapevo che per nessuna ragione al mondo avrei potuto interrompere le sue profonde riflessioni. Dovevo armarmi di santa pazienza e attendere che lui stesso decidesse di rompere il silenzio.
Era quasi ora di colazione quando Holmes sedette nella sua poltrona. Caricò la pipa di radica di ciliegio rosso con una abbondante presa di tabacco scuro e aromatico, la accese con studiata lentezza e ne aspirò alcune profonde boccate.
- Mio caro Watson - disse finalmente, - il buon vecchio Lestrade smania dalla voglia di ammanettare il nostro cliente. Non ho raccolto molto, ma la sua teoria è lacunosa e non sono disposto a cedere. Certo, dovremo sovvertire le sue tesi, trovare le prove; l'impresa non sarà facile.
Il tono di Holmes, quasi arrendevole, mi turbava, perché i tanti anni di convivenza con quella mente superiore mi avevano insegnato che la sua voce era lo specchio fedele dei suoi stati d'animo. E poi, quella sua aria stanca e quelle ombre che gli spengevano lo sguardo mi inquietavano oltre ogni dire.
- Dovreste rinunciare, Holmes; avete ancora bisogno di riposo...
- Watson, c'è una persona, accusata di un crimine orrendo, che si proclama innocente e confida nel nostro aiuto; non possiamo tirarci indietro.
- Ci sono gli uomini di Scotland Yard...
- Le loro conclusioni non mi convincono, Watson - sentenziò stizzito. - C'è qualcosa che mi sfugge... Ma...
D'un tratto i suoi occhi ebbero un lampo. Holmes si alzò di scatto e cominciò a frugare freneticamente le tasche degli abiti di Donovan.
- Un punto a nostro favore, Watson - urlò eccitato tornando a sedersi; - Donovan non è un fumatore.
- Ne sono felice, ma non capisco cosa voglia dire.
- Vede, amico mio, sul pavimento della biblioteca di Ascott House ho raccolto un pizzico di cenere di sigaretta. Direi che si tratti di un tabacco turco, di colore scuro e dall'aroma pungente. Ora, a meno che non fumi la signorina Ascott, la presenza della cenere è inspiegabile. Donovan, come abbiamo appena appurato, non fuma. E la signorina Ascott è esclusa per un altro motivo altrettanto semplice: se la cenere fosse della sua sigaretta, perché non si trova il mozzicone? Infine, un'ultima osservazione; ad Ascott House non c'è ombra di portacenere, il che mi pare che chiarisca che in quella casa non ci sono fumatori.
- Forse un'altra persona...
- E' un'ipotesi verosimile, ma ce ne mancano le prove, Watson. Proverò a raccontarle i fatti. La signorina Ascott - cominciò Holmes con un tono di voce pacato - dalla tragica scomparsa dei genitori vive ad Eaton Square in compagnia della fedelissima governante, la signora Laramie, che alle tre di ieri pomeriggio, come ogni sabato, è uscita di casa per andare a far visita alla figlia che abita in Vere Street, a Lambeth. La governante, interrogata da Lestrade, ha detto di aver fatto ritorno intorno alla mezzanotte. Ma non è entrata in casa, perché salendo il primo dei tre gradini che dalla piazza portano all'ingresso di Ascott House è rimasta scossa nel vedere le luci accese nella biblioteca e il portone socchiuso. A quell'ora, ha riferito la signora Laramie, la signorina Isadora doveva essersi già ritirata nella sua camera da letto e ha pensato che l'unica spiegazione plausibile per il portone socchiuso e la luce accesa fosse la presenza di una banda di ladri. Atterita da quel fosco pensiero, non ha nemmeno tentato di avvicinarsi. Ha attraversato di corsa la piazza in cerca di un agente. E' stata fortunata, perché ne ha subito individuato uno che stazionava sotto il balcone di un palazzo per ripararsi dalla pioggia e, informatolo dei fatti, è tornata con lui a Ascott House. L'agente, entrato per primo, ha subito capito che non era necessario verificare la presenza dei ladri: il corpo della signorina Isadora giaceva in un lago di sangue sul grande tappeto persiano dell'atrio, ai piedi della scala di marmo di Carrara che conduce al piano superiore della villetta. La testa della poverina, come ho potuto constatare io stesso, presenta una ferita larga e profonda tra l'orecchio destro e il centro della nuca. Secondo il medico legale, il dottor Turtle, la morte della signorina Isadora è stata istantanea ed è avvenuta tra le dieci e le undici di ieri sera. Circa l'arma del delitto, sia il dottor Turtle che l'ispettore Lestrade non hanno dubbi nell'indicare il bastone con il pomello d'avorio insanguinato che è stato rinvenuto vicino alla vittima. Purtroppo quel bastone...
- E' del signor Donovan -, lo prevenni.
- Esattamente, Watson. E anche le impronte delle scarpe da uomo a punta quadrata - disse indicando quelle del nostro cliente messe ad asciugare vicino al caminetto - sono quelle del signor Donovan. Corrisponde anche il colore della terra rimasta appiccicata alle suole. Se Lestrade conoscesse anche il particolare del polsino della camicia macchiato di sangue...
- ...avrebbe la prova definitiva della colpevolezza del signor Donovan -, dissi anticipando la conclusione del suo ragionamento.
- Sì. Ovviamente, dal suo punto di vista...
Per un lungo momento nel quale il silenzio gravò su di noi come una cappa di gas asfissiante Holmes si preoccupò soltanto di mordicchiare nervosamente il bocchino della sua pipa di schiuma. Poi, risistemato il tabacco nel fornello e acceso un fiammifero, aggiunse:
- ...perché gli orari non quadrano.
Lo interrogai con un semplice sguardo attonito.
- Vede, Watson - riprese a spiegare, - la governante ha raccontato a Lestrade che ieri pomeriggio la signorina Isadora aveva appuntamento alle quattro con il signor Donovan, con il quale doveva assistere al concerto della Filarmonica di Salisburgo in cartellone al National Theatre e poi cenare al Wallace. Se le cose sono davvero andate così, secondo un calcolo nemmeno troppo azzardato, direi che i fidanzatini hanno fatto ritorno ad Ascott House non più tardi delle dieci e...
Proprio in quel momento Donovan entrò nel salotto. Si era appena svegliato e aveva l'aria disorientata di chi non ricordi bene dove si trovi, ma nonostante i capelli scarruffati e il colorito ancora pallido del viso la lunga dormita di quella notte lo aveva ritemprato. Si muoveva per la stanza senza inciampi e la sua voce, per quanto ancora fievole, non era più incrinata dallo sgomento.
- Ha scoperto qualcosa, signor Holmes? -, chiese con ansia.
- Temo di no - rispose il mio amico con schiettezza e affabile dolcezza dirigendosi verso la finestra per osservare il primo chiarore del mattino; - sono però convinto che potrebbe esserci di grande aiuto ascoltare la sua versione dei fatti. La prego di raccontarci tutto senza omettere il minimo particolare, nemmeno il più insignificante.
Il giovanotto sedette davanti al caminetto con aria smarrita.
Le racconterò tutto - disse Donovan, - ma è necessario che parta da lontano, dal momento stesso in cui ho avuto l'immensa fortuna di conoscere la signorina Isadora. Vede, io non sono un rampollo di nobile famiglia e il bel mondo di Isadora mi sarebbe stato inavvicinabile se, conclusi gli studi in legge all'università, non avessi ottenuto un buon impiego negli uffici della Galvison & Blur e se qui non mi fosse stata affidata la cura degli interessi legali e finanziari di Lord Malcom J. Bradford, che certamente conoscerete per il ruolo di spicco che occupa nel partito Conservatore. La giovane età di questo nobile uomo, la sua spensierata simpatia e le nostre costanti frequentazioni di carattere professionali finirono col farci diventare amici. Mi si dischiusero così le porte di un mondo altrimenti precluso ad una persona della mia estrazione sociale. E due anni fa, durante un ricevimento nella villa di campagna di Lord Bradford, conobbi Isadora. Fu il mio anfitrione in persona a presentarmela, avvertendomi di stare attento al suo fascino del quale lui stesso era rimasto vittima senza essere ricambiato.
- Voglia scusare l'indiscrezione — lo interruppe Holmes, - ma le circostanze che ci troviamo ad affrontare mi impongono di chiederle se Lord Bradford abbia mai mostrato del risentimento verso la signorina Ascott a causa dei suoi sentimenti non ricambiati.
- No, Lord Bradford aveva accettato la situazione con molto savoir faire. Tranne quell'accenno non mi ha più parlato della sua passione per Isadora ed ella non ha mai lamentato niente di sconveniente al proposito. No, erano rimasti buoni amici. Isadora gli aveva addirittura chiesto di essere il suo testimone di nozze.
- Bene, vada pure avanti -, mugugnò Holmes con quella sua aria svagata che era segno di grande e intensa concentrazione.
- Tra me e Isadora — riprese a raccontare Donovan — fu un vero e proprio colpo di fulmine, signor Holmes; ballammo due valzer e per tutta la serata rimanemmo uno accanto all'altro a discutere degli argomenti più svariati. Da quel giorno iniziammo un intenso scambio di corrispondenza e ben presto trovammo il modo di frequentarci apertamente. Nei primi tempi il giudice Ascott, che alla morte dei genitori di Isadora ne diventò il tutore, tollerò con eleganza la nostra relazione confidando nell'idea che si trattasse di una banale infatuazione giovanile. Ma col passare del tempo, e soprattutto da quando cominciammo a parlare di matrimonio, egli cercò di ostacolare la nostra felicità in ogni modo. Giunse anche a minacciare ritorsioni nei miei confronti se non avessi smesso di frequentare Ascott House, ma a parte qualche accesso verbale non andò mai oltre questa minaccia. Vede, signor Holmes, il fatto che non potessi ostentare un blasone di famiglia né una qualche ricchezza personale erano ragioni più che sufficienti perché il giudice opponesse il suo diniego alle nostre nozze. Tre settimane fa, però, è caduta la clausola del testamento che vincolava Isadora al rispetto delle volontà dello zio per un periodo di dieci anni e, finalmente, avviate le pratiche per il passaggio del controllo del patrimonio, abbiamo potuto annunciare la data delle nostre nozze. Ci saremmo dovuti sposare sabato prossimo, e invece"
Gli occhi di Donovan si inumidirono, ma, anche se a fatica, egli trattenne i singhiozzi e continuò il suo racconto:
- Annunciammo la nostra decisione al giudice circa venti giorni fa. Quando apprese la notizia il vecchio Ascott trattenne a stento un moto d'ira. Uscì di casa urlando che avrebbe disconosciuto pubblicamente i suoi legami di parentela con la nipote. La mia cara Isadora scoppiò in lacrime, perché in fondo, nonostante tutte le pene che lo zio le aveva fatto patire nelle ultime settimane, gli era molto affezionata e quell'incidente le procurava un grande dispiacere. Sono stati giorni terribili per Isadora. Avrei voluto starle vicino per consolarla, ma gli impegni di lavoro me lo hanno impedito. Ci siamo scambiati qualche biglietto frettoloso, ma scriversi non è come parlarsi vis a vis. Finalmente, ieri pomeriggio ci incontrammo. Giunsi ad Ascott House alle cinque del pomeriggio e alle cinque e mezzo ci dirigemmo al National Theatre, per assistere alla replica straordinaria del concerto della Filarmonica di Salisburgo. Isadora è un'amante della musica di Mozart e per nessuna cosa al mondo avrebbe voluto perdersi quella sublime esecuzione della Sinfonia concertante in mi bemolle, una delle sue preferite.
- Una composizione notevole, anche se, come il suo autore, con qualche tono di stravaganza — commentò Holmes. — Poi cos'è accaduto?
- All'uscita dal National Theatre chiamammo una carrozza, perché il tempo si era guastato. Avevamo prenotato un tavolo al Wallace, in Birdcage Walk, ma dovemmo rinunciare a raggiungerlo a piedi, a causa della pioggia. Dopo cena, sempre in carrozza, raggiungemmo Eaton Square. Mancavano pochi minuti alle dieci; lo ricordo bene, perché scendendo dalla vettura controllai il mio orologio da taschino. Una volta in casa, ci sedemmo sul sofà della biblioteca e definimmo gli ultimi preparativi per le nozze. Isadora era preoccupata dei tempi e delle modalità dell'iter legale per il passaggio del patrimonio nelle sue mani, perché il giudice Ascott stava facendo qualche resistenza di troppo. La rassicurai sul fatto che tutto si sarebbe sistemato e quando mi alzai per salutarla lei mi invitò a festeggiare la nostra prossima felicità con un brindisi. La ringraziai, ma declinai l'invito. Erano le dieci e dieci ed avevo fretta di rientrare nel mio appartamento di Charlotte Street, a Soho, perché questa mattina, benché sia domenica, avrei dovuto incontrare Lord Bradford per sistemare alcune importanti carte legali. E poi, sono astemio e l'idea dello champagne non mi esaltava minimamente.
- Ecco spiegato il rifiuto del nostro ottimo brandy -, dissi con esuberanza.
- Esatta osservazione, Watson, ma lasciamo che il signor Donovan concluda il suo racconto.
- Come le ho detto — riprese il giovanotto, - uscii da Ascott House alle dieci e dieci. Pioveva ancora molto forte, ma fui fortunato a trovare quasi subito una carrozza. A Soho, congedato il vetturino, mi accorsi di non avere il mio bastone. Lo avevo certamente dimenticato a casa di Isadora, perché quando uscimmo dal Wallace l'addetto del guardaroba me lo aveva consegnato complimentandosi per la bella fattura del pomello e in Eaton Square lo avevo utilizzato per tenere aperta la portiera della carrozza mentre il vetturino attendeva, con l'ombrello aperto, che Isadora scendesse in strada. Quella dimenticanza rappresentava un bel guaio. Vede, si tratta di un bastone piuttosto elegante ed è anche l'unico che possiedo. Il pensiero di dovervi rinunciare, sapendo che oggi Lord Bradford avrebbe finito per invitarmi a pranzo in qualche locale chic, mi convinsero che dovevo recuperarlo immediatamente. La vettura se n'era già andata e con il rovescio d'acqua che si stava scatenando in quel momento non ne trovai un'altra durante tutto il tragitto fino ad Eaton Square. Quando arrivai ad Ascott House il cuore mi balzò in gola. Il portone era socchiuso; eppure, uscendo di lì un'ora prima, ricordavo di averlo tirato e di aver udito lo scatto della serratura. C'erano le luci accesi sia nell'atrio che in biblioteca, ma non si udiva alcun rumore. Ebbi il netto presagio che fosse successa una disgrazia irreparabile"
La voce di Donovan cadde d'improvviso e dagli angoli degli occhi cominciò a colargli sulle guance un torrente di lacrime. Il mio amico, senza scomporsi, accese la pipa e prese a sbuffare nuvole di fumo azzurrino e aromatico. Passati alcuni minuti, Donovan riprese il suo racconto esattamente da dove si era interrotto:
- " dopo molti tentennamenti, durante i quali la mia mente fu attraversata dai più terribili pensieri, spinsi il portone ed entrai. La vista della povera Isadora a terra, con la testa ferita e inzaccherata di sangue, mi tramortirono di dolore. Mi sentii avvampare da una rabbia furibonda — gridò quasi imporporandosi — e cominciai a tremare e delirare come un pazzo. Mi lanciai verso la povera Isadora, mi chinai su di lei, l'abbracciai e tentai di chiamarla" Fu tutto inutile; la mia amata non respirava più" era morta" e d'improvviso" d'improvviso vidi accanto a lei il mio bastone insanguinato" Mi rialzai di scatto, più stordito di prima" D'un tratto, non so dire nemmeno perché, pensai alla polizia e avvertii un brivido di terrore: chi avrebbe creduto alla mia innocenza? Allora, fuggii con un unico pensiero, affidarmi alle mani dell'investigatore più celebrato dalla stampa. Le giuro, signor Holmes — concluse Donovan piagnucolando, ma con la forza di chi non ha niente da nascondere, - questo è tutto ciò che conosco di questa terribile tragedia"
Il nostro cliente si era abbandonato nell'abbraccio della poltrona come privo di forze. Ansimava emettendo un sibilo asmatico, mentre una maschera di un pallore quasi mortale gli trasfigurava il volto.
- Almeno — osservai dopo qualche secondo di silenzio, - abbiamo spiegato anche la circostanza del polsino della camicia macchiato di sangue; dev'essere accaduto mentre ha abbracciato il corpo senza vita della fidanzata.
Sherlock Holmes annuì in silenzio, ma non mutò espressione. Pareva che quella storia così romantica e toccante, capace di commuovere molti cuori tutt'altro che teneri, non lo avesse nemmeno sfiorato. Restò ad occhi socchiusi, con il mento affondato nelle mani e i gomiti appoggiati alle ginocchia. Il suo viso allungato non tradiva la minima emozione, ma le guance sembravano essersi incavate ancora di più, per lo sforzo meditativo al quale stava sottoponendo il suo geniale cervello che, in più di un'occasione, si era dimostrato una perfetta macchina di ragionamento logico capace di risolvere i misteri più oscuri e inspiegabili.
- Sono sconcertato — dissi servendomi una tazza di caffè bollente che la signora Hudson ci aveva appena portato. — Apparentemente nulla ci indica chi possa aver ucciso la signorina Isadora e perché lo abbia fatto"
- Il punto, Watson, è proprio trovare il modo di fare breccia in quest'aura di apparenza che confonde la vera dinamica dei fatti e che non ci consente di fare luce sulla tragedia — affermò Holmes riscotendosi dal suo torpore. — Dobbiamo tornare ad Ascott House, per analizzare nel dettaglio tutti gli indizi che possano essere ancora visibili nonostante il passaggio barbarico degli agenti di Scotland Yard. Lei — disse rivolgendosi a Donovan, - rimarrà nascosto in questa casa fino al nostro ritorno. La prego di non allontanarsi per nessun motivo al mondo.
Mezz'ora dopo eravamo di fronte al 37 di Eaton Square. Aveva smesso di piovere e un sole pallido cominciava a far capolino tra i grandi nuvoloni grigi conferendo alla piazza un'aria stranamente spettrale. Ascott House era una villa a due piani intonacata di un bianco immacolato, indenne dalla benché minima macchia di muffa o scortecciatura, il che la diceva lunga sui soldi impiegati per mantenerla così in tiro a dispetto della perenne umidità londinese. L'ispettore Lestrade e tre agenti s'aggiravano ancora tra l'atrio e la biblioteca. Il corpo della signorina Isadora era stato rimosso e ricomposto in una delle camere del piano superiore. Sul tappeto persiano una sagoma tracciata con il gesso bianco indicava il tragico luogo nel quale era stato rinvenuto il corpo martoriato della poveretta. Accanto a quel macabro disegno, all'altezza della testa, campeggiava il bastone con il pomello d'avorio macchiato di sangue.
- Avrei giurato di rivederla, Holmes — disse con uno strano e inedito tono sarcastico Lestrade. — Ero sicuro che non si sarebbe arreso di fronte all'evidenza dei fatti. So per esperienza che le sue teorie non concordano mai con quelle della polizia, e devo riconoscere che assai spesso ne ha avuto più che validi motivi; ma questa volta dovrà piegarsi alla bontà dei metodi di Scotland Yard.
- Se permette, vorrei comunque dare un'occhiata; del resto, nonostante la bontà dei suoi metodi, non ha ancora trovato una risposta alla misteriosa assenza di impronte di scarpe in biblioteca né alla presenza del pizzico di cenere che le ho mostrato dopo il mio sopralluogo di ieri sera -, replicò il mio amico.
Lestrade incassò il colpo facendo finta di niente. Non avrebbe mai ammesso, di fronte ai suoi agenti, che le "accurate indagini" di Scotland Yard si fossero lasciate sfuggire un qualsiasi indizio.
- Faccia pure come vuole, ma si sbrighi perché vorremmo raccogliere i reperti e consegnarli al giudice Dusty entro mezzogiorno -, bofonchiò l'ispettore.
Holmes non rispose. Da una tasca del soprabito tirò fuori la sua lente di ingrandimento e cominciò a muoversi nell'atrio con estrema circospezione. Chinatosi fino a sfiorare terra con il naso, ispezionò le impronte di scarpe e la macchia di sangue sul tappeto, i gradini della grande scala di marmo, la maniglia della porta di ingresso e il bastone di Donovan. Poi, spostatosi in biblioteca, dedicò la stessa intensa e maniacale attenzione al sofà e alla vasta area del pavimento in legno di querce.
- Bene, qui abbiamo terminato -, disse rialzandosi da terra dopo più di mezz'ora di puntigliose ricerche.
- E non ha trovato niente di utile alle sue indagini -, lo sbeffeggiò Lestrade con una risata acida. — Comunque se le interessa — aggiunse con una smorfia ironica, - la signora Laramie è appena scesa in cucina.
Ignorando le provocazioni dell'ispettore ci avviammo verso la cucina, per raggiungere la quale attraversammo la splendida sala da pranzo in stile francese che si apriva sulla destra dell'atrio di Ascott House. Mentre guardavo ammirato l'incredibile magnificenza delle tele settecentesche che ornavano la parete di fronte alle tre grandi finestre che affacciavano su Eaton Square udii, senza intenderne il senso, Holmes borbottare qualcosa. Egli mi precedeva di due passi e improvvisamente lo vide svoltare a sinistra e sparire nell'antro della porta attraverso la quale si accedeva alla cucina.
Il locale era assai vasto e arredato di tutto punto. I grandi fuochi al centro della stanza erano sovrastati da due cappe circolari dalle bocche enormi. Una lunga teoria di mensole sovrapposte, cariche di ogni genere di stoviglie, correva lungo le quattro pareti della stanza. La dispensa era colma di ogni genere di scorte alimentari. La signora Laramie, una donna piuttosto corpulenta e tarchiata, era seduta su uno sgabello davanti al caminetto acceso. I lineamenti del suo volto, a dispetto dell'età avanzata, erano dolci e sopra gli zigomi le brillavano due occhi d'un tenue azzurro primaverile. Ci guardò senza mutare la sua espressione colma di dolore che i riverberi del fuoco rendevano ancora più intensa e straziante.
- Immagino sia il signor Holmes — sussurrò, - l'ispettore Lestrade mi ha parlato di lei.
- Voglia accettare le mie più sentite condoglianze — disse Holmes accennando un inchino, - so che era molto affezionata alla signorina Isadora.
- Sì, per me era come una seconda figlia. Quanto è accaduto è terribile, non avrò pace finché quel farabutto di Donovan non sarà assicurato alla giustizia e condannato.
- Vedo che anche lei è convinta della colpevolezza del signor Donovan; è forse a conoscenza di qualcosa che possa accusarlo di un delitto così atroce?
- Oh no; ho sempre creduto che si trattasse di una brava persona. Voleva molto bene alla signorina Isadora, la colmava di attenzioni e non l'ho mai sentito alzare la voce, nemmeno quando il giudice Ascott li rimproverava o li minacciava di rendere impossibile il loro sogno di sposarsi.
- A parte la questione del matrimonio, com'erano i rapporti di Donovan con il giudice Ascott?
- Non erano un idillio; il giudice era freddo e spesso sgarbato con Donovan, che si limitava a salutarlo e ad ascoltarlo in silenzio. Con la nipote, invece, è sempre stato affettuoso e gentile, per quanto pretendesse l'assoluto rispetto delle sue decisioni: veniva a trovarla ogni pomeriggio prima di recarsi allo Shadow card club. Poi, quando i due giovani cominciarono a parlare di matrimonio"
- "il giudice cessò le sue visite quotidiane alla nipote -, intervenne Holmes.
- Sì, è così — annuì la governante con un moto di sorpresa. — Ma lei come fa a sapere"
- Una semplice deduzione, signora — disse in tono affabile il mio amico; - ma dica, cosa è accaduto dopo che il giudice ha deciso di non fare più visita alla nipote?
- Isadora è andata almeno tre volte a parlare con lo zio e ogni volta è tornata a casa in lacrime.
- E Donovan?
- E' stato molto gentile, ha cercato di consolarla"
- Da quel che racconta, il ritratto di Donovan non sembra essere quello di un delinquente -, asserì Holmes.
- Però il suo bastone è macchiato di sangue" La polizia"
- A volte la polizia agisce in fretta, dimenticando che è necessario ragionare sulle cose -, sogghignò il mio amico.
- Lei pensa che il signor Donovan sia innocente? -, chiese di slancio la signora Laramie, con un tono di voce al tempo stesso carico di sorpresa e di speranza.
- Diciamo che le conclusioni della polizia non mi convincono. Se permettete vorrei farle alcune domande.
La donna annuì con un movimento appena percettibile degli occhi.
- Chi frequentava Ascott House oltre il giovane Donovan e il vecchio giudice?
- Lord Bradford è un frequentatore abituale da molti anni. Lui e Isadora erano molto amici e Lord Bradford aveva accettato di essere il suo testimone di nozze nonostante" no, non ha importanza.
- Cosa non ha importanza, signora Laramie? Si riferisce alla richiesta di matrimonio che Lord Bradford aveva rivolto a Isadora alcuni anni fa? -, chiese Holmes in tono perentorio ma non duro.
- Beh", sì; anche se non so spiegarmi come faccia a conoscere questo particolare così intimo della vita di Isadora. Lord Bradford è stato innamorato della signorina e io credo, ma si tratta di puro intuito femminile, che lo sia ancora. Isadora, però, non ha mai contraccambiato questo sentimento. A Isadora piacevano le persone semplici e sincere e Lord Bradford, invece, è un po' troppo snob e di bugia facile. Se Isadora avesse deciso di sposarlo non avrei condiviso la sua scelta"
- Pensa, considerandola solo una possibilità remota, che Lord Bradford abbia potuto spingersi ad uccidere la signorina Isadora per impedirle di sposare un altro uomo dopo che lui stesso era stato rifiutato? -, domandò Holmes con noncuranza.
- No, questo mai — rispose indignata la governante. — Lord Bradford non è il marito che vorrei per mia figlia, ma non è certo il tipo che ucciderebbe per un rifiuto in amore. Sa, credo che l'unica cosa che interessi davvero a Lord Bradford siano i soldi.
- Il rifiuto di Isadora alle sue richieste galanti potrebbe dunque essere un buon motivo — intervenni, - la signorina disponeva di un patrimonio cospicuo"
- No — gridò quasi la signora Laramie; - tra di loro non hanno mai parlato di affari e"
- "e oltretutto — si intromise Holmes — uccidendo Isadora egli non ne avrebbe guadagnato nemmeno un pence. No, Watson, questa ipotesi non regge; dobbiamo cercare altrove. A proposito, signora Laramie, Isadora era una fumatrice?
- No, l'odore del tabacco, anzi, la infastidiva.
- Qualcuno dei frequentatori abituali fumava in casa?
- Lord Bradford, ma solo in rarissime occasioni.
Trasalii, ma il mio amico, facendomi cenno di restare calmo, continuò il suo interrogatorio senza mutare né tono di voce né espressione:
- Ieri la signorina aspettava visite?
- No, Isadora non mi ha accennato niente di simile. Quando uscii per recarmi a Lambeth a trovare mia figlia mi informò soltanto della serata che l'attendeva in compagnia del fidanzato.
- La ringrazio, signora Laramie; le assicuro che risolveremo questa terribile faccenda -, disse Holmes voltandole le spalle; ma giunto in prossimità della porta si fermò e si voltò di scatto: - ha per caso ritrovato un fazzoletto malandato di raso bianco, signora Laramie?
- No" -, la voce della governante aveva lo stesso tono stupito del suo volto.
- La ringrazio ancora di cuore -, disse Holmes congedandosi.
Entrando nella sala da pranzo notai con grande gioia, per la prima volta da quando avevamo cominciato quell'indagine, che il mio amico si muoveva con quel passo energico e baldanzoso che gli avevo conosciuto solo nei momenti topici delle nostre numerose e incredibili avventure.
- Caccia magra, vero Holmes? -, domandò Lestrade al nostro arrivo nell'atrio.
- Non meno di quella di Scotland Yard -, rispose a tono Holmes.
- Mi perdoni, Holmes, ma questa volta penso proprio di avere fatto meglio di lei -, replicò l'ispettore indicando Donovan con i polsi ammanettati.
Sherlock Holmes osservò Lestrade con aria sconsolata:
- Sta prendendo un abbaglio, ispettore; spero davvero che non voglia mandare sulla forca un innocente.
- Comprendo che incassare una sconfitta non possa farle piacere, ne potrebbe andare della sua reputazione; ma le assicuro che può contare sulla mia discrezione.
- Lestrade - replicò il mio amico serenamente, - qui non si tratta di discrezione, qui si tratta di giustizia.
- Sono stufo delle sue disquisizioni di lana caprina e delle sue bizzarre e sconclusionate teorie — si infervorò l'ispettore. — Ammetto che spesso lei abbia colto nel segno e ci sia stato di grande aiuto, ma questa volta le cose sono chiare come il sole: Donovan è colpevole e nessuna delle sue astuzie potrà salvarlo dalla giusta punizione che lo attende. Anzi, la pregherei di non insistere oltre o mi vedrò costretto a farla incriminare come complice per aver dato ospitalità e rifugio a un assassino.
Sherlock Holmes accese con studiata lentezza la sua pipa di terra e rimase alcuni minuti in perfetto silenzio. Mi chiedevo come avrebbe potuto uscire da quel vicolo cieco, ma sapevo che non si sarebbe arreso facilmente. E non appena gli agenti ebbero condotto fuori da Ascott House il nostro giovane amico, Holmes tornò alla carica:
- Cerchiamo di ragionare con calma, Lestrade. Ammetto che alcune spiacevoli circostanze tendono erroneamente ad indicare il signor Donovan quale il colpevole dell'omicidio"
- Non sono spiacevoli circostanze, sono prove! E"
- La prego, Lestrade; mi faccia esporre la mia teoria. Ho un'idea piuttosto precisa di come siano andate le cose, ma ho bisogno di alcune ore per collegare tutti gli anelli della catena. Le chiedo soltanto, per questo breve arco di tempo, di trattenere Donovan senza però incriminarlo formalmente.
L'ispettore Lestrade cominciò a masticare nervosamente un sigaro. Si muoveva avanti e indietro tra la porta di ingresso di Ascott House il grande scalone di marmo con l'inquietudine di un furetto.
- D'accordo — sussurrò, - ma al più tardi domani mattina Donovan sarà incriminato per l'omicidio della signorina Ascott.
Holmes accennò di sì con un lieve dondolio della testa. Il suo sguardo era ora acuto e penetrante come lo stiletto di un macellaio.
- Cominciamo dalle cose più evidenti — esordì il detective. — Perché un uomo di scarse possibilità economiche dovrebbe uccidere la donna che, sposandolo, lo farebbe diventare ricco? Se vogliamo ragionare seguendo le leggi della logica l'omicidio sarebbe stato ammissibile dopo il matrimonio, perché se Donovan l'avesse uccisa prima del fatidico sì e considerando che la signorina Isadora non era ancora in possesso del suo patrimonio, egli non avrebbe ottenuto nemmeno un pence di eredità. In secondo luogo — continuò Holmes mordicchiando il bocchino della pipa, - il ritrovamento della cenere di sigaretta scagiona senz'altro Donovan. Egli non è un fumatore, né lo era la povera vittima. In questa casa, a quanto riferisce la signora Laramie, l'unico che si è mai concesso la libertà di fumare era un intimo amico della signorina, Lord Bradford, che però ieri sera non era atteso"
- Lord Bradford — intervenne Lestrade — ha trascorso l'intera serata allo Shadow Card Club. Come vede, anche noi siamo in grado di fare indagini.
- Me ne congratulo, ispettore — ironizzò Sherlock Holmes riaccendendo la pipa. — Non resta dunque che il vecchio giudice Ascott o qualche altro misterioso visitatore al quale dovremo dare presto un nome. Avete interrogato anche il giudice?
- A dire il vero, no — rispose Lestrade. — Sappiamo che anche lui è rimasto fino a mezzanotte allo Shadow, lo hanno visto in molti, fra i quali anche Lord Bradford, ma da quel momento pare essere scomparso nel nulla. La sua casa di Sloan Street è deserta e"
L'irruzione trafelata e rumorosa di un agente, un giovane dalla faccia quadrata e slavata, impedì all'ispettore di concludere il resoconto della sua indagine notturna. Lestrade lanciò una delle sue minacciose occhiate di fuoco all'indirizzo del giovane che, fermo sull'attenti, non dava segno di voler parlare.
- Agente Smith, dica subito di che si tratta — intimò con un tono rude e imperioso Lestrade; - il signor Sherlock Holmes e il dottor Watson sono persone fidate.
- Si tratta del giudice Ascott, signore; lo abbiamo trovato: è morto impiccato; suicidio, signore — vomitò con fare telegrafico l'agente Smith.
- Dovevo immaginarlo, mi sono fidato troppo del mio istinto -, sussurrò sconsolato il mio amico.
- Che diavolo intende dire, Holmes? Non vorrà insinuare che il giudice Ascott"
- Non insinuo alcunché, ispettore; ma è pur vero che ho sottovalutato le possibili conseguenze della trama con la quale ci troviamo alle prese. Sono dell'idea — concluse Holmes stoppando con un gesto della mano una nuova domanda di Lestrade — che sia meglio dare un'occhiata alla casa del giudice Ascott.
Un quarto d'ora dopo eravamo in Sloan Street. Il piccolo villino, per quanto di nobile fattura, aveva un'aria tetra e decadente. Il giardinetto incolto, l'intonaco della facciata screpolata, gli infissi scheggiati dall'uso, i cardini della porta di ingresso mezzo arrugginiti e cigolanti denunciavano un lungo stato di incuria e abbandono. La casa del giudice, paragonata a quella della disgraziata nipote, pareva una catapecchia di uno dei tanti e tristi quartieri popolari di Londra. E anche all'interno lo scenario era assai diverso da quello ammirato a Eaton Square: mobili ricoperti da uno spesso strato di polvere, pareti ingiallite, tappezzeria lisa, poltrone con l'imbottitura dei cuscini e dei braccioli che sbuffava fuori dai numerosi strappi sull'elegante marocchino rosso di cui erano rivestite. E ancora, libri abbandonati un po' ovunque, posacenere stracolmi di mozziconi di sigarette, bottiglie di brandy e gin lasciate stappate e bicchieri usati e abbandonati a marcire su tavoli e mensole completavano il quadro di cialtronesco degrado in cui versava la residenza del giudice Ascott.
- Abitava solo da parecchi anni -, ci informò Lestrade, forse colpito dalle nostre espressioni incredule. — L'assenza di servitù ha fatto sì che pensassimo che non era in casa e invece"
- Dubito che avreste comunque potuto salvargli la vita -, sentenziò Holmes osservando ogni angolo del piano terreno, ogni minuto dettaglio che attirasse la sua attenzione in mezzo a quel caos indescrivibile.
Al piano superiore, in uno scenario di decadenza e abbandono non dissimile da quello del piano sottostante, un poliziotto di guardia davanti ad una delle tre porte che si aprivano sul pianerottolo ci svelò immediatamente quale fosse la stanza della tragedia.
Il corpo del giudice Ascott, rigido e con il volto contratto e stralunato, giaceva sopra il letto disfatto. Quel manichino inerte e reso irriconoscibile dall'irrigidimento dei muscoli produceva un senso di orrore e di disgusto. Ma ancora più raccapricciante apparve ai miei occhi la visione di una spessa corda di canapa che, fissata al soffitto grazie al solido gancio di ancoraggio del lampadario e terminante in un cappio, oscillava lentamente a mezz'aria sopra uno sgabello rovesciato sul pavimento. Chi aveva liberato il povero giudice Ascott dalla stretta mortale della corda non aveva avuto il buon gusto di fermare quel macabro pendolo.
- Poveretto -, sussurrò Lestrade. — Non ha retto al dolore per la perdita della nipote e si è ucciso.
- Sherlock Holmes osservò il pavimento della stanza, i vestiti abbandonati sciattamente sopra un piccolo sofà, lo scrittoio ingombro di carte sparpagliate in un disordine colossale.
- Direi che si tratta di omicidio — decretò il detective allontanandosi con uno strano scintillio negli occhi. — No, Lestrade, ora non faccia domande. Se volete scusarmi, vi vedrò volentieri stasera alle sette a Baker Street. Sono sicuro, ispettore, che potrete mettere le mani sui veri colpevoli di questa incredibile disgrazia.
Lestrade, tra imprecazioni e sbuffi di bile, lo inseguì e lo chiamò invano. Holmes, come il segugio attratto dall'odore forte e vicino della preda, era già scomparso da Sloan Street.
All'orario convenuto, con una puntualità da far invidia ad un orologio svizzero, la signora Hudson introdusse nel nostro salotto un agitatissimo ispettore Lestrade.
- Voglio proprio vedere quale bizzarra e sconclusionata teoria imbastirà il nostro Sherlock Holmes — sibilò causticamente.
- Lei ha davvero poca fiducia nel genio di Holmes — protestai bonariamente, - eppure non ha lesinato di servirsene ogni volta che si sia trovato a brancolare nel buio.
- Questa volta non servono colpi di magia, dottore; le cose sono chiare come il sole e il signor Donovan finirà sulla forca"
- Temo che dovrà presto rinnegare la sua affermazione, Lestrade -, squillò d'un tratto alle nostre spalle la voce di Holmes.
- Se si tratta di uno dei suoi soliti scherzi"
- Suvvia, si calmi, ispettore. Ammetto che i miei metodi non sono proprio ortodossi, ma non traggo mai le mie conclusioni senza il suffragio di prove oggettive. Se avrete qualche minuto di pazienza vi dimostrerò l'innocenza del signor Donovan svelandovi l'arcano di tutta la faccenda.
Lestrade, indispettito dal tono enfatico di questo prologo, borbottò qualcosa ficcandosi in bocca un sigaro enorme. Roteò per alcuni secondi i suoi occhi accesi di risentimento da una parte all'altra della stanza e, finalmente, si mise seduto. Holmes, in piedi, appoggiò le spalle alla mensola del caminetto e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni.
- Devo informarvi, - cominciò il mio amico in tono compiaciuto — che avrebbe dovuto essere presente anche Lord Bradford, ma per ragioni legate alla sua delicata posizione pubblica ha preferito consegnare una dichiarazione giurata, raccolta davanti a testimoni super partes, nelle mani del comandante in capo di Scotland Yard. Qualora ce ne fosse bisogno per chiarire definitivamente la faccenda di cui sto per parlarvi potremo farvi liberamente ricorso.
- Le prove contro il suo cliente" -, insistette Lestrade.
- La realtà, spesso, è assai più complicata di quanto appaia — sogghignò Holmes. — Ho sempre sostenuto che guardare e vedere non basta; bisogna osservare, altrimenti finirà con lo sfuggirci proprio quel minuto dettaglio che può rivelarci la vera natura delle cose. La verità è che la signorina Isadora Ascott è rimasta vittima di un banale, quanto spiacevole, incidente. Nessuno l'ha colpita, è semplicemente caduta sbattendo mortalmente la testa sul primo gradino della grande scala di marmo di Ascott House. Avrà potuto notare, e comunque potrà farlo più tardi — sorrise fissando Lestrade, - lo strappo nella parte posteriore dell'abito di Isadora e i piccoli frammenti di tessuto rimasti impigliati nel tacco delle sue scarpe.
L'ispettore si contorse sulla sedia:
- Non me ne ero accorto" ma qualcuno"
- Certo, se in quel momento non fosse stata profondamente sconvolta per il litigio appena sostenuto con lo zio Gregory, la povera Isadora sarebbe ancora in vita. Il vecchio giudice porta senz'altro la responsabilità morale della tragedia, ma ha già pagato a caro prezzo con la sua stessa vita.
- E' ancora tutto assai poco comprensibile -, dissi anticipando le proteste dell'ispettore Lestrade.
- Adesso chiariremo tutto — riprese Holmes. — Quando ieri sera mi recai ad Ascott House potevo contare solo sulla certezza che Isadora era morta, perché di questo ci aveva informati il suo fidanzato, e sulle poche informazioni apprese dalle colonne del Chronicle; eppure ero convinto che Donovan fosse innocente. Come vi ho già spiegato — disse rivolgendosi a Lestrade — non mi pareva logico che un uomo di umili origini e di scarsi mezzi finanziari potesse aver ucciso la sua ricchissima promessa sposa, perché anche riuscendo a sfuggire alla giustizia si sarebbe condannato a rimanere il povero diavolo squattrinato di sempre. No, non c'è alcuna spiegazione plausibile alla presunta colpevolezza di Donovan e l'ipotesi che lui possa essere l'assassino è, oltre che assurda, assolutamente improbabile. E' vero — declamò con voce impostata stoppando le proteste dell'ispettore, - le impronte sul tappeto e il suo bastone macchiato di sangue vicino al corpo della vittima sembravano inchiodarlo; ma ragioniamo. Essendo solo in casa con la fidanzata e sapendo che la signora Laramie non sarebbe rientrata prima di mezzanotte, perché fuggire tanto in fretta da abbandonare l'arma del delitto firmando così la propria stessa condanna? E poi, ispettore, ha notato bene il pomello del bastone? A parte l'essere sporco di sangue, sul bastone non c'è la minima traccia di un capello della vittima, una circostanza quantomeno strana se quella fosse davvero l'arma del delitto"
- E va bene — ammise sbuffando Lestrade, - ma come giustifica le impronte del signor Donovan?
- E io le chiedo: perché ci sono le impronte di Donovan e non quelle di Isadora?
- Veramente"
- Proverò a ricostruire i fatti — disse Holmes accendendo la pipa. — Ho verificato il percorso dei due fidanzatini e tutto corrisponde al racconto fattoci da Donovan: il concerto, la cenetta intima, il ritorno in carrozza con il vetturino che li ripara dalla pioggia con il suo ombrello fino a che non sono nell'atrio di Ascott House, e questo ci dice del perché non ci sono le impronte di Isadora e, per conseguenza logiche, quelle di Donovan. E corrisponde al vero anche il ritorno di Donovan, in carrozza, a Soho. I vetturini, come gli altri testimoni, sono stati molto precisi nel fornire i particolari di cui avevo bisogno. L'ultimo vetturino ricorda di aver visto il giovane senza bastone e conferma di essersi immediatamente allontanato per tornarsene a casa, al calduccio del focolare. Ora, se le cose stanno così, l'assassino Donovan sarebbe davvero tornato a Ascott House a piedi, sotto il diluvio e con il rischio di essere scoperto, dopo essersi allontanato indisturbato e senza destare sospetti dalla scena del delitto? No, un assassino non lo avrebbe fatto. Donovan, invece, torna sui suoi passi per recuperare il suo bastone. Il buon senso, oltre che la logica, lo scagionano completamente. Ed ecco svelato anche il mistero delle impronte. Quando arriva ad Ascott House Donovan nota il portone accostate e le luci ancora accese. Gli pare insolito e assurdo. Teme qualcosa di grave e trascinato dal suo cieco trasporto amoroso si precipita in casa senza curarsi di asciugare e pulire le suole delle scarpe sullo zerbino.
- La vista della fidanzata senza vita gli fa immaginare un omicidio e quando vede il suo bastone imbrattato di sangue teme che qualcuno possa accusarlo di quella orribile morte e corre a chiedere il nostro aiuto" -, chiosai sorseggiando due dita di brandy.
- Esattamente, Watson.
- E come, e perché, sarebbe avvenuto l'incidente mortale che ha ucciso la signorina Ascott? -, domandò Lestrade ormai convinto della bontà delle teorie di Holmes.
- Dopo che Donovan uscì da Ascott House — riprese il mio amico sedendosi e mostrando chiari segni di stanchezza sul suo viso emaciato e spigoloso, - arrivò in visita il vecchio giudice Ascott.
- Ma come può dirlo? -, protestò l'ispettore.
- Intanto, c'è il particolare della cenere che ho ritrovato nella biblioteca. Lei sa che in materia sono un'autorità avendo pubblicato un piccolo ma esaustivo saggio, e proprio per questo motivo le dico che quella cenere è dello stesso tipo di quella che invade anche l'abitazione del giudice. Ma questa scoperta è stata solo la conferma finale. Che il giudice Ascott avesse fatto visita alla nipote lo avevo già scoperto stamani, durante l'interrogatorio della signora Laramie.
- Ma come" -, questa volta fui io a mostrarmi sorpreso. Ero stato con lui nella grande cucina di Eaton Square e non avevo colto il minimo indizio di una simile scoperta.
- Vede, Watson — sghignazzò quasi il mio amico, - quando stavamo per uscire nella cesta della legna per il caminetto ho notato un fazzoletto di raso bianco macchiato di sangue. Ricorderà che mi sono fermato di scatto per richiamare la signora Laramie. Anche lei si è voltato e distraendovi entrambi in questo modo ho avuto il tempo di raccogliere, del tutto indisturbato, il fazzoletto. Come potete vedere — disse mostrandoci il quadrato di stoffa in questione che tirò fuori da una tasca della giacca — ci sono le iniziali "G.A.", Gregory Ascott. Del resto, in casa del giudice, nei cassetti come disseminati un po' ovunque, ce ne sono almeno due dozzine della stessa fattura e con le stesse identiche iniziali.
- Perché il fazzoletto era finito in cucina? -, chiese l'ispettore.
- Il giudice era arrivato ad Ascott House per pregare la nipote di rimandare di qualche tempo le pratiche notarili per il passaggio del controllo del patrimonio — continuò Holmes come ignorando la domanda. — Aveva bisogno di tempo per saldare, senza sospetti, un grosso debito contratto con un'organizzazione di usurai. Il giudice aveva il maledetto vizio del gioco delle carte. Amava puntare forte, ma non era molto fortunato. Un vizio che, per far fronte ai debiti contratto ai tavoli verdi dello Shadow, lo ha obbligato quasi a dilapidare il cospicuo patrimonio della nipote.
- E così — intervenne Lestrade — il vecchio giudice, per poter restituire i soldi alla signorina Ascott, è ricorso a prestiti illeciti che lo hanno strangolato finanziariamente ancor più di prima e i sicari della banda di usurai gli hanno fatto la festa. Però — aggiunse in tono soddisfatto notando che Holmes approvava il suo ragionamento — non capisco il ruolo di Lord Bradford in questa vicenda.
Holmes aspirò profondamente dalla pipa e socchiuse gli occhi. Restò assorto non più di qualche secondo, ma a noi poveri spettatori parve un'eternità.
- Lord Bradford è entrato in scena del tutto inaspettatamente anche per me — disse finalmente il mio amico in tono quasi drammatico. — Questo pomeriggio sono andato allo Shadow Card Club per raccogliere notizie sul vecchio giudice Ascott. E' lì che ho scoperto del suo indebitamento e dei loschi affari della cupola di insospettabili usurai che vi agisce del tutto indisturbata. Uno dei testimoni è stato proprio Lord Bradford, che ho sorpreso al tavolo da gioco impegnato a perdere un bel gruzzoletto di sterline. Sulle prime, a dire il vero, Lord Bradford è stato molto generico e sfuggente, ma insistendo e insinuandogli il dubbio che poteva essere coinvolto nell'inchiesta ha subito mutato atteggiamento. E' stato preso dal terrore folle di veder bruciata la sua brillante carriera politica, perché tra i nomi di alcuni personaggi della cupola di strozzini figurano anche alcuni suoi soci in affari, esponenti della politica e della stessa magistratura. Lord Bradford ha detto di sentirsi colpevole di quanto accaduto al giudice"
- E' incredibile, Lord Bradford un usuraio — esclamò, in tono di disgusto, Lestrade.
- No, si calmi ispettore. Lord Bradford mi ha dato ampie prove di essere estraneo a quella spregevole attività. Il fatto è che non riesce a perdonarsi di aver negato un prestito che il giudice gli aveva chiesto, in via confidenziale e in nome della vecchia amicizia di famiglia, per calmare le richieste sempre più pressanti e minacciose degli sgherri degli usurai.
- E negandogli quel prestito ha firmato la condanna a morte del giudice — dissi.
- Sì, Watson, e ancora più inconsapevolmente quella di Isadora. Vedete — spiegò invitandoci a rimanere calmi, - di fronte al rifiuto di Lord Bradford, al giudice Ascott non rimase altra strada che tentare un accordo con la nipote, per dilazionare la restituzione del patrimonio. Rinviando la transazione con Isadora e usando i pochi soldi che non aveva ancora sperperato al poker, pensava di blandire, almeno per un po', la sete di denaro di quella banda di iene assatanate. Era una scommessa rischiosa e l'ha persa. Isadora, convinta che lo zio volesse frapporre l'ennesimo ostacolo al suo matrimonio con Donovan, reagì alla proposta con un rifiuto fermo e, temo, anche sgarbato. Ne nacque un litigio. Probabilmente il giudice deve aver tentato di avvicinarsi alla nipote, magari di prenderle semplicemente una mano, per blandirla con qualche moina. Isadora, per sfuggirli, deve essersi messa a correre. Voleva raggiungere la sua stanza, al piano di sopra, ma una volta nell'atrio un tacco delle scarpe le si è impigliato nella veste, è caduta e ha sbattuto la testa mortalmente. Di fronte a quella scena il giudice, sconvolto dal dolore, ebbe un'improvvisata levata d'ingegno e"
Holmes sbiancò improvvisamente. Sudava e un piccolo tremito gli scoteva le mani. Era stanco e provato da quelle lunghe ore di lavoro in cui si era sottoposto a uno sforzo al quale il suo fisico e il suo intelletto non erano più abituato da tempo. Trangugiò un lungo sorso di brandy e dopo un attimo sembrò riprendersi.
- Il giudice — riprese, - notato il bastone di Donovan, pensò di inscenare un finto omicidio con il quale, era sicuro, si sarebbe liberato per sempre di quel giovane che voleva sposare sua nipote. Era la sua vendetta, per quanto inutile e subdola. Prese il bastone, passò il pomello d'avorio nella pozza di sangue, lo depositò accanto al corpo della nipote e cominciò a battere in ritirata. Prima di uscire, però, deve essersi accorto di avere una mano lorda di sangue. Si pulì istintivamente con il fazzoletto di raso, dove si notano piuttosto chiaramente i segni dell'indice e del medio della mano destra. Un gesto che, recuperata la lucidità dell'uomo di legge, comprese che lo avrebbe incastrato, se per caso qualcuno lo avesse scoperto in possesso di quel fazzoletto. Pensò allora di nasconderlo nella cesta della legna con la speranza che finisse nel fuoco e distruggendo così ogni prova della sua visita. Ma non è andata così: lo ha tradito il pizzico di cenere che era caduto dalla sua sigaretta e questo ritrovamento, per quanto in modo fortunoso, ci ha portati anche alla scoperta del fazzoletto.
- Bene, ora resta da scoprire chi abbia ucciso il giudice. — disse Lestrade. — Non sarà un'impresa facile.
- Credo che il mistero sia già chiarito — affermò invece Holmes con noncuranza. — Basterà mandare una dozzina di agenti al Tabacco Dock domani mattina alle 8, mezz'ora prima che il Queen Ottawa molli gli ormaggi per far ritorno in Canada. A quell'ora i marinai saranno tutti a bordo. Dovrete metterli sotto pressione e i responsabili della morte del giudice Ascott si tradiranno senz'altro. Non sono killer professionisti, cederanno senza problemi ai convincenti metodi di Scotland Yard.
- Come fate ad essere certo che troveremo gli assassini proprio su quella nave? -, chiese Lestrade stupito.
- Quando entrammo nella camera da letto del povero giudice Ascott la mia attenzione fu subito attratta da un particolare che non credo abbiate notato — cominciò a spiegare il mio amico in tono affaticato e al tempo stesso carico di vanità. — La corda con la quale è stato impiccato non è una comune corda come tante, né è reperibile in commercio in Inghilterra. Si trattava di una corda marinara, una sagola molto robusta nonostante lo spessore contenuto, e la sua fattura, davvero originale, me ne ricordava una simile che alcuni anni fa avevo potuto vedere su un veliero canadese, un particolare che tra l'altro mi è stato confermato anche da un ufficiale della Capitaneria. Quindi, ho controllato gli arrivi e le partenze di navi canadesi nell'ultima settimana e ho scovato la Queen Ottawa, 18 marinai a bordo, tutti incensurati, che è attraccata sei giorni fa con un carico di pellami ed è in partenza domani mattina con un carico di materie tessili di prima qualità. Non si sono avuti altri arrivi dal Canada, né ci sono state altre partenze di imbarcazioni canadesi da sei giorni a questa parte. Gli assassini, almeno tre direi, devono per forza trovarsi a bordo di quella nave.
Appena Holmes ebbe terminato di parlare calò un silenzio tetro e opprimente. La sfortuna che si era abbattuta su Isadora e sul John Donovan pareva tutta racchiusa in quella stanza di Baker Street. Anche dalla strada, come in uno strano complotto delle cose, non giungeva il minimo rumore.
- Bene — disse d'un tratto Lestrade alzandosi e indossando il cappotto, - seguirò le sue istruzioni e se avrà ragione, e non lo dubito, domani per l'ora di pranzo il signor Donovan sarà in libertà.
Holmes annuì stancamente. L'ispettore aveva già aperto la porta e stava per uscire dal salotto quando si voltò e chiese d'improvviso:
- E con la questione della banda di usurai come devo comportarmi?
- E' un brutto affare, ispettore — rispose Holmes. - Uno sporco affare che getterebbe fango su molte nobili e rispettabili famiglie. Lasci perdere, o finirà col dover mettere sotto accusa troppi papaveri del sacro mondo della giustizia e della politica. Del resto, non la passeranno liscia. Lord Bradford, che pur essendo esterno all'organizzazione ne conosce bene i gangli, sta già consegnando ad ognuno di loro una mia lettera che, le assicuro, non troveranno piacevole ricevere. Piuttosto che essere denunciati e messi alla berlina in un pubblico processo, penseranno bene di chiudere con la loro losca attività criminale. Sono anche certo che appianeranno molte situazioni restituendo alle vittime parte dei soldi che hanno loro disonorevolmente estorto. E anche dopo questa piccola espiazione, continueranno a vivere nell'incubo di poter essere additati alla giustizia per quello che hanno fatto e condannati in qualsiasi momento della loro esistenza.
Lestrade fece cenno di sì senza aggiungere parola.
- La prego — aggiunse Holmes tirando un profondo sospiro, - di telegrafarmi i risultati della vicenda. Domani mattina stesso partirò per la Cornovaglia. Ho bisogno di un po' di riposo e nessun luogo è più adatto allo scopo. In questa stagione il tempo è infame e sono certo che nulla turberà la mia quiete e i miei studi sulle radici caldee della lingua celtica. Il Caso del piede del diavolo è troppo recente, perché qualche altro mistero turbi una comunità così piccola e pacifica come quella di Tredannick Wollas. Spero, dottore, che vorrà accompagnarmi.
- Non chiedo di meglio -, replicai con entusiasmo