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Nessuna Casa, Cinque Case

di Marco Zatterin

La casa in cui abitava Sherlock Holmes è sopravvissuta al Blitz tedesco e alla guerra mondiale, ma non alla foga che negli anni seguiti alla fine del conflitto ha agitato gli speculatori inglesi affamati di aree su cui costruire edifici "più moderni e funzionali". L'hanno tirata giù senza pensarci due volte, e il fatto di non sapere cosa stessero facendo può solo in parte giustificare lo scempio. Sono spariti i vecchi edifici georgiani, è stato raso al suolo l'intero tratto di Baker Street fra Dorset Street e Blandford Street, proprio quello dove un tempo abitava il più grande fra i detective. L'isolato fra i numeri 37 e 67 è oggi occupato dai grigi uffici di cemento della Marks & Spencer. Una porzione di mito è stata cancellata proprio mentre l'euforia sherlockiana cominciava a fare capolino mostrando la sua faccia più commerciale poche centinaia di metri più su, sulla porta di quel celebre 221B che 221B non è.
All'indirizzo di Baker Street consacrato alla Storia dalla penna di John H. Watson sfilano i turisti giapponesi, minuti e precisi come le loro macchine fotografiche. Holmes non abita più qui, e del resto in questa vecchia, sobria costruzione di mattoni scuri l'investigatore non c'è mai stato. Il 221B è il recapito inventato dal dottore e biografo per far perdere le tracce dell'amico detective, per tenere lontani curiosi e criminali, e tentare i lettori con una sfida senza precedenti, quella di scovare l'esatto numero civico della residenza sherlockiana. Il gioco è ricco di insidie eppure è relativamente agevole arrivare alla conclusione che la casa di Uno Studio in Rosso si trovasse fra il numero 59 e il numero 63. Cioè sotto Marks & Spencer. Il caso (il caso?) ha voluto che all'azzeramento dell'edificio sherlockiano il tempo abbia cercato di porre rimedio moltiplicando la ricostruzioni delle stanze e degli ambienti condivisi dai due amici investigatori. A Londra troviamo il Museo Sherlock Holmes, allestito proprio al presunto 221B, e la replica dello studio holmesiano che si trova al primo piano dello Sherlock Holmes Pub di Northumberland Avenue, a due passi da Trafalgar Square. A Manchester, gli studios della Granada Tv ripropongono un'intero segmento di Baker Street e i locali abitati da Jeremy Brett quando interpretava l'investigatore nella celebre serie televisiva. A Meiringen, sede svizzera dell'ultimo confronto col famigerato professor Moriarty, un bel museo rinnova i fasti del più grande fra i detective. Infine, sempre nella Confederazione Elvetica, una quinta riproposizione del tema è custodita nel castello della piccola Lucens, col difetto di essere proprietà privata e di non essere aperta ai visitatori. Tutto questo fa sì che, alla fine del gioco, si contano cinque case e nessuna casa, cinque luoghi e cinque possibili mete per un viaggio geografico letterario che, fra architetture d'antan e misteri più recenti, non può che cominciare fra fish and chips e statue di cera, a pochi metri da una delle stazioni più vecchie delle metropolitana londinese, su una strada affollata del quartiere di Marylebone.  

IL PROBLEMA INIZIALE. "Ho messo gli occhi su un appartamento in Baker Street" dice Sherlock Holmes al Dottor Watson una mattina di gennaio del 1881. I due si sono appena conosciuti in un laboratorio dell'ospedale Saint Bart's. Cercano casa, non hanno troppi mezzi. Si studiano e si danno un appuntamento per il giorno successivo, "per vedere i locali al n.221B" che scopriremo essere composti da "due comode camere da letto e da un unico ampio salotto che prendeva luce da due finestroni". Siamo al primo piano. L'arredamento è "festoso", le stanze "attraenti" e il prezzo "conveniente". L'affare e' fatto. E i due non ancora amici si trasferiscono la sera stessa nella loro nuova abitazione. Nei resoconti delle avventure di Sherlock Holmes, Watson ha seminato innumerevoli particolari che consentono di farsi un'idea precisa di come fosse la casa. Sappiamo che sono diciassette gli scalini da salire per arrivare al salotto, che sulle pareti ci sono stampe, grafici scientifici, scaffalature cariche di libri e un ritratto del generale Gordon (appeso dopo la sua morte avvenuta nel 1887), che un in un angolo c'è il tavolo per gli esperimenti chimici di Holmes, in mezzo un sofà. "Il nostro alloggio era sempre pieno di sostanze chimiche e reliquie di criminali che avevano l'abitudine di vagabondare nei posti più inadatti, andando a finire magari nel piatto del burro e persino in luoghi ancor meno desiderabili", annota Watson ne Il cerimoniale dei Musgrave. Disordine, insomma. Oggetti sparsi ogni dove. E odori forti, quelli dei preparati bruciati e del tabacco da marinaio tanto caro a Sherlock Holmes.  Nel salone principale dovevano esserci almeno due poltrone, una abbastanza grande per ospitare il lungo investigatore. Di sicuro vi era un tavolo, visto che il Dottor Thorneycroft Huxtable, nel caso de La Scuola del Priorato, vi si "appoggiò prima di scivolare a terra dove la sua maestosa figura si abbattè prona e insensibile sul nostro tappeto di pelle d'orso". Gli scrittoi erano due, uno per inquilino; la libreria principale doveva trovarsi sulla parete a sinistra del camino, di fronte alla finestra. Doveva essere un interessante accavallarsi di generi letterari, un curioso mondo di incontri fra Tacito e Thoreau, Flaubert e Goethe, Carlyle e Meredith. Tutti accompagnati dai testi di consultazione, enciclopedie e Baedeker's. E, infine, dai taccuini carichi degli appunti di Watson e delle note di Holmes. Abbiamo pochi dettagli per ricostruire la camera da letto del dottore, mentre quella di Holmes ha una fisionomia più precisa. C'era una piccola finestra, un letto, forse una cassaforte, un camino sul cui ripiano giaceva una miriade di oggetti, "un mucchio di pipe, buste portatabacco, siringhe, temperini, cartucce per il revolver, e altri arnesi sparpagliati". Ogni parete era coperta da ritratti di famosi criminali. Il guardaroba doveva essere sul pianerottolo, insieme con la toilette. La signora Hudson, la padrona di casa, alloggiava al piano terra. La cucina si apriva sul retro ove avrebbe potuto esserci un piccolo giardino. Tutto questo non avveniva al 221B di Baker Street dove adesso ha sede la Abbey National, una società finanziaria specializzata in mutui per l'edilizia. Il numero non può essere corretto, se non altro perché ai tempi della regina Vittoria, Baker Street era assai più corta. Occupava solo quattro isolati, andava dalla Dorset alla Berkeley, laddove comincia Portman Square. Riprendeva più in alto, dopo Marylebone Road e sino a Park Road, con il nome di Upper Baker Street, frazione dove al presente si trova il numero 221B. Per questo e per altri motivi la residenza di Holmes e Watson va cercata più in basso. Molti studiosi holmesiani hanno tentato di identificare il domicilio del grande segugio. T.S. Blakeney, in Sherlock Holmes, fact or fiction (1932), sceglie il numero 47 sulla base di quella che lui definisce "un'affidabile autorità locale". Bernard Davies, nel suo Backyards of Baker Street pubblicato in The Seventeen Steps to 221B, opta per il 31. William S. Baring Gould, in The Annotated Sherlock Holmes (1967), si limita ad attirare l'attenzione sul segmento compreso fra il 19 e il 35. L'americano Gray Chandler Briggs, difeso da Vincent Starrett, ha optato per il numero 66. Gavin Brend, autore dell'ottimo My Dear Holmes (1951) si è focalizzato sulla terna formata dai numeri 59, 61, 63, dando una lieve preferenza al mediano. Difficile stabilire chi possa aver ragione, soprattutto perché sino al numero 67 della via non ci sono stabili più vecchi di cinquant'anni. Il primo d'epoca è una filiale della National Westminster che si trova al 69. Esaminando comunque le vecchie planimetrie londinesi si vede che Brend ha le chance più elevate. Il ragionamento conduttore si basa su un pacchetto di elementi confezionato e disperso da Watson nei suoi racconti. Innanzitutto, il 221B si trova sul lato occidentale della via: ne L'avventura della scatola di cartone, Watson descrive "il riverbero del sole sulla facciata gialla della casa di fronte" e, posto che la narrazione si riferisce alle ore pomeridiane (Holmes continuava a leggere la lettera "recapitata con la posta del mattino" e il termometro segnava 35 gradi, temperatura raggiungibile in agosto solo nelle prime ore del pomeriggio), il riflesso non poteva che apparire su una casa situata ad oriente. Questo taglia fuori Briggs che suggeriva il lato est della trasversale.  Di fronte al 221B, scrive Watson ne La Casa Vuota, c'è Camden House. Holmes e Watson la raggiungono passando per Cavendish Square, Manchester Street e la stessa Blandford Street. Da quest'ultima via, imboccano "uno stretto passaggio", Blandford Mews. Entrano nella palazzina dall'ingresso posteriore e notano che la porta principale e' dominata da un lucernario. Siamo sul lato orientale di Baker Street. Il numero che cerchiamo, la base di Holmes e Watson deve trovarsi dall'altra parte, sull'isolato compreso fra Dorset Street e la Blandford. Descrizione alla mano, il civico non può che essere il 59, il 61 o il 63. Il diadema di berilli ci regala un indizio aggiuntivo. Lo sfortunato banchiere Alexander Holder arriva trafelato da Holmes dopo una corsa nella neve e dice aver viaggiato con la sotterranea e poi di essersela fatta a piedi perché con questo tempo e carrozze "vanno troppo lentamente". Il 221B, allora, doveva trovarsi ad una distanza che di norma sarebbe stata percorsa con una vettura. Ebbene, Dorset Street dista dall'Underground circa 500 metri, il minimo per far ricorso ad un cab. Fissato il margine superiore, veniamo al limite inferiore. Per dire che il 221B si trova a Nord di Blandford Street occorre scandagliare Il Cane dei Baskerville. Quando il dottor Mortimer e Sir Henry abbandonano le stanze di Holmes e Watson, la coppia decide di pedinarli. "Ci precipitammo giù per le scale e uscimmo in strada. ...erano ancora visibili a circa duecento metri da noi, diretti verso Oxford Street". Holmes "affrettò il passo finché non avemmo dimezzato la distanza che ci separava da loro. Poi, pur mantenendoci ad un centinaio di metri, li seguimmo per Oxford Street". Ora, fra Bladford Street ed Oxford Street ci sono nuovamente circa 500 metri, misura che possiamo ritenere minima perché due individui recuperino 100 metri senza correre.  Morale: il 221B è fra la Dorset e la Blandford. Lo conferma anche un rapido studio della Camden House. Un'altra evidenza? Torniamo a Il Cane e ricordiamo che, quando giungono da Holmes, Sir Henry e Mortimer sono seguiti da uno sconosciuto con la barba. La loro vettura si ferma davanti al 221B, la seconda si arresta più o meno a metà strada fra il portone e Blandford Street. Se consideriamo che l'isolato è lungo circa 150 metri e che, per non essere notato, il cab del pedinatore avrebbe dovuto essere a circa 50 metri da quello di Baskerville giungiamo ad affermare che il 221B si trova a circa 50 metri da Dorset Street. Dunque al 59, al 61 o al 63. Dimentichiamo il 221B... 

IL MUSEO (voto: 6+, di incoraggiamento). Inaugurato il 27 marzo del 1990 da John Aidiniantz, lo Sherlock Holmes Museum è un edificio del 1815 e, sebbene porti il numero 221B, ha un civico ben più alto ( 237-239): è stato disabitato dal 1934 per colpa di una parete pericolante. L'ingresso costa cinque sterline da sempre, prezzo per la verità un po' salato al cambio attuale. Un bobby inglese protegge la porta principale, mentre l'accoglienza è incarico di una Signora Hudson meno stagionata del previsto. Al primo piano c'è la stanza comune di Holmes e Watson, ben ricostruita, sul retro quella dell'investigatore. Al livello superiore una sala con una mostra di cimeli sherlockiani e, all'ultimo piano, un negozietto di oggetti abbastanza cari. Nel complesso la visita è giustificata, ma resta un certo amaro in bocca per la mancanza del giusto senso di sacralità di cui un luogo come questo dovrebbe essere permeato. Ha insomma la meglio il senso dello sfruttamento commerciale dell'operazione e questo guasta l'atmosfera. L'invito a vestire il deerstalker e a sedersi nella poltrona con la calabash è la goccia che fra traboccare il vaso. 

IL PUB (voto: 9, per una passione ormai storica). Qui facciamo un bel salto di qualità. Al fondo di Northumberland Avenue, subito dietro la stazione di Charing Cross, lo Sherlock Holmes Pub custodisce uno dei più affascinanti gioielli holmesiani: la ricostruzione dello studio del detective realizzata dal celebre scenografo teatrale Michael Weight per il Festival of Britain del 1951. Allora l'esibizione fu finanziata dalla Marylebone Bourough Library e dalla Abbey National Building Society che realizzarono un evento capace di attirare 54 mila visitatori fra il 21 maggio (giorno in cui fu inaugurata da Jean e Adrian Conan Doyle) e l'autunno inoltrato. L'anno successivo la mostra fu portata con eguale successo negli Stati Uniti. Nel 1957 la Whitbread and Co. acquisì l'insieme degli oggetti de La Stanza e decise di esporli al primo piano di quello che sino ad allora era stato il Northumberland Arms. La scelta non fu affatto casuale. Prima di diventare una public house, l'edificio aveva ospitato un albergo nel quale - fra gli altri - prese alloggio Sir Henry Baskerville prima di tornare a Dartmoor per sfidare il celebre cane della landa. Per pura coincidenza (coincidenza?), l'hotel si trovava su Craven Passage, stretto vicolo da cui si accedeva al bagno turco frequentato da Holmes e Watson nel caso de Il nobile scapolo. I motivi moreschi sono ancora visibili nelle mura di quella che oggi è un'agenzia di banca. Il tesoro è al primo piano, ma appena entrati si può gustare una ampia selezione di reperti vittoriani, foto di scena, manifesti e riproduzioni di temi canonici. C'è anche una discreta selezione di gadget in vendita, interessante anche se non proprio a buon mercato. Salendo la scala si entra nel paradiso sherlockiano. La Stanza è piccola eppure carica di sorprese. La vestaglia, la scritta VR incisa sul muro a colpi di pistola, le pantofole, il violino: tutto è come nei libri di Watson. Se poi aggiungiamo che la cucina del ristorante non è male, la festa è completa. L'unico neo, alla fine, è l'aver battezzato i piatti ispirandosi alle avventure di Holmes. Una scelta, questa, piuttosto pacchiana. 

BRETT STREET (voto: 10 agli esterni, 7 agli interni). Nel cuore degli Studios della Granada Tv di Castlefield, a Manchester, si ripropone il mito di Baker Street, la stessa che ha fatto da sfondo per la serie con Jeremy Brett, ora coperta e trasformata in un grande teatro di posa vivente. Realizzato fra il gennaio e il maggio del 1982 da un team di consumati professionisti - Mike Grimes, Tim Wilding, Margaret Coombes - il set permette di respirare tutta la magia della finzione televisiva, i dettagli sono curati come forse solo gli inglesi sanno fare. Si entra e si esce dai negozi esattamente come Holmes e Watson, passano carrozze, mezzi a vapore e tram, si incontrano damine armate di ombrellini e borsettine, ragazzi di strada sporchi, ma dallo sguardo luminoso e l'aria irregolare. C'è anche il Barber Shop creato per l'episodio de Il ciclista solitario. E' tutto molto bello, delicato, vale proprio la visita. Gli ambienti sherlockiani all'interno sono di livello inferiore, troppo spaziosi rispetto a quanto avrebbero potuto essere; gli scenografi devono aver privilegiato il tentativo di mettere ben in mostra le reliquie del piccolo schermo piuttosto che cercare di ricreare l'esatta atmosfera del 221B. Va bene lo stesso. Troviamo gli abiti, i mobili e gli oggetti di Jeremy Brett, David Burke e Edward Hardwicke, in bella mostra. Archiviata la serie con la scomparsa del fantastico Jeremy, la Granada offre qui il miglior contatto possibile con un mito che sta diventando lentamente leggenda. La stretta porta incoronata dalla mezzaluna di vetro su cui appare in caratteri dorati un grande 221 accompagnato da una piccola B ricorda la deliziosa scena della prima puntata della serie (trasmessa sull'Itv il 24 aprile del 1984), quella in cui Irene Adler passa davanti ai due amici e, senza farsi riconoscere, augura Buonanotte! al Signor Holmes. 

MEIRINGEN (voto: 9, per lo stile). Il paesino svizzero, stretto al centro della valle in cui si gettano con fragore le acque del Reichenbach - il fiume che forma le cascate dove nel 1891 si svolse l'ultimo scontro fra Holmes e professor Moriarty - accoglie il viaggiatore con una statua del grande investigatore eretta al centro di Piazza Conan Doyle. Lo slargo si chiama così dal 5 maggio 1991, da quando cioè è stato tenuto a battesimo da Dame Jean Bromet, la figlia dell'agente letterario di Watson. Lo stesso giorno, sotto la Chiesa Inglese che occupa la piazza, è stato inaugurato lo Sherlock Holmes Museum, ennesima ricostruzione dei locali del 221B di Baker Street, la migliore realizzata sinora. Il merito va tutto a due architetti inglesi, John e Sylvia Reid. Un gran bel lavoro, assolutamente imperdibile.  L'opera è impressionante. Si scende una stretta scalinata, si passa una stanzetta carica di oggetti vittoriani e si arriva davanti a La Stanza. Tutti i dettagli sono curati. La carta da parati, ad esempio, è la medesima che Woollams & Company vendevano un secolo fa. I mobili sono in stile georgiano, c'è il ritratto di Gordon, le due poltrone, il sofa, il caminetto con le pipe e i sigari, l'angolo della chimica. Ad essere pignoli si può solo contestare il fatto che la marca sulla scatola del tabacco che si trova a sinistra vicino al fuoco non è Bradley. È una ricostruzione superiore rispetto alle altre, e non solo perché realizzata grazie ai copiosi fondi svizzeri. Da sola, vale il viaggio fino a Meiringen.

IL SEGRETO (senza voto). Non si può visitare e quindi è meglio sospendere pro tempore il giudizio. La quinta replica de La Stanza si trova nel castello di Lucens (nel cantone Vaud, in Svizzera), bella costruzione che domina una paese di duemila anime. L'edificio è proprietà privata e i suoi padroni hanno deciso di non condividere i piaceri holmesiani col resto del mondo. Dalle foto vecchie di una decina abbondante di anni, l'ambiente sembra interessante e ben curato, e va considerato che Adrian Conan Doyle ebbe un ruolo cruciale nella preparazione dell'insieme. Ma la sua storia non è fra le più edificanti.  Alla morte del fratello Denis avvenuta nel 1955, Adrian era rimasto unico titolare dell'eredità del padre, una preziosa raccolta di manoscritti, fogli e appunti. Nel 1962 ebbe l'idea di istituire una fondazione intitolata ad Arthur Conan Doyle e, con l'aiuto del governo svizzero, riuscì ad acquistare il castello di Lucens per aprirvi un museo dedicato al genitore. In capo a pochi mesi si capì che il flusso dei visitatori sarabbe stato inferiore alle aspettive e insufficiente a mantenere in vita il progetto. Adrian, che abitava il vetusto palazzo, cominciò lentamente a vendere le carte del padre - con e senza il consenso dei parenti - e ad un certo punto cercò di piazzare sul mercato anche il vecchio maniero, conquistandosi una denuncia da parte delle autorità del cantone Vaud. Morì prima che l'inchiesta potesse giungere al termine. Il castello, con tutti i suoi contenuti, fu ceduto in primo tempo alla Fondazione e quindi girato ad un intermediario di Zurigo. La collezione delle carte di Doyle era dunque stata fatta a pezzi e basta guardare la frammentata distribuzione dei manoscritti canonici per rendersi conto dei catastrofici effetti dell'insipiente Adrian. Il mistero, però, non finisce qui. All'inizio degli anni Settanta, Anna, la vedova del figlio di Doyle, offrì le carte alla Biblioteca di Losanna perché fossero oggetto di una esposizione permanente. Nel 1971, la donna dispose che le carte fosse alloggiate in una cassetta di sicurezza di una banca della medesima cittadina svizzera. Il trasferimento non avvenne mai. E la maggior parte dei preziosi incartamenti si è volatilizzata. Il che equivale a dire che si trova ben custodita nel segreto di qualche collezione privata. 

POST SCRIPTUM. Il municipio di Lucens, confermando che nel castello "c'è una collezione di materiale holmesiano", mi ha dato ha dato il numero di telefono del proprietario. La signorina, cortese, ha cercato di dissuadermi dal chiamare. Ho invece trovato un signore disponibile che mi ha invitato ad andarlo a trovare. L'ho ringraziato di cuore. E gli ho risposto che sarebbe stata solo una questione di tempo. 

POST SCRIPTUM 2. Il mito di Baker Street ha anche attraversato l'Atlantico. Una stanza sherlockiana si trova nel Baskerville Restaurant di Orlando, in Florida (il numero di contatto è quello della Grosvenor Resort 800.624-4109). Una seconda riproduzione era al trentesimo piano dell'Holiday Inn di Union Square a San Francisco. Le ultime notizie, tuttavia, riferiscono che nel corso dei lavori di ristrutturazione dell'albergo il locale è stato smantellato e non ci sono programmi per una sua riproposizione. C'è da scommetere che presto o tardi li vedremo comparire nuovamente da qualche altra parte.