Che cosa è veramente successo a Bly?
di Giovanna Mochi
A Bly si svolge la storia di The Turn of the Screw, il famoso racconto di Henry James : famoso non solo perché è una storia bellissima e indimenticabile, ma perché ha provocato uno dei dibattiti critici e interpretativi più appassionanti del mondo letterario.
La storia. Ricordiamola: due meravigliosi bambini, Miles e Flora, orfani e soli al mondo eccetto per uno zio che non vuole occuparsi di loro, vengono affidati alle cure di una istitutrice che, seppure turbata da questa assunzione di responsabilità, accetta con entusiasmo e abnegazione il gravoso compito. E' lei che ben presto si accorge che qualcosa di mostruoso e soprannaturale sta accadendo tra le mura di Bly: i bambini intrattengono un misterioso, ambiguo e perverso rapporto con gli spiriti dannati di due servitori morti (il maggiordomo Quint e l'istitutrice Miss Jessel), diabolicamente determinati a corrompere la loro innocenza; è lei che, con tutta la forza della sua intelligenza e del suo amore cercherà di salvare le anime innocenti dei piccoli e di liberarli dal Male; ed è sempre lei, narratrice in prima persona della storia, che ci racconta il tragico sviluppo di questa mostruosa relazione e la sua terribile inevitabile conclusione: la piccola Flora lascia la scena del racconto in piena possessione demoniaca (era diventata brutta, sembrava vecchia perfino, e diceva cose orribili), e Miles muore in chiusura di racconto, tra le sue braccia, dopo che per l'ultima volta è apparso dietro la finestra il volto spettrale di Peter Quint.
Il dibattito interpretativo. E ricordiamo anche questo straordinario caso critico, che è andato avanti per un secolo ed è vivo ancor oggi: se, al momento della sua pubblicazione, la storia viene recepita come una bellissima a terrificante "ghost story", dopo qualche tempo gli interpreti più avveduti cominciano a mettere in dubbio, sulla base di solidi dati testuali (contraddizioni e reticenze del linguaggio, tratti maniacali, deliri di onnipotenza, ecc.) , la attendibilità della parola della istitutrice che racconta: è davvero una atterrita ma coraggiosa ragazza che lotta per salvare dalle presenze demoniache i bambini che le sono affidati (lettura del fantastico-soprannaturale), o una povera pazza che soffre di allucinazioni, e che pure, nella sua lucidissima follia, riesce a creare attorno a sé un clima di terrore e a suggestionare se stessa e gli altri fino a convincerli della reale minaccia delle forze del Male (lettura psicologica-psicoanalitica)? E' sempre e solo lei, infatti, a raccontare, ed è sempre e solo lei a vedere i fantasmi; i bambini negano fino in fondo di vedere alcunché, e l'altro personaggio presente a Bly, la vecchia governante Mrs.Grose - la calda, semplice, affettuosissima mamma-tata che si è sempre occupata dei bambini - pur credendo a ciò che dice l'istitutrice non riesce mai a vedere i fantasmi di quelle due sinistre figure che lei aveva conosciuto in vita.
Come dicevo, ne nasce un vero e proprio "caso giudiziario" (ne ha tutti i toni, il linguaggio e l'animosità ) che va avanti per tutto il Novecento, e non è ancora chiuso: e questo è potuto accadere perché il testo, scandagliato e interrogato nelle sue pieghe più riposte, non offre una risposta definitiva e univoca. La straordinaria e irriducibile ambiguità di The turn of the screw sta nel fatto che entrambe le interpretazioni sono testualmente possibili e comprovabili. Le "prove" a carico della esistenza o meno dei fantasmi, o della innocenza o colpevolezza della istitutrice sono, incredibilmente, da entrambe le parti. A parte un punto, che è rimasto a lungo il cavallo di battaglia della lettura originaria (ossia, quella che crede nei fantasmi), la cosiddetta "recognition scene": quando la istitutrice decide di confidarsi con Mrs.Grose e di raccontarle della sua prima visione, le descrive accuratamente la figura vista sulla Torre, e Mrs. Grose lo riconosce come il defunto Peter Quint. Non poteva, quindi, essere una sua privata fantasia allucinatoria. (E comunque, anche questa scena è stata poi spiegata, in modi diversi, dalla lettura psicologica).
E Sherlock Holmes? Tra gli innumerevoli, sorprendenti, acuti, aggressivi o posati saggi critici che sostengono l'una o l'altra posizione, ne troviamo uno scritto, nel 1964, da Eric Solomon, intitolato "The Return of the Screw". Dopo aver liquidato con pochi cenni sbrigativi la lunga e appassionata controversia critica, Solomon si appresta a offrire l'unica e finalmente definitiva soluzione del caso:
"Se solo l'istitutrice si fosse resa conto subito della terribila gravità dei fatti, si sarebbe rivolta, come facevano al tempo i suoi compatrioti, ai servizi di un master-detective. Sherlock Holmes per esempio avrebbe scoperto facilmente gli orribili crimini - perché di crimini si trattò - che si svolsero a Bly. Avrebbe posto le tre domande familiari a tutti i lettori di "mysteries": 1 Chi è il meno sospetto? 2 Quale il motivo? 3 Quale la natura del delitto, e il modo in cui avvenne?
Watson sarebbe saltato sul primo treno da Paddington; noi purtroppo non abbiamo che la deposizione della istitutrice (il testo del manoscritto) su cui applicare le nostre capacità investigative. Ma una attenta lettura di questo testo non lascia dubbi sulle risposte : 1 la meno sospetta, e ovvia colpevole, è la vecchia Mrs.Grose; 2 il motivo, avidità e gelosia; 3 il crimine è assassinio, e non solo uno. "Let us read the governess' story with the care we would apply to, say, The Hound of the Baskervilles, and watch the incredible become elementary".
E' quello che Solomon fa per le pagine seguenti, lungo le quali non possiamo seguirlo, ed è un peccato. Ma posso affermare che anche questa lettura è testualmente pienamente convincente e comprovabile. Si addentra nelle riposte frustrazioni di Mrs.Grose, che si vede sottrarre ruolo e autorità dall'arrivo della nuova istitutrice, nei suoi complessi di inferiorità e nei suoi imbarazzi (è ignorante, non sa leggere, non è giovane e carina come le due istitutrici che gli uomini sapevano apprezzare), nella sua goffaggine nel mostrarsi troppo zelante e troppo contenta del nuovo arrivo a Bly, nei suoi rossori ingiustificati, nei suoi bruschi silenzi riguardo alle circostanze in cui erano morti i precedenti servitori , nelle sue apparizioni improvvise e sinistre in momenti chiave della storia, nel suo malcelato trionfo quando Flora, terrorizzata dall'istitutrice che la vuole fare "confessare", si rifugia disperata e urlante tra le sue braccia implorandola di portarla via ("it's all a mere mistake and a worry and a joke " and we'll go home as fast as we can, my little lady"). E' il climax del piano di Mrs. Grose. L'anticlimax, assai grave purtroppo, si sarebbe facilmente evitato se solo Sherlock Holmes fosse stato interpellato. L'istitutrice, ormai in preda a una sorta di isterica follia, spaventa Miles a morte. " Lei non saprà mai - ma deve saperlo il lettore attento - che lei stessa, e Miles, così come Quint e Miss Jessel, sono tutti vittime della più abile e la più disperata delle villainesses vittoriane, la malvagia Mrs.Grose."
Nella lettura "sherlockiana", dicevo, tutto torna: torna perfino - anzi diventa semplicissima - la spiegazione della "recognition scene": non c'è ovviamente alcun riconoscimento, ma solo una delle tante abili mosse di Mrs.Grose che assegna alle suggestioni e alle paure della istitutrice un volto, un nome e una identità fantasmatica e diabolica: lo spettro dannato del defunto Peter Quint.
E adesso, due domande, due punti in discussione, per il nostro "salotto letterario".
1 - Quando, molti anni fa, studiando appunto il caso letterario e metacritico di The Turn of the Screw, mi sono imbattuta nel saggio di Eric Solomon, l'ho trovato straordinariamente divertente e geniale, ma non ho minimamente messo in dubbio il fatto che fosse uno scherzo. Anzi, una acuta e spietata parodia di ciò che stava succedendo intorno al racconto jamesiano: quel testo delicatissimo e impalpabile veniva dissezionato, smembrato, analizzato con strumenti polizieschi, i suoi tratti sfumati e sovradeterminati trattati come reperti, spiati come indizi, ricercati come prove. Come denunciare meglio tutto questo, se non applicandovi la sherlockiana arte della detection, e dimostrare che è possibile, coerente e sensata, la più assurda e perversa delle letture?
Bene, non sono più sicura del fatto che Solomon abbia scherzato. Certo, io non credo alla colpevolezza di Mrs Grose, ma il punto su cui mi trovo a riflettere è un altro: perché non possiamo accettare - se non come uno scherzo - la lettura di Solomon? Cosa è che ci fa gridare scandalizzati che le cose non possono stare così? Perché il lettore di James non può coincidere con il lettore di Sherlock Holmes?
Umberto Eco, negli anni in cui scriveva Lector in Fabula (1979), aveva una risposta a queste domande: "Prendete le storie poliziesche di Rex Stout, e interpretate il rapporto tra Nero Wolfe e Archie Goodwin come un rapporto "kafkiano": perché no? Ma prendete ora Il processo di Kafka e leggetelo come se fosse una storia poliziesca. Legalmente è permesso, ma testualmente produce un risultato infelicissimo. Tanto varrebbe usare le pagine del libro per arrotolarvi sigarette di marijuana, ci sarebbe più gusto." Egli distingueva, insomma, tra un uso dei testi assolutamente "libero, aberrante, desiderante e malizioso", e un ventaglio, per quanto ampio e variato, di "interpretazioni legittime o legittimabili" a partire da una equivalente coerenza e correttezza del prelievo testuale.
Ma questo veniva detto, appunto, più di venti anni fa, prima che la ventata decostruzionista e post-strutturalista mettesse in discussione i confini tra letteratura "alta" e "bassa", tra "uso" e "interpretazione" di un testo, tra generi e tipologie, tra letture legittime, legittimabili e "aberranti".
Non so che cosa direbbe oggi Umberto Eco al proposito. Ma so che io oggi posso pormi un'altra domanda: cosa succederebbe se leggessimo The Hound of the Baskervilles (o altro testo sherlockiano) con la cura che applicheremmo, diciamo, a The Turn of the Screw (o altro testo jamesiano): vedremmo forse "the elementary become incredible"?