Sherlock Holmes in Italia.
Un bilancio (1895-1999)
Il 1895 è la data della nascita italiana di Sherlock Holmes. La Casa Editrice Verri di Milano pubblica quasi alla chetichella nella "Biblioteca Azzurra", collana di varia narrativa, Le Avventure di Sherlock Holmes, in realtà soltanto tre racconti, Uno scandalo in Boemia, La Lega dei Roquins (da The Adventures of Sherlock Holmes, 1892) e Il cavallo da corsa (da The Memoirs of Sherlock Holmes, 1894). Le 23 illustrazioni che corredano i testi sono quelle originali di Sidney Paget, ma l'evento è minimizzato dalla presenza nella seconda parte del volume di ben 8 racconti di diversi autori italiani e francesi, improntati allo stile del più trito "feuilleton". Quel 1895 non è certo casuale. Nel 1894 si era chiusa la prima fase dello Sherlock Holmes originale, che, nato nel 1887 con A Study in Scarlet, attinta la fama con The Sign of Four (1890) e con The Adventures of Sherlock Holmes (1892), per volontà dell'autore terminava la propria carriera con la morte in The Memoirs of Sherlock Holmes (1893,1894), in particolare nell'ultimo racconto della raccolta, The Final Problem. Com'è noto, il successo rapidissimo e su scala planetaria delle 25 prime avventure (i 2 romanzi ed i 23 racconti), il cordoglio e la protesta unanime dei lettori per la brusca e prematura fine avevano già creato il fenomeno letterario e posto le basi del mito. Di tutto questo la versione italiana del 1895 era quindi timido riflesso, primo modesto effetto.
E' soltanto nel 1899 che un forte complesso editoriale emergente, le edizioni del "Corriere della Sera", intraprende la sistematica pubblicazione dei testi del Canone sui periodici a vasta diffusione della Casa. Sembra che lo stimolo all'impresa sia provenuto da Luigi Albertini, più tardi noto direttore del quotidiano, il quale, avendo vissuto a Londra, era stato testimone del successo del nuovo grande personaggio. Sul settimanale "La Domenica del Corriere" si susseguono a puntate Le avventure di Sherlock Holmes (1899), Le ultime avventure di Sherlock Holmes (1900-01, = The Memoirs), La maledizione dei Baskervilles (1902-03), Il ritorno di Sherlock Holmes (1904-05), La valle della paura (1915), seguendo da presso la ripresa delle edizioni originali (The Hound of the Baskervilles, 1902, The Valley of Fear, 1915) e nel caso di The Return of Sherlock Holmes ricalcando la pubblicazione a puntate sullo "Strand Magazine" (1903-04) e precedendo quella in volume (1905). I testi sono successivamente raccolti nei fascicoli illustrati del "Romanzo Mensile" (nell'ordine 1903, 1904, 1907, 1907-08, 1918), tra i quali compare (1903) anche la versione di The Sign of Four. In un panorama generale, in cui la narrativa di genere oscilla tra la persistenza massiccia del "feuilleton" alla francese, del sensazionalismo degli epigoni di Ponson du Terrail, ed il dilagare della nuova editoria a dispense, tutta intreccio ed avventura (i vari Nick Carter, Nat Pinkerton, ecc.), il successo di Sherlock Holmes è folgorante e immenso. E subito nel varco aperto s'inseriscono altri editori. Di A Study in Scarlet, primo testo del Canone, che manca, forse per ragioni di diritti, al carniere del "Corriere della Sera", sono poste sul mercato tra il 1901 e il 1911 ben sette diverse versioni, due di diverso traduttore, ma dalla stessa Società Editrice Milanese (1907 e 1911). Sei sono quelle di The Sign of Four dal 1903 al 1912. All'entrata in guerra dell'Italia nel 1915 tutti i testi sherlockiani, fino a questa data editi in Inghilterra, sono ampiamente diffusi tra i lettori italiani. Addirittura già nel 1913 tre dei racconti, che faranno parte di His Last Bow (in volume 1917), cioè The Adventure of the Devil's Foot, The Disappearance of Lady Frances Carfax, The Adventure of the Red Circle, sono estratti dallo "Strand Magazine" (1910-11) e pubblicati in anteprima sulla "Domenica del Corriere". Al seguito di Sherlock sono poi editi altri testi di Doyle: Un mondo perduto, 1908 e 1913, Caccia ai milioni, 1908, La mummia rediviva, 1908, Moderni gladiatori, 1908, Lo zio Bernac, 1909, Amore e fede, 1909, Un duetto, 1909, Le avventure del colonnello Gerard, 1910, I profughi, 1911, senza contare i racconti su periodico.
In questo contesto fiorisce il mito, diventa comune l'espressione "essere uno Sherlock", ad indicare il possesso e l'estrinsecazione di capacità analitiche o genericamente raziocinanti. Si esalta più che il poliziotto, il gentiluomo eil dilettante. Per il principio di complementarietà viene accolto con altrettanto successo il ladro gentiluomo, Arsène Lupin, il cui epico scontro con "Herlock Sholmès" è narrato ancora una volta sulle pagine della "Domenica del Corriere" (1908,1909-10) e del "Romanzo Mensile" (1910/12). Nascono i primi pastiches nazionali. Nel 1902 Dante Minghelli Vaini, sotto lo pseudonimo di Donan Coyle, presenta il suo devoto omaggio all'illustre letterato inglese Sir Conan Doyle che nei suoi inarrivabili racconti polizieschi creò in Sherlock Holmes il tipo perfetto del poliziotto gentiluomo. Nel suo Shairlock Holtes in Italia sono narrate sei avventure dal dottor Maltson. Nel 1907 l'italiano, che si nasconde sotto la firma Herbert Bennet, pubblica Il rivale di Sherlock Holmes (Le avventure di Kutt Hardy), in cui l'eroe eponimo estrinseca un metodo di indagine poliziesca ... molto più logico e sicuro ... che non ... Sherlock Holmes [che] indovina troppo e deduce poco (sic!). Antonio G. Quattrini nel 1909 sostiene con ignorante (o divertita?) prosopopea nelle anonime avventure di John Siloch, il più grande poliziotto del mondo, tra le quali si segnala L'assassinio di Sherloch Holmes, che il suo eroe, ricco in acume, penetrazione, intuizione maravigliosa, ha preceduto di almeno dieci anni la creatura di Doyle. Sull'onda di un nazionalismo immancabile e sfruttando la nomea del vero poliziotto italoamericano, in questo stesso 1909 s'inizia la pubblicazione a fascicoli di Giuseppe Petrosino. Il Sherlock Holmes d'Italia, in realtà una serie di contraffazioni sherlockiane, nate in Germania qualche anno prima. Nel 1911 Umberto Cei pubblica due brevi romanzi sul "Romanzo della Domenica" intorno a Riccardo de' Medici lo Sherlock Holmes italiano. Nel 1916 infine Ventura Almanzi racconta la disfida Ben Wilson contro Sherlock Holmes. Al filone di successo si associa la neonata cinematografia italiana, che produce nel 1909/10 due cortometraggi sul detective inglese.
Il periodo tra le due guerre vede la fama di Sherlock Holmes continuare inalterata, anzi ricevere nuova consacrazione dal primo caratterizzarsi del genere "poliziesco" come "Giallo", denominazione che in Italia s'identifica principalmente proprio in quel filone di narrativa "d'investigazione" (o "detection"), di cui il Canone sherlockiano viene considerato l'antesignano ed il pilastro portante. Le edizioni del "Corriere della Sera" continuano ad imperare con le periodiche ristampe delle proprie versioni: 9 dal 1921 al 1939. Otto racconti dei 12, compresi in The Case-Book of Sherlock Holmes (1927), sono pubblicati sulla "Domenica del Corriere"nel 1921 e nel 1927, in parte seguendo la pubblicazione sullo "Strand". Presso altri editori compaiono ancora 4 traduzioni di A Study in Scarlet e di The Sign of Four. E' poi emblematico che nel 1928/29 con la pubblicazione dell'intero The Case-Book of Sherlock Holmes in due volumi (Novissime avventure di Sherlock Holmes e Le ultime avventure di Sherlock Holmes) l'editore Mondadori fondi quell'impero del "giallo" in Italia, che dura tuttora. Stranamente rimane inedito nella sua interezza il penultimo testo del Canone, His Last Bow, di cui la "Domenica del Corriere" aveva anticipato tre racconti nel 1913. La storia del diritto d'autore in quegli anni è quanto mai complicata. Ciò che appare evidente è la generale e selvaggia pirateria editoriale, sicuramente acuita dai fattori politici: l'Italia con l'aggressione all'Etiopia è bandita dalla Società delle Nazioni, il fascismo contesta la pubblicazione di testi anglosassoni e francesi, e in particolare aborre tout court la narrativa "gialla". Che il nome di Sherlock Holmes sia comunque un sicuro richiamo è testimoniato da molti dati. Nel n.115 del "Romanziere Poliziesco" (Milano, Sonzogno) del 1923 viene pubblicato anonimo L'assassinio del più celebre detective, prima avventura di una serie, che vede l'eroe, il detective Boston, investigare in questo caso iniziale intorno alla morte di Sherlock Holmes, di cui è idealmente l'erede. Orbene si tratta della contraffazione di L'assassinio di Nick Carter, primo episodio della serie, forse di origine francese, Miss Boston. La sola donna detective del mondo, edita a Milano nel 1909: probabilmente l'editore Sonzogno vuole evitare ogni legale contestazione, ma il cambio è significativo e la donna mutata in uomo ben si addice alla canonica misoginia di Holmes. Altri ancora fanno appello al magico nome del celebre detective, per introdurre opere che nulla hanno a che fare con lui: Mario Giudice con Un precursore di Sherlock Holmes. Ambienti romani (Milano, Società Diocesana Buona Stampa, 1929) e Amerigo Fabrizioli con Il mistero di Lord Serfal (Milano, SIAM, 1934), ristampato come Il sosia di Sherlock Holmes (ivi, s.d.). Un procedimento inverso tocca ad un pastiche sherlockiano di Albert Fleischmann, Le rival de Sherlock Holmes (1908), mimetizzato in Italia sotto un autore inesistente, Mark Turner, ed un titolo banale, Con le spalle al muro (1938), ma tutto questo perchè l'autore è ebreo. Un'altra nota "sherlockiana", L'homme au complet gris (1912), del francese Arnould Galopin, di sangue ariano, viene tradotta invece ben 4 volte da diversi editori tra il 1933 e il 1943. Allo stesso modo circolano tra il 1933 e il 1941 versioni di Les aventures e Les nouvelles aventures du fils de Sherlock Holmes (c. 1914) di un Docteur Watson francese, non ancora identificato. Ma sicuro indice di fama sono le numerose parodie sherlockiane italiane e non, che costellano le più celebri riviste umoristiche dell'epoca, "Marc'Aurelio", "Bertoldo", "Il Travaso", o noti periodici di narrativa, quali "Le Grandi Firme" e "Il Secolo Illustrato", o che si rappresentano sotto le luci del palcoscenico. In Rosso-Giallo (1936) commedia musicale di Davide Turconi, Sherlock Holmes esercita i suoi talenti all'inferno! Sembra, ma la voce non ha ancora ricevuto conferma, che anche il comico Macario abbia recitato almeno uno sketch "sherlockiano" in una rivista.
L'esame complessivo di questa prima produzione (1895-1940) ci spinge ad una osservazione sulle caratteristiche della fama italiana di Sherlock. Se da un lato il Grande Detective ed i testi canonici che lo raccontano sono accettati con favore da un gran numero di lettori italiani, tanto da sostenere ragionevolmente che il Mito ha attecchito ed è prosperato in terra d'Italia, d'altro lato si può registrare una inconscia e complessa reazione, che si nutre in diversa misura di nazionalismo oltraggiato (le rivendicazioni degli Sherlock Holmes italiani o di autore italiano!), di frustrazione letteraria (l'incapacità oggettiva di confrontarsi col modello per mancanza di una tradizione), di epidermica scettica relativistica insofferenza, tutta italiana, verso l'assoluto holmesiano (di qui la volontà riduttiva dello sberleffo). Non si può non vedere il proliferare di rivali, di precursori, di sosia, o ignorare la quantità di testi sulla morte o sull'assassinio di Sherlock Holmes!
Ma nel 1940 il regno del terrore si sostituisce al regno della fantasia per cinque terribili anni.
Quando nel dopoguerra la luce ritorna sullo schermo, si produce un evento editoriale fondamentale: dal 1949 al 1951 viene edito da Rizzoli l'intero canone sherlockiano, in nove volumetti con sovracoperta illustrata da Tabet. A Study in Scarlet è tradotto da Alberto Tedeschi, gli altri testi da Maria Gallone. Ad essi si aggiungono nel 1954 I racconti del terrore e del mistero, in cui compaiono, tra l'altro, gli "apocrifi" doyliani, Il treno scomparso (The Lost Special, 1898) e L'uomo dagli orologi (The Man with the Watches, 1898), e una delle migliori serie di pastiches sherlockiani mai scritta, Le imprese di Sherlock Holmes, di Adrian Conan Doyle e John Dickson Carr. Quando, nel 1957, queste versioni sono acquistate da Mondadori, conoscono una meritata fortuna, che dura tutt'oggi, attraverso decine di edizioni e ristampe. La situazione rimane stazionaria per alcuni decenni attraverso un regolare flusso di vendite e quindi di lettori. Il Mito è rinfocolato di volta in volta, prima dalle versioni italiane radiofoniche (1951, 1957, 1958), poi da quelle televisive (1968), senza contare la notevole produzione televisiva e cinematografica straniera, ampiamente recepita in Italia. Si accumula pian piano un rivolo ininterrotto di pastiches e parodie sherlockiane in massima parte anglosassoni, sparse nei periodici mondadoriani e raccolte dagli appassionati. Puntualmente si depositano note, commenti e curiosità su periodici e giornali, anche se per lo più l'interesse generale è rivolto al dato aneddotico e biografico. Alla fine degli anni '60 e durante i '70 diversi fattori cominciano a confluire insieme. Dilaga in campo editoriale il fenomeno del libro tascabile economico. Il Giallo, e finalmente anche quello italiano, comincia ad acquistare una sua dignità letteraria e vengono tracciati i primi consuntivi del genere (Benvenuti e Rizzoni, Rambelli, Reggiani, Laura). Compaiono nuove versioni dei romanzi del Canone (edizioni Curcio, 1966, Mursia, 1973, Rizzoli, 1979-80); alcuni pastiches assai noti (di Ellery Queen, di Michael e Molly Hardwick, di Nicholas Meyer) sono tradotti e ricevono grande diffusione attraverso la versione cinematografica. Nei primi anni '80 l'andatura si fa più sostenuta: nuove traduzioni (due testi addirittura in friulano!), nuovi apocrifi, alcuni di italiani (Grimaldi e Tropea, Fruttero e Lucentini, Lussu), nuovi apporti critici, adesso finalmente di qualità: per tutti valga la raffinata e specialistica raccolta di saggi, curata da Umberto Eco e T. A. Sebeok, Il segno dei tre. Holmes, Dupin, Peirce (1983).
L'anno del Centenario della nascita di Sherlock Holmes, il 1987, si rivela il momento della svolta decisiva. La stampa italiana, al gran completo, osanna il Mito del Grande Detective. L'8° Mystfest di Cattolica dedica a lui e a James Bond il convegno annuo, con una rassegna cinematografica ed un ricchissimo catalogo di interventi critici. Esce per i tipi delle edizioni Rosa & Nero (Milano) una Sherlockiana Agenda 1987, curata da Gian Franco Orsi e da Gianni Rizzoni, che raccoglie altri contributi critici e le versioni di celebri pastiches e parodie. Per opera dei due citati curatori e successivamente di Tecla Dozio nasce a Milano "La Sherlockiana-Libreria del Giallo", ancora oggi punto d'incontro fondamentale per i cultori del genere. Alla fine del 1986 un gruppo di fans fiorentini e romani fonda l'associazione "Uno Studio in Holmes", che tiene il suo primo convegno a Firenze nel 1987 e si è rivelata fino ad oggi sotto la dinamica spinta dei 4 successivi presidenti e dei soci una presenza centrale nel campo degli studi sherlockiani italiani, attraverso ulteriori incontri (Prato 1996) e la pubblicazione della rivista "The Strand Magazine" (dal 1996), curata da Enrico Solito. Per l'occasione l'editoria italiana appresta in grande stile tutte le proprie batterie, approfittando anche del fatto che la normativa del momento rende patrimonio pubblico le opere di Doyle. Il colosso mondadoriano pubblica nuove versioni dei romanzi sherlockiani ad opera di Oreste del Buono, anche se la versione Tedeschi-Gallone continua ad essere ristampata fino ad oggi. L'intero Canone viene presentato in tre diverse traduzioni dagli editori Peruzzo (1988) e Garden (1988-1990) di Milano e da Newton (1991) di Roma. A Study in Scarlet ha raggiunto a tutt'oggi la ventunesima edizione e oltre trenta diverse ristampe, The Sign of Four la ventesima edizione. Nei soli anni '90 si possono contare complessivamente sul mercato italiano almeno un centinaio di volumi a firma Arthur Conan Doyle, sherlockiani e non, quasi tutti con sapide introduzioni, commenti e note. Tra questi innumerevoli i testi per i giovani di tutte le età e per la scuola, adattati o integrali, tradotti con testo a fronte o addirittura col solo testo originale per i corsi di lingua inglese. Critici avveduti (del Buono, Calcerano e Fiori, Faeti, Eco, Bonura, Cremaschi, Celli, Finzi, Giorello, Bonfantini e Oliva, ecc.) sviscerano e discettano sui molteplici aspetti del Mito, giungendo ai limiti della "sherlockmania". Dalla facile, quasi goliardica, parodia dei primi tempi si è giunti ai primi veri pastiches, degni del confronto con la tradizione anglosassone, alle volte giocati brillantemente sull'ironia (Grimaldi e Tropea, Bini, Zincone, Bruzzone), altre volte improntati a raffinata divagazione intellettuale (Bonura, Celli, Barbolini), o alla perfetta riproduzione di stile e d'ambiente (Kraiski e soprattutto Solito).
Sherlock Holmes è ovunque e in ogni momento e questo, lo sappiamo, è assolutamente tipico del Personaggio, ma negli ultimi tempi frequenta con passione le italiche terre. Testimoni degni di fede l'hanno visto operare o hanno trovato tracce documentate della sua attività nelle Marche (Lussu), a Venezia (Lombardi), a Novellara (Barbolini), a Sassuolo (Barbieri), a Roma (Calcerano e Fiori), a Firenze (Spezi, Casini, Solito). Tenendo presente l'Ipotesi Fondamentalista Sherlockiana, che sostiene l'esistenza storica e concreta del Grande Detective, e di questo, come ogni persona di buon senso, non possiamo dubitare, vuoi vedere che Sherlock Holmes era italiano? Già lo si sussurra.