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Autunno amaro a Baker St.

di Alessandra Calanchi

- Watson, ho una missione per lei!

Non riuscii a nascondere del tutto il mio lieve imbarazzo, mentre alzavo lo sguardo dalla cartella clinica che stavo esaminando.

- Una missione per me? - ripetei, tanto per prendere tempo.

- Sì, Watson. Credo sia tempo che lei torni in Afghanistan.

Osservai Sherlock Holmes: il suo profilo austero, l'occhio che inseguiva chissà quale nuova avventura. Sospirai.

- Questa volta, però, lei vi tornerà come medico civile, per assistere donne e bambini innocenti; non come medico militare al servizio della Corona - precisò lui, burbero.

- E perchè mai? - chiesi in un sussurro. - Sinceramente, Holmes, non capisco ...

- Ma non li legge i giornali? Non ascolta le notizie? Non guarda i servizi dei fotoreporter?

Conoscevo bene quell'impazienza nella voce, e mi affrettai a rispondere:

- Sì, sì ...

- Le Torri sono cadute, Watson, e si innalzano nuovi Muri... La Guerra Santa è alle porte... Altro che Guerra dei Mondi...

- Ah, lei si riferisce dunque ai giochetti escogitati da quel buontempone di H.G.Wells - esclamai, un po' riconfortato. - Uomini invisibili, viaggi nel tempo, marziani...

- Lei mi delude, Watson - disse con un fil di voce il mio vecchio amico. Fissai il mio sguardo nel suo, e lessi un'infinita pietà nei suoi occhi grigi e profondi. - Purtroppo ho informazioni riservatissime di estrema gravità. Sa che ierlaltro è venuto a farmi visita mio fratello, Mycroft...

- Sì, Holmes - ammisi. - Ma che c'entra suo fratello con i marziani?

- Infatti, i marziani non c'entrano - replicò lui. La voce era tornata ferma e impaziente. - Si tratta di servizi segreti. CIA, FBI, ecc.ecc. Lei sa cosa intendo.

Non lo sapevo, ma feci di sì col capo, rassegnato.

- E se io vado in Afghanistan, lei dove andrà? - chiesi, per stare al gioco.

- Il mio posto è qui, a Londra. Oppure in America, chissà. O in Italia... o in Israele... ovunque mio fratello mi assegnerà. Sarà un'operazione molto, molto segreta. E questa volta, Watson, davvero potrei non fare ritorno.

Ero abituato da sempre alle resurrezioni di Holmes, ma in quell'occasione fui percorso da un brivido.

- Non dica così, Holmes. La situazione è davvero tanto grave?

- Ma vuol scherzare?! Insomma, Watson, lei ha il potere di farmi uscire di senno - gridò a voce alta, costernato e offeso. - Su, da bravo, mi tiri giù dallo scaffale lo schedario della lettera B. La prego - aggiunse con voce più calma.

Mi alzai dalla poltrona e afferrai il grosso plico che mi aveva indicato. Delicatamente, glielo posi sulle ginocchia.

- Grazie. L'ho aggiornato personalmente nelle ultime quarantott'ore. Ecco qui: Berlusconi... Bertinotti... Biffi... Bin Laden... Blair... Bossi... Bush... Quante B, Watson, eh? Una volta iniziavano tutti per M, si ricorda?

- Annuii. - Allude a Moriarty?

- Non solo, non solo ... Eppure, potrebbe esserci ancora lui dietro tutte queste B... Anche se sono più propenso a credere che solo il diavolo in persona possa star dietro a tutta la faccenda.

- Oddio, Holmes! Non vorrà credere alle fole spiritiste di quel bischero di Conan Doyle?

- No: credo a un demonio molto speciale, che si aggira per il mondo cosiddetto civile con l'intento di opprimere, sfruttare, uccidere; che ha divorato l'anima e il cervello di tutti noi con ogni sorta di bugie e con l'odiosa promessa del benessere a scapito dei due terzi della Terra; che ha fatto di noi una massa di stupidi consumatori e, in nome del dio denaro, ci ha fatto dimenticare la giustizia, l'uguaglianza, il rispetto, la libertà, la pace.

- E che farà, Holmes? - domandai, sinceramente addolorato per l'agitazione del mio amico più ancora che per il destino dell'umanità.

- Che farò io? - ripeté. Per un attimo parve smarrito. I suoi occhi vagarono per la stanza, allarmati e indecisi. Poi sembrò riprendersi. - Intanto pensi a cosa fare lei, dottore. Abbiamo delle responsabilità. Tutti. Lei come me. Non dobbiamo cedere. In tempi di terrore, occorre distinguere dove germoglia il terrore. Non fermarsi alle apparenze. Non credere alla soluzione più ovvia. Non rispondere alla follia con la follia. La follia. Watson, mi sta ascoltando?

- Certo, Holmes. Gli presi una mano, ma ormai il mio amico non mi vedeva più. Aveva chiuso gli occhi, e seguitava a fantasticare di cose che non comprendevo. Mi si avvicinò una giovane infermiera, silenziosa e discreta.

- Come va oggi?

- Sempre così... mormorai. - Vaneggia; ha la febbre alta. Il polso è debolissimo.

La ragazza sorrise.

- E' fortunato ad avere un amico come lei. Tornerà anche domani?

- Certo.

- E' un bene per lui. In questi giorni è particolarmente eccitato. Ripete lettere, numeri, nomi, date, come se fosse preoccupato di qualcosa ma non riuscisse a comunicarcelo. Pensavamo di aumentare il sedativo, ma volevamo chiedere anche il suo parere, dottore...

Allargai le braccia. Che importava, ormai? Uscii nella nebbia di novembre; il rumore dei miei stessi passi mi colpì al cuore come una pugnalata. Chiamai una carrozza con un gesto automatico della mano.

- Baker Street, 221B - dissi al vetturino, e mi lasciai la clinica alle spalle.